L’ATTESO ‘INCONTRO’ SETTIMANALE CON DON GIULIO CIRIGNANO

Don Giulio CIRIGNANO,  amico autorevole di una stagione felice della nostra esistenza, ci regala anche oggi, ultima domenica di maggio, una preziosa riflessione centrata sulla ‘ coscienza del rispetto per l’altro’,  sulla ‘voglia dell’incontro sereno ’, sullo ‘ splendore dell’originaria vocazione all’amicizia’.  

UNA DOMENICA DI MAGGIO

di don Giulio CIRIGNANO – biblista

 

Domenica 18 maggio, dopo la celebrazione della Santa Messa, sono tornato a casa ed ho acceso la TV. Un canale privato trasmetteva diversi spezzoni dell’attività recente di Papa Francesco.

Il primo era dedicato all’incontro recente col mondo della scuola nel quale il Papa ha messo in risalto la funzione e l’importanza dell’esperienza scolastica: “ incontriamo la realtà”, “ imparare ad imparare”, “ le tre lingue che nella scuola occorre apprendere: quella della mente per pensare, quella del cuore per amare, quella delle mani per agire. Tre lingue in continua e feconda interazione tra loro, ha continuato, commentando. Parole semplici ma con forte valenza educativa, non solo in se stesse ma anche per come venivano pronunciate. Pacatamente, serenamente.

Il secondo ‘pezzo’ di attività del Papa era relativo all’ordinazione sacerdotale di alcuni giovani. Mi ha molto colpito l’invito che ha loro rivolto di entrare nel ministero sacerdotale passando attraverso le piaghe di Gesù. Soprattutto per apprendere la misericordia. L’invito alla  misericordia  è stato insistente e reso pressante da un’espressione che, peraltro, Papa Francesco usa spesso: “ Per favore “.

Per favore siate misericordiosi. Il ministero sacerdotale, aggiungo io, è il ministero della misericordia, senza temere minimamente la facile strumentalizzazione di questa straordinaria lezione in chiave di lassismo. No, la misericordia non favorisce in alcun modo il relativismo morale.

La misericordia cambia il cuore e rende più forti, più capaci di coerenza.

Infine, la rassegna dell’attività del Pontefice si è posata sull’imminente viaggio, anzi pellegrinaggio, come lui stesso lo ha definito, in Terra Santa. Tre parole per riassumere, al riguardo, l’intento di Papa Francesco: discussione, dialogo, preghiera. Cercare insieme, dialogare, affidare alla forza dello Spirito percorsi che l’uomo da solo non potrebbe compiere.

Perché ho voluto ricordare questi frammenti ‘ normali’ di vita e di azione del Papa ?

Per una ragione soprattutto. Per segnalare l’enorme distanza tra l’azione diseducativa che spesso la TV ha promosso e quella costruttiva che, invece, può svolgere. Mentre ascoltavo Papa Francesco prendeva corpo nella mia mente, per contrasto, l’immagine triste  della sciatteria di cui si è resa protagonista, spesso, la TV nonché del livello preoccupante del ciarpame che ha sparso a piene mani, soprattutto in questi ultimi venti-trenta anni attraverso la violenza verbale eretta a sistema, l’insulto gratuito e generalizzato, la delegittimazione del prossimo.

Tutto ciò ha progressivamente sporcato la nostra mente e, come una melma malefica, ha abbassato la coscienza del rispetto per l’altro, la voglia dell’incontro sereno, lo splendore dell’originaria vocazione all’amicizia che ci caratterizza come esseri pensanti.

Dunque, questa volta, la riflessione su Papa Francesco non ha preso le mosse da un suo gesto speciale e sorprendente bensì dal senso di pulizia che il suo ragionare e parlare normale, franco, appassionato, rispettoso ha provocato certamente in chi ha avuto la fortuna di ascoltarlo. Questa è, in fondo, la silenziosa, pacata rivoluzione che lo stile evangelico può innescare.

A questo punto una domanda è inevitabile: hanno mai pensato quanti danno credito a quelle esagitate manifestazioni di livore, pur con legittime ragioni, ma in ogni caso distruttive di tutto e di tutti, all’eventualità di ospitare, anche per una sola settimana, in casa propria certi protagonisti dell’odio e del costante rifiuto della ragione ? Un’intera settimana !

Allora la risposta da dare a questo degrado e a un tale collasso di civiltà è quella e solo quella di rimettere in moto la ragione, di iniziare a fare rifunzionare l’intelligenza per tornare ad intravedere una convivenza più accettabile.

Non è solo questione di educazione ma di buon senso. Usare, cioè, il cervello per tornare a parlarsi guardandosi negli occhi, certamente discutendo e dissentendo se è il caso, ma sempre mossi dalla volontà di costruire.

I portatori professionisti di violenza probabilmente non possono essere cambiati, ma almeno possono essere messi all’angolo da un clima più umano e civile e, forse, possono intravedere un orizzonte più vivibile anche per loro stessi.

Intenzionalmente, in questo discorso, non ho fatto alcun nome. Non volevo che una riflessione etica degenerasse in propaganda. Poi è molto meglio lasciare ad ognuno la felice possibilità di guardarsi intorno per riconoscere ed applaudire i veri costruttori di pace.

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