DON GIULIO CIRIGNANO: LA TELEFONATA TRA PAPA FRANCESCO E MARCO PANNELLA, IL BAGLIORE DI UN LAMPO

Domenica,  4  Maggio 2014

Don Giulio Cirignano

Docente Emerito di Sacra Scrittura

Facoltà di Teologia dell’Italia Centrale

FIRENZE

 

Un gesto semplice e formidabile

 

   Certi gesti sono più significativi di molte parole che, pure, sono utili e spesso necessarie. Ma l’eloquenza di certi gesti è così alta e forte da raggiungere direttamente il cuore e la mente. Non solo. Sono capaci di produrre lentamente veri e propri smottamenti della rigida impalcatura di pensiero dentro cui ci imprigioniamo, vere e proprie, supponenti, sicurezze.

   Siamo ancora nel clima della Pasqua, il popolo di Dio è stato invitato a vivere una giornata che i mezzi di comunicazione non hanno esitato a definire storica: l’elevazione agli onori degli altari dei due Papi, Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II. Giornata vissuta con sincera partecipazione da milioni di fratelli, pertanto sicuramente salutare per molti aspetti e che neppure la retorica televisiva è riuscita a rovinare.

   La Pasqua si allontana. I giorni passano, passano le stagioni, nuove vicende si presentano all’attenzione. Pertanto è necessario continuare a pensare, a trovare continue ragioni di speranza, cogliere il senso degli avvenimenti, tenere in mano il bandolo di una matassa che, altrimenti, rischia di farsi confusa e scialba.

   Ma veniamo al punto. In questa prospettiva, la telefonata di Papa Francesco a Marco Pannella ha avuto il bagliore di un lampo. In sé il fatto è semplice ma anche straordinario. La fantasia della carità è imprevedibile e  particolarmente consolante.

   Dobbiamo allora dire alto e forte che l’abitudine molto diffusa a nutrire sentimenti di ostilità verso chi pare lontano dal nostro modo di pensare, l’atteggiamento di presunzione circa i molti e complessi problemi che agitano i nostri pensieri, l’ossessiva ed inutile ripetizione dei principi più o meno negoziabili con cui amiamo riempirci la bocca, tutto ciò non può indurre a svalutare o, quel che è peggio, a guardare con sospetto la fresca e giovanile fede di Papa Francesco.

   La telefonata a Marco Pannella, tante volte critico verso le scelte della Chiesa, non ha inteso essere una beatificazione del capo riconosciuto dei radicali. Più semplicemente è stato il gesto di chi sa riconoscere il bene dovunque spunti, di chi sa godere nel vedere ogni sforzo in favore della dignità della persona, di chi è capace di condividere progetti di amore per i poveri della terra quali sono i detenuti del sistema carcerario italiano. Quella del Papa, dunque, un’azione di solidale fraternità. Così pulita da provocare, in chi ama il Vangelo e la sua premura per l’uomo, profonda gratitudine.

   E’ proprio vero: spesso coloro che sono ritenuti avversari sono i migliori alleati della nostra fragile fedeltà del Vangelo. Anche se loro non lo sospettano nemmeno lontanamente. Se non altro perché ci obbligano a pensare e a non vivere di rendita. Così l’iniziativa del Papa reca  con sé anche una domanda: cosa abbiamo fatto, noi discepoli del Vangelo e cittadini di questo nobile e devastato Paese per i fratelli detenuti ? Abbiamo fatto qualcosa per favorire una politica di giustizia più umana ? Dalla storia e dalla passione del capo dei radicali giunge alla nostra coscienza un monito che non possiamo disattendere.

   Ma queste sono solo parole. Nessun cambiamento possono provocare. Il problema è oggettivamente complesso e ha necessità della convergenza di volontà plurali, di puntuali, efficaci competenze, soprattutto politiche.

   Ma è proprio vero che non possiamo fare niente ? E’ proprio vero che non possiamo svegliare opportune responsabilità ? Una cosa almeno possiamo farla. Quella cioè  di liberarci da schemi di pensiero angusti, dalle nostre comode precomprensioni, aprire la mente su spazi verso cui mai abbiamo guardato con sufficiente bontà e serietà, rivestirci di umiltà per imparare a cogliere i semi del Verbo ovunque germoglino, a preparare, almeno nella mentalità condivisa, il terreno per benefiche battaglie a vantaggio della dignità dell’uomo.

   Questo possiamo fare. In altre parole, contribuire a rendere la nostra appartenenza ecclesiale più evangelica, meno formale. Così la festa della santità che ha chiuso il mese di aprile sarà, ancor più, festa di tutti.

  

 

 

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