L’ULTIMA INVETTIVA DI DE LUCA E’ DIRETTA AI FIRMATARI DELL’APPELLO RIVOLTO A FRANCESCHINI NELLA QUALITA’ DI MINISTRO DEI BENI CULTURALI E PAESAGGISTICI

 

Salerno, 25 Maggio 2014

 

Ambrogio Ietto

 

Il Crescent e gli intellettuali

E’ da tempo che non mi soffermo con attenzione sulle consuete contumelie che fuoriescono dalla bocca inviperita del nostro sindaco. Più egli s’incattivisce e più lascia emergere, con sofferta  consapevolezza, di trovarsi lungo il viale di un tramonto politico considerato da molti irreversibile.

Rifiuta pregiudizialmente consigli e suggerimenti da parte dei suoi collaboratori più prossimi. Ogni ostacolo  frapposto ai suoi obiettivi è accolto con amaro ed aspro sarcasmo forzosamente manifestato nell’intento di offrire a chi lo segue nelle  periodiche perorazioni la percezione di trovarsi di fronte  il politico sicuro di sé, aggressivo, per molti aspetti spregiudicato, autoreferenziale al massimo, spavaldo, anticonformista, libero da pregiudizi e preconcetti, altezzoso, pronto a raggirare l’ostacolo frapposto e ad andare avanti come un bulldozer.

Pur collocandosi tra gli esponenti storici della sinistra italiana sprizza veleno in particolare nei confronti di questo comparto della politica ufficiale.  Abituato a governare un consiglio comunale ed una giunta municipale composti da generosi yes-man, collocatosi al vertice di una struttura piramidale preposta alla gestione di quanto c’è di importante da gestire entro i confini territoriali di propria competenza, l’onorevole De Luca non può che giudicare un autentico pollaio l’arena politica vivacizzata da parole inutili ed inconcludenti. Le ciarle, ovviamente, appartengono agli altri mentre i suoi interventi sono sobri, equilibrati, sempre risolutori di problemi.

Tra gli ultimi destinatari del suo sarcasmo ci sono i quarantotto firmatari dell’appello rivolto al ministro dei Beni e delle Attività culturali e del turismo Franceschini affinché segua con particolare attenzione l’iter amministrativo conseguente alla pronuncia del Consiglio di Stato al ‘ fine di assicurarne la compiuta ottemperanza e, con essa, il ripristino delle elementari condizioni di tutela dell’importante area vincolata’.

A parte i salernitani Acocella, Cantarella, Cantillo, Caporale, Di Leo, Mele, Sales, tutti sacrificati sull’altare di uno strumentale ridimensionamento culturale, per il resto accademici dell’architettura, storici dell’arte, urbanisti di fama internazionale sono stati relegati nei salotti deputati a banali conversazioni da gossip.

Non sono un intellettuale né un urbanista. Per mia scelta e per non nascosta umiltà non mi dispongo a sottoscrivere documenti ed appelli da affidare ai media per la pubblicazione o da affiggere alle cantonate cittadine.

Ieri mi è capitato di leggere sul ‘ Corriere del Mezzogiorno’ un contributo del novantenne architetto Gerardo Mazziotti che, dopo aver dedicato buona parte dello spazio concessogli ad evidenziare le personali referenze di professionista  di ‘qualificata esperienza’, conclude lo scritto definendo il Crescent ‘ un’opera architettonica di particolare bellezza ‘.

Poiché la bellezza corrisponde alla qualità di ‘ciò che appare o è ritenuto bello ai sensi e all’anima’ mi sento nel diritto, in quanto  semplice, comune abitante di Salerno, per niente appartenente alle “ vestali dell’ambientalismo italico “, di definire il Crescent una struttura mostruosa che non alimenta il mio personale potenziale di creatività, smorza sul nascere ogni tentativo di slancio immaginativo e conduce i miei canali senso –percettivo – pragmatici  verso una logica da business che, per mia fortuna, non mi appartiene.

 

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