Archivio per marzo, 2014

L’AMMINISTRATORE DELEGATO DELLE FERROVIE ITALIANE: OTTIMO, INEGUAGLIABILE SINDACALISTA DI SE STESSO

23 marzo 2014

Salerno, 23 marzo 2014

 

Ambrogio IETTO

 

Il sindacalista Moretti

 

Ci vuole davvero una faccia tosta o di bronzo per difendere ad oltranza gli 873.666 euro di stipendio annuo lordo che gli vengono erogati nella qualità di amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato, e per affermare,  con determinazione oltre che con non celata vanagloria, che ‘ se riducono le buste paga molti dirigenti dello Stato andranno via; io senza dubbio lascerei le Ferrovie’.

Ad assumere questa poco nobile posizione è il diretto interessato Mauro  Moretti che, gestendo un’impresa come le Ferrovie dello Stato con un fatturato di oltre 10 miliardi di dollari l’anno, ritiene di non potersi accontentare di una retribuzione ipoteticamente inferiore a 248.000 euro prevista per il Presidente della Repubblica  e considerata da Carlo Cottarelli, commissario alla spending rewie, e dal presidente del Consiglio Matteo Renzi il limite da non superare per i compensi da concedere ai pubblici manager.

Sembra corretto  ricordare che l’ingegnere elettronico Moretti entrò nel 1978, un anno dopo aver conseguito con lode la laurea, nei quadri delle Ferrovie dello Stato presso l’Officina Elettrica di Bologna. Con intelligente programmazione e comprensibile gradualità egli migliorò molto nel personale status professionale e, grazie a spiccato acume, pensò bene di inserirsi nel sindacato della Cgil Trasporti fino a diventarne  segretario nazionale per ben cinque anni dal 1986 al 1991.

Ora Moretti, conoscendo bene l’entità delle paghe dei suoi ausiliari e dello stesso personale viaggiante, pur consapevole del diffuso disservizio caratterizzante il sistema dei trasporti su rotaia, ottimamente  alfabetizzato sul pluriennale stato di crisi dell’economia  italiana ed europea, consolida l’orgoglio personale per le indubbie  qualità tecniche ed organizzative possedute ed anticipa a chiare lettere che se toccano il suo stipendio è pronto a raggiungere altri lidi.

La storia di Moretti non è molto diversa da quella di troppi sindacalisti italiani che, muovendo dagli slogan lanciati ufficialmente a favore della classe operaia ed impiegatizia,  hanno raggiunto poi ben più comode posizioni retributive, preferendo nella maggioranza dei casi le postazioni parlamentari.

Da Franco Marini a Fausto Bertinotti, che hanno ricoperto seconda e terza carica dello Stato, da Luciano Lama a Pierre Carniti, da Luigi Macario a Giorgio Benvenuto e a Cesare Damiano, nominato quest’ultimo ministro del lavoro nel governo Prodi, gli annuari del Parlamento lasciano ai posteri troppe tracce di un sindacalismo professionistico trasformatosi in corsia privilegiata per posizioni di riguardo.

D’altro canto non è un’offesa per il sindaco De Luca ricordare che, dopo le iniziali esperienze di capopopolo sindacale per le politiche agricole nella Piana del Sele, è stato e rimane protagonista da sempre di una giornata lavorativa  occupata esclusivamente da attività politica puntualmente  retribuita con risorse pubbliche.

Egli, non dimenticando le comuni origini di non pochi compagni di merenda, ha elevato alcuni di loro alla dignità di manager  di società miste per poi magari licenziarli per scarso rendimento.

Il panorama è vasto e variegato, coprendo anche l’area dell’amministrazione statale. Nel settore dell’istruzione, ad esempio, l’ex segretario nazionale della Cgil Scuola, Emanuele Barbieri, fu nominato direttore generale dell’Ufficio Scolastico Regionale dell’Emilia Romagna e, quindi, ulteriormente gratificato dal ministro dell’epoca Fioroni, fu promosso addirittura alla funzione di Capo Dipartimento al Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca.

Un suo successore Enrico Panini, sempre segretario nazionale della Cgil Scuola, non potendo trovare di meglio, è stato chiamato dal sindaco di Napoli De Magistris a ricoprire la carica di assessore al lavoro e alle attività produttive. 

Purtroppo, però, anche se  nato a Reims in Francia ed impegnato per lunghi anni a fare sindacato   a Reggio Emilia e nella rossa Romagna, il numero dei disoccupati a Napoli è cresciuto notevolmente mentre si sono decimate le attività produttive.

A fare qualche miracolo nella città partenopea è rimasto nel migliore dei casi solo San Gennaro.

UN PARTITO DEMOCRATICO SEMPRE PIU’ IRRICONOSCIBILE PERCHE’ PRIVO DI UNA PROPRIA IDENTITA’

20 marzo 2014

 

Salerno, 20 Marzo 2014

 

Ambrogio IETTO

 

Vaccaro il movimentista

 

Non ho il piacere di conoscere Guglielmo Vaccaro, il parlamentare del partito democratico eletto nella circoscrizione Campania 1 dopo che il sindaco De Luca aveva conclamato il personale non gradimento mediante il marchingegno delle primarie.

In quella occasione mi suscitò simpatia,  in particolare per la determinazione che aveva contraddistinto la sua strategia nel ricorrere al protettorato di Enrico Letta, suo amico dall’epoca in cui l’ex premier frequentava Bruxelles nella qualità di presidente del Movimento Giovani Democraticocristiani Europei. Nella medesima circostanza , invece, consolidò in me antipatia Dario Franceschini che pensò esclusivamente ai fatti suoi, abbandonando all’implacabile spregiudicatezza deluchiana l’ottimo Alfonso Andria.

Leggere in rete la biografia di Vaccaro significa prendere consapevolezza del perché egli abbia preferito postare il suo sorriso e l’accattivante calvizie con lo sfondo del Vesuvio in piena eruzione. La sua giovane vita, infatti, è all’insegna di un movimentismo atipico. Si badi bene non l’enfatizzazione e l’adesione ai movimenti spontanei e alle aggregazioni non istituzionali.

Anzi, tutt’altro. Con invidiabile  tempismo l’attuale parlamentare pompeiano ha saputo collocarsi, con rapidità e destrezza, al posto giusto e coi partner  in auge nei diversi momenti storico –  politici: 1996 Michele Pinto, ministro per le Politiche Agricole; 1997 Isaia Sales, sottosegretario di Stato al bilancio, e Alfonso Andria, presidente della Provincia di Salerno, per il progetto riguardante i ‘ Patti Territoriali’ e così via per approdare, prima al consiglio regionale della Campania e, successivamente, alla Camera dei Deputati.

In questi ultimi tempi  egli ha tentato anche  la scalata alla segreteria regionale del partito democratico e, quindi, ha dato vita ad una clamorosa manifestazione di protesta, provvedendo ad occupare la sede salernitana di questo partito.

In aggiunta è dell’altro giorno  la notizia di avere sottoscritto un patto, in quel di Bellizzi, per un esplicito sostegno, nelle prossime elezioni amministrative, alla lista dell’uscente sindaco Salvioli orientata, a quanto sembra, verso l’area del centrodestra.

Nel giudicare Vaccaro persona intelligente, educatosi ad ottime letture, attento alle problematiche economiche di respiro europeo e planetario, è possibile dare a questa sua scelta l’esclusivo intento di ‘fare ammuina’, di produrre chiasso all’interno e al di fuori di un partito costituito in prevalenza da molti casinisti e da  pochi idealisti.

Che gli avversari di Volpe, a Bellizzi, risultino attivi nella campagna acquisti di candidature significative  rientra nella regola di ogni vigilia elettorale. Ovviamente è importante che nella squadra s’inseriscano buone potenzialità e non semplici scartine.

Desta, però, perplessità il fatto che un parlamentare dal decantato respiro culturale e politico si riduca a  fare movimentismo da piccolo cabotaggio. Non alimenta meraviglia, invece, che non pochi benpensanti decidano da tempo di rimanere lontani da questo tipo di politica.

L’INDAGINE GIUDIZIARIA SULL’USO DEI FONDI EUROPEI PER LA RICERCA UMILIA QUANTI SI ADOPERANO CON GENEROSITA’ PER LO SVILUPPO DEL PAESE E LA VALORIZZAZIONE DI GIOVANI TALENTI

16 marzo 2014

 

Salerno, 15 Marzo 2014

 

Ambrogio IETTO

Inchiesta sull’Università di Salerno:

non è giusto né corretto sparare nel mucchio

 

Il rilievo dato dalla stampa, in particolare quella di respiro regionale e locale, all’inchiesta avviata dalla magistratura sulla gestione dei fondi europei presso il Dipartimento di matematica della nostra Università, si giustifica per un motivo essenziale: l’opinione pubblica, quotidianamente mortificata dalle tante notizie che si rincorrono sulla disgregazione etica della pubblica amministrazione, continua a conservare, nonostante i poco lusinghieri risultati, una considerazione positiva nei riguardi del sistema formativo scolastico ed universitario.

Leggere o ascoltare note di dettaglio riguardanti una presunta poco corretta utilizzazione di fondi riservati alla ricerca, valutato anche dagli osservatori internazionali un settore di investimento scarsamente irrorato dalla politica italiana, alimenta indignazione e sdegno in quanto incide in misura determinante sullo sviluppo socio – economico del Paese e sulle prospettive di valorizzazione dei giovani nostri talenti.

L’ultima edizione del QS World University Rankings, che classifica le migliori università del mondo sulla base di un accreditato metodo di valutazione analitica riguardante  3000 atenei, colloca l’Università di Bologna, che è in cima alla classifica nazionale, al 188esimo posto del  ranking ( grado più elevato ). Nelle prime dieci posizioni si ritrovano solo atenei inglesi ed americani.

Nell’ultima rilevazione si riscontra un complessivo, generale miglioramento delle università italiane grazie a ‘La Sapienza’ di Roma, al Politecnico di Milano, all’Università statale di Milano e all’Università di Pisa. L’ateneo salernitano, nella classifica 2013 delle università pubbliche italiane elaborata dal Censis, è graduato, con punti 79, al decimo posto tra le grandi università che hanno tra i 20.000 e i 40.000 allievi iscritti. E’ immediatamente preceduta, al nono e all’ottavo posto, da Milano Bicocca e Roma Tor Vergata. La sua, quindi, è una collocazione dignitosa che è uguale a quella acquisita dall’ateneo di Bari e migliore di quella delle università di Catania e della Federico II di Napoli  nella speciale graduatoria degli atenei con oltre 40.000 studenti.

Tra gli indicatori presi in esame rientrano i servizi, vale a dire il numero dei pasti erogati e il numero di posti alloggio, le borse di studio e i contributi concessi agli studenti, le strutture ( posti aule/iscritti, biblioteche/iscritti e laboratori/iscritti ), l’indicatore ‘web’, cioè il punteggio assegnato ai rispettivi siti internet sulla base della funzionalità e dei contenuti, infine il livello di internazionalizzazione, vale a dire il numero degli iscritti stranieri sul totale degli studenti, la spesa degli atenei e degli enti deputati al diritto allo studio a favore della mobilità degli allievi.

Tutto sommato, dunque, un ateneo, il nostro, dignitosamente considerato.

La dichiarazione rilasciata agli organi di informazione dal giovane rettore Aurelio Tommasetti sottolinea la cultura della trasparenza e della legalità che anche, in questa delicata, sofferta esperienza, deve contraddistinguere l’ateneo salernitano.

Sparare nel mucchio non è atteggiamento corretto né costruttivo.

IL LINGUAGGIO DISEDUCATIVO ED AGGRESSIVO DEL SINDACO DI SALERNO

13 marzo 2014

 

 

Salerno, 13 marzo 2014

 

Ambrogio Ietto

 

Le marchette di DE LUCA

 

Pina Picierno, la giovane parlamentare del partito democratico, componente della segreteria nazionale di questo partito e responsabile per i problemi del Sud e della Legalità, si laureò alcuni anni fa in ‘Scienze della Comunicazione’ presso l’ateneo salernitano, discutendo una tesi sul linguaggio di Ciriaco De Mita.

Per certi aspetti fu la sua fortuna perché richiamò la particolare attenzione dell’ex primo ministro irpino che la lanciò di fatto nell’agone politico nazionale.

A mio avviso ella  ha ora un abbondante e variegato materiale documentario per organizzare un master sul linguaggio utilizzato dal suo collega di partito Vincenzo De Luca che fu da lei redarguito lungo il Transatlantico di Montecitorio quando, su incarico dell’arrampicatore Renzi, gli raccomandò di sbrigarsi nello sciogliere  il nodo della stomachevole querelle del doppio incarico.

L’attività formativa sul linguaggio deluchiano dovrebbe essere integrato dalla Picierno anche con un puntuale  approfondimento, nella qualità di responsabile per la legalità, della ricaduta sconcia e diseducativa del vocabolario del suo collega di partito sugli ascoltatori delle sue filippiche televisive e sui pochi vetusti lettori dei quotidiani locali.

A costoro, infatti, è capitato di ascoltare e di leggere più volte, in questi giorni, il termine ‘marchette’, adottato dal sindaco di Salerno per contestare il bando regionale finalizzato all’attribuzione di 300 milioni di fondi europei  aperto ai comuni della regione con una popolazione inferiore ai 50 mila abitanti.

De Luca, manifestando inconscia nostalgia per la stagione delle case chiuse, ha richiamato questo vocabolo che un tempo si identificava col gettone che le povere prostitute di una casa di tolleranza ricevevano dalla tenutaria ad ogni prestazione come riscontro ai fini del compenso cui avevano diritto.

Così, giocando di poco elegante metafora, ha inteso accusare il presidente della regione Caldoro e i suoi collaboratori di essere dei tenutari di un ente erogatore di contributi agli amministratori dei piccoli e medi comuni campani, ben disponibili a prostituirsi per avere tra le mani una manciata di euro.

Isaia Sales, puntuale analista dei comportamenti del suo vecchio compagno delle Frattocchie, spiega le possibili motivazioni che hanno spinto De Luca a bloccare l’intento marchettaro della regione attraverso il ricorso al Tar.

Ne individua almeno tre: rancore verso il mondo per la mancata nomina  ministeriale, mossa strategica finalizzata alla conquista della candidatura a presidente della regione, tradizionale politica tipicamente deluchiana per ottenere risorse in più per la città da lui amministrata.

Viene da chiedersi: ma è indecente ed osceno ipotizzare che anche a lui piace tanto distribuire marchette ?

 

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