Archivio per giugno, 2014

LA RIFLESSIONE DI DON GIULIO CIRIGNANO, TEOLOGO EMERITO

8 giugno 2014

UN PRIMO, SIGNIFICATIVO RISULTATO RAGGIUNTO DAL PELLEGRINAGGIO DI PAPA FRANCESCO IN TERRA SANTA: OGGI, IN VATICANO, S’INCONTRANO SIMON PERES, PRESIDENTE D’ ISRAELE, MAHMOUD ABBAS, PRESIDENTE PALESTINESE,  E IL PATRIARCA BARTOLOMEO. INVOCHERANNO DIO PER LA TRASFORMAZIONE DELLE ARMI IN STRUMENTO DI LAVORO IN QUESTA TERRA MARTORIATA

Ricominciare da Gerusalemme

   Il pellegrinaggio di Papa Francesco in Terra Santa merita di essere ricordato e commentato non solo per l’alto valore che ha in sé, ma anche perché contiene una preziosa lezione per ognuno. Di questo evento molto ne hanno parlato i mezzi di comunicazione. Ma proprio perché dopo tutto il gran parlare l’evento non sfumi nella nostra distratta memoria è opportuno indicarne gli aspetti più preziosi e,  nello stesso tempo, più impegnativi anche per noi che vi abbiamo assistito a distanza. Due sono le grandi consegne di questa storia appassionante.

   La prima è quella costituita dal forte impulso al sogno ecumenico. L’abbraccio fraterno tra il Papa e il Patriarca di Costantinopoli è stato solo il segno esteriore di un valore grande, tutto racchiuso nella preghiera dell’ultima sera di Gesù, costantemente tradita dalla grettezza del cuore umano, troppo fragile per un progetto di comunione così ardito: “ che siano una cosa sola”.

   In quell’abbraccio si specchiava certamente la nostra debolezza ma anche la nostalgia di un approdo che sarà possibile solo per la forza dello Spirito e secondo tappe che lui solo può dettare. Ma intanto in quell’abbraccio era all’opera di Grazia di Dio a suggerire parole e pensieri coraggiosi. Il cammino sarà lungo  ma averne fatto intuire la bellezza è già un grande risultato.

   Si è affacciata alla nostra mente l’immagine di Paolo VI, l’intelligenza delle sue parole e dei suoi dolci e arguti sorrisi. Poi l’immagine vigorosa di Giovanni Paolo, la sua fede trascinante. Ma ha un senso dire tutto questo se ognuno si sente coinvolto e partecipe di un progetto che spesso appare lontano dall’esperienza dei semplici fedeli. Ma non è così. Come accompagnare l’azione dello Spirito in un’impresa tanto complessa?  Ecco la grande lezione che si posa nel nostro animo. Imparare la lezione del sorriso e dell’affabilità. Ma questo è solo l’inizio. Viene poi la progressiva educazione a cogliere la bellezza della pluralità e diversità delle tradizioni religiose. Ad essa segue il salutare distacco dai nostri punti di vista, dalle nostre gelose presunzioni di verità, distacco che nulla ha a che fare con il relativismo. Dio non si offende se riconosciamo  la sua inarrivabile grandezza e definiamo il nostro cammino verso di lui come cammino sempre provvisorio e parziale. Sì, Dio è più grande delle nostre pur raffinate sintesi teologiche circa il suo mistero che Egli ha voluto comunicarci. L’unità, allora, delle diverse tradizioni religiose  è come un lento sbocciare di un fiore a primavera, con il profumo di nuova, sorprendente creazione dello Spirito. Questa è la lezione che ci interpella dai fatti di Gerusalemme, in un misto di lieta speranza e serio impegno.

   La seconda consegna del pellegrinaggio del Papa ha un nome altrettanto chiaro e preciso: pace. Al riguardo, quattro sono stati i momenti particolarmente toccanti: la delicata carezza al muro che separa i due popoli in lotta, quello di Israele e quello palestinese, la consegna del “ Padre Nostro “  al muro del pianto, la sofferta sosta al monumento che ricorda gli orrori e i dolori della persecuzione nazista, l’invito rivolto ai due presidenti di un incontro in Vaticano, per pregare e parlare di pace.

   Anche da tutto ciò, una forte lezione per ognuno: ‘ beati i costruttori di pace ‘ . Come farlo nella trama apparentemente insignificante della nostra esistenza quotidiana ? Come farci sentinelle di pace nella povertà  della nostra condizione feriale ? Tra le molte strade che si aprono davanti alla responsabilità mi piace richiamarne una, semplice e formidabile insieme: tenere desta, dentro la coscienza, la vocazione originaria che contraddistingue come persone, quella della amicalità.

   So bene che essa è come imprigionata nel groviglio delle passioni e degli egoismi molteplici. Si è perfino tentato di legittimare tale condizione come ineluttabile: “ homo homini lupus” si dice. Ma questa è una menzogna, una comoda menzogna che possiamo smentire attraverso la continua fiducia nei confronti della fecondità e bellezza della amicalità e della simpatia verso noi stessi, gli altri, il creato. Amicalità è qualcosa di diverso da amicizia. Quest’ultima è un dato di fatto, l’amicalità è una tensione continuamente rinnovabile.

   Con queste consegna possiamo accompagnare il cammino di Papa Francesco, aspettando anche noi con fiducia e nella preghiera lo Spirito della Pentecoste.

   Non posso chiudere queste note senza aver prima fatto cenno alla intelligente difesa di Papa Bergoglio condotta da Dario Fo, che molti avranno sentito, nel quadro della trasmissione di un magnifico conc

erto dall’arena di Verona. Un ateo, un marxista convinto e altri titoli simili che Fo ha voluto inanellare per sottolineare la paradossalità della sua difesa, il premio Nobel ha fatto riferimento ad un recente dibattito che un intellettuale moderato, che ha avuto la delicatezza di non nominare, il quale tentava di sminuire il carisma sorprendente di Papa Francesco.

   Dario fo ne ha fatto una difesa asciutta, fuori di ogni inutile enfasi richiamando due discorsi, quello ai politici e quello ai vescovi italiani. Ognuno dei due discorsi meriterebbe un prolungato commento che non possiamo permetterci in questa sede. Voglio solo accennare alla profonda amarezza nel constatare come anche una persona ed una storia così sorprendente come quella di Papa Bergoglio possano trovare resistenze. Ma, forse, è bene così: “ guai a quando tutti diranno bene di voi” dice il Signore. Ma ciò non può non preoccuparci.

   Comprendiamo anche l’imbarazzo, in basso e in alto, che tale carisma può suscitare. Ma dobbiamo affermare con forza che l’entusiasmo che genera non è né trionfalistico né celebrativo, è solo segno della gratitudine al Signore per averlo donato alla sua Chiesa.

 

RAGAZZE E RAGAZZI MINORENNI CHE ORGANIZZANO IL PIANO PER LA LORO PROSTITUZIONE. SI AUSPICA UNA SEVERA REPRIMENDA PER GENITORI IRRESPONSABILI

6 giugno 2014

 

Salerno, 6 Giugno 2014

 

Ambrogio IETTO

Dai ‘Parioli ‘ a Sant’Egidio via Pagani – Nocera

 

Eravamo rimasti piuttosto impressionati dalle ragazze dei Parioli avviate al più antico mestiere del mondo da un adulto spregiudicato, molto abile nel cogliere le particolari fragilità di queste studentesse, pronte  a trasformare il loro accattivante e fresco corpo in una fonte privilegiata di guadagno al fine primario di darsi un look originale ma non più modesto di quello  assunto da loro compagne di scuola appartenenti a famiglie più agiate.

La storia dei  quattro ragazzi e delle tre ragazze dell’agro paganese – nocerino, all’epoca dei fatti tutti attestati  nella fase di passaggio dall’adolescenza alla giovinezza (  15/17 anni ), è ben diversa.

Manca l’adulto privo di scrupolo che avvia la sua subdola, delicata opera esplorativa  nell’intento di far abboccare al proprio amo ragazzi psicologicamente fragili. Il branco,  di cui i quotidiani di ieri hanno offerto sprazzi di creatività e di perverso spirito d’iniziativa davvero  sconcertanti, decide, invece, nella propria autonomia,  su come far cadere nella propria rete  adulti viziosi, dissoluti, depravati, pronti anche a sborsare denaro per soddisfare voglie e gusti che, probabilmente, nemmeno la sfortunata meretrice, assassinata giorni fa in un povero pagliaio della stessa zona, avrebbe potuto soddisfare.  

Gli ideatori del piano, che di certo avevano visto da tempo acquisita  e consolidata la propria leadership all’interno del gruppo, alfabetizzati al massimo sul vocabolario utilizzato in rete per facilitare l’ammiccamento e il successivo adescamento della clientela maschile, avviano la loro opera di convincimento e di agevole persuasione nei riguardi dei colleghi di cordata.

L’esperto che ha affiancato gli investigatori e che, quindi, è stato a diretto contatto coi ragazzi dichiara ad un giornalista de “ Il Mattino “ che essi ‘ fondamentalmente non sono mai andati oltre certi confini: quella che può sembrare depravazione , come i rapporti di gruppo, venivano invece vissuti soltanto per non restare soli, per  farsi forza e condividere tutto “. 

Chi scrive non presenta referenze tali da controbattere  convincimenti di un esperto di fiducia degli inquirenti. Spontanea, però, emerge l’esigenza di chiedersi quali altri confini avrebbero dovuto oltrepassare questi adolescenti.

Sembra,infatti, di capire da quanto si legge che il gruppo per conto proprio elabora il piano, dimostra di aver raggiunto un grado di competenza nel settore da fare invidia al più perverso dei mortali, mette su una ‘Bakeca Incontri’ ove esplicitamente scrive che ‘la coppia va in cerca di divertimento estremo ‘;  il che sta a significare che i suoi componenti sono in grado di valutare anche in che modo e con quali atti corporei risulta possibile sconfinare oltre ogni limite l’umano, ricercato piacere e l’ordinario livello di erotismo perseguibile con una donna adulta di mestiere senza poter fruire di ulteriori stimoli.

Che il branco abbia fatto del patto condiviso ed accettato il punto di forza di un solidarismo spregiudicato ed omertoso è fuor di dubbio. Lo stesso episodio che ha dato avvio alle indagini conferma l’acquisizione e la piena accettazione di un codice servile di onore non sempre sottoscrivibile da parte di adulti anche disposti a delinquere: la figlia sedicenne, che ricopre il ruolo di sentinella preposta ad impedire finanche al proprio genitore di entrare nella propria abitazione al fine di evitargli di scoprire l’incontro intimo a tre che si sta consumando tra due suoi amici e un adulto – maiale,  la dice lunga sul grado di decomposizione etica raggiunta dall’adolescente.

Che gli incontri dovessero risultare funzionali all’abbattimento della noia sembra, in verità, scarsamente credibile. Nel migliore dei casi ragazze e ragazzi erano affetti da manifestazioni di alloerotismo, cioè da spinta attrattiva di carattere sessuale per altre persone  e trovavano la forza nel branco per soddisfare questa esigenza, propria della stagione adolescenziale, anche insieme agli altri componenti del solidale gruppo.

Se nei patti rientra anche l’entità del compenso in euro da dare allo squallido proprietario del container, prossimo al cimitero di Sant’Egidio del Monte Albino (  de gustibus non est disputandum ! ), vuol dire che la programmazione dell’attività non aveva trascurato particolari.

C’è, però, da chiedersi: “  ma queste famiglie, questi genitori come vivevano la loro quotidianità ? Non si interrogavano sulla gestione del tempo libero dagli impegni scolastici di questi ragazzi ? Alimentavano una pratica dialogica con loro ? Non hanno mai colto nei loro comportamenti espressioni facciali ed oculari, silenzi, titubanze,ricerca di alibi e di testimonianze giustificative che potessero generare dubbi e perplessità? “.  

Si legge che la responsabilità andrebbe attribuita soltanto alla ‘ società civile’ e al ‘ mondo degli adulti’.

Ma, di grazia, la società civile non siamo ciascuno di noi coi nostri pregi e i nostri difetti ?

Perché non definire le persone con i termini giusti?

Perché non si chiamano in causa quei padri e quelle madri che hanno generato questi ragazzi i quali non avevano potuto di certo presentare istanza, a suo tempo,  per essere messi al mondo ?

Loro frutto d’amore o incidente di percorso quel concepimento li ha resi responsabili pieni nei riguardi della società tutta.

Lavarsi ipocritamente le mani ed attribuire la colpa alla cosiddetta società civile è soluzione insincera che non libera le loro oscurate coscienze.  

E’ POSSIBILE ORIENTARE LA PASTORALE FAMILIARE ANCHE VERSO LE MOLTE COPPIE IN DIFFICOLTA’ ?

5 giugno 2014

 

Salerno, 5 giugno 2014

 

Ambrogio Ietto

 

Quale famiglia ?

Gli ultimi convegni pastorali celebrati dalla Curia salernitana ripropongono, con tagli ed approfondimenti differenziati, il tema della famiglia all’interno della comunità sociale con specifica attenzione all’ambito proprio di ciascuna parrocchia.

Trattasi di un’opzione voluta dall’Arcivescovo mons. Luigi Moretti ed ampiamente condivisibile.

E’ fuor di dubbio, infatti, che all’origine dello stato di crisi diffusa della società italiana si trovi proprio una famiglia debole, incerta, contraddistinta da radicali sconvolgimenti strutturali e, al suo interno,  da legami interpersonali sostanzialmente fragili e critici.

Il ben noto vescovo mons. Rino Fisichella e  don Francesco De Crescenzo, nel corso della prima sessione dei lavori del convegno, che si sono conclusi questa sera presso il seminario di Pontecagnano – Faiano, hanno offerto alla foltissima platea di sacerdoti e di animatori ecclesiali, impegnati presso le tante parrocchie rientranti nella circoscrizione dell’arcidiocesi di Salerno, spunti particolarmente interessanti recuperati, nel contributo di mons. Fisichella, dall’Esortazione Apostolica di Papa Francesco ‘ Evangelii Gaudium ‘  e, nella relazione del sacerdote stimmatino, da significative esperienze sul campo.

Gli approfondimenti tematici, che si sono concretizzati ieri sera in specifiche sedute laboratoriali  animate dai partecipanti, con insistente frequenza si sono soffermati su quel che resta oggi della famiglia tradizionale.

I recenti dati offerti qualche giorno fa dal Rapporto dell’Istat evidenziano le ultime  tendenze demografiche che, nel sottolineare l’accentuazione dell’invecchiamento, evidenziano  anche la bassa propensione ad avere figli. Infatti, mentre si vive sempre più a lungo, persiste in Italia un livello molto basso di fecondità (1,42) contro una media europea dell’1,58  e in una situazione di oggettiva inferiorità nei riguardi della Francia ( tasso di fecondità pari a 2 figli a donna) e  del Regno Unito (1,92 ).

Le stesse cifre riguardanti provvedimenti giudiziari  definiti nel 2011 confermano un processo di frammentazione dell’istituto familiare davvero preoccupante: ben 88.797 le separazioni e 53.806 i divorzi. Ogni anno nascono non meno di 80.000 bambini da coppie di fatto ( il doppio di 10 anni fa).

Recenti rilevazioni  confermano una diminuzione consistente dei matrimoni, una diffusa tendenza alla posticipazione delle nozze, un incremento dei matrimoni celebrati con rito civile ( nel 2010 sono stati il 36,52 % ), un aumento della quota di nascite avvenute fuori dal matrimonio, l’accentuarsi di una mentalità individualistica non molto propensa a dar vita ad un’esperienza stabile di coppia e, ancor di più , alla disponibilità a procreare.

Per la Chiesa, pertanto, l’azione evangelizzatrice verso una coppia costituita  da una donna e da un uomo che, per prevalenti dinamiche di natura affettivo – relazionale, decidono di ‘mettersi insieme ‘, risulta particolarmente complessa.

Si tratta di svolgere un’azione preventiva di straordinaria delicatezza che consenta di scoprire la gioia di un processo graduale di affinamento delle due identità personali nell’intento di elaborare un progetto di vita convergente verso il concepimento e la genitorialità.

Per le tante, troppe coppie in difficoltà relazionale si tratta di intervenire, anche con professionalità esperte del settore, per rideterminare condizioni favorevoli alla cultura del dialogo e del rispetto reciproco.  Una Chiesa, consapevole anche della mancanza di una politica funzionale alla costituzione e al consolidamento della famiglia e tuttora priva in assoluto di interventi mirati per il lavoro, la casa, l’incentivazione alla procreazione, non può che limitare il proprio intervento ad un’azione mirata al rafforzamento della dimensione spirituale della personalità di entrambi i componenti della coppia.

E’ soltanto qualcosa anche se troppo poco per contenere la fuga da unioni stabili, arricchite anche da un ‘desco fiorito d’occhi di bambini ‘.

LADRI ASTUTI MA ANCHE ATTENTI OSSERVATORI DEL PROCESSO DI DEGRADO IN ATTO NELLA SCUOLA, NELLA CULTURA E NELL’ARTE DELLA NOSTRA POVERA ITALIA

2 giugno 2014

 

Salerno, 2 Giugno 2014 = Festa della Repubblica

 

La medaglia, la cultura e la Repubblica

 

Oggi 2 giugno festa nazionale della Repubblica. Come gli americani che festeggiano il 4  luglio, giorno in cui nel 1776 fu firmata la dichiarazione di indipendenza, e i francesi che ricordano, quale solennità nazionale, il 14 luglio del 1789 quando si concretizzò la Presa della Bastiglia,   così noi richiamiamo alla mente quello stesso giorno del 1946  in cui si svolse il referendum istituzionale a suffragio universale che sancì  la nascita della nostra Repubblica.

Ricordo molto nitidamente che per i miei genitori quello fu un evento sofferto; essi, infatti,  come buona parte degli elettori meridionali, erano di prevalente fede savoiarda.

Anche per me l’odierna festività, a differenza dello stato d’animo che ho vissuto in precedenza in questa stessa giornata, porta con sé un velo spesso di malinconia e di tristezza. Non solo pensando alla condizione  di degrado generale e di corruzione diffusa che vive il nostro Stato per niente ipotizzato a suo tempo dai Padri Costituenti.

Malinconia e tristezza rispondono, in verità, ad una sofferenza più profonda e personale che mi investe.

Da trenta anni avrei avuto titolo a partecipare in forma ufficiale all’annuale celebrazione che si tiene in piazza Amendola di Salerno. Il diritto – dovere a prender parte al rito mi derivava dal fatto di essere stato insignito, con decreto del due giugno 1983 del presidente dell’epoca Sandro Pertini, di Medaglia d’oro in quanto giudicato ‘Benemerito della Scuola, della Cultura e dell’Arte’.

Non vi partecipavo perché, nonostante il mio carattere risoluto e deciso, vivevo come manifestazione di vistosa e compiaciuta ostentazione l’esibizione di quel nastrino tricolore che avrebbe legato la medaglia all’occhiello collocato nel risvolto di sinistra della giacca.

Ora, però, quel nastrino e quella medaglia non potrò mai più mostrarli.

L’altro giorno, infatti, degli abili signori ladri, in meno di venti minuti e in pieno giorno, attenti e puntuali osservatori dei movimenti miei e di mia moglie, si sono con fulminea destrezza introdotti in casa nostra ed hanno fatto razzia di quanto è stato giudicato utile e di valore.

A differenza di loro più cortesi colleghi che  una ventina di anni fa si introdussero egualmente in casa per far pulizia di quanto desiderato  ma che ritennero atto di cortesia  lasciare al titolare, sognatore – post romantico decadente, almeno quel cofanetto con la scritta ‘ Ministero della Pubblica Istruzione ‘, contenente la famosa medaglia, gli attuali visitatori abusivi di altrui appartamenti hanno ritenuto giusto ed opportuno portarsi dietro anche la medaglietta.

Infatti, sicuramente più alfabetizzati dei pur sensibili e garbati predecessori, convinti che la scuola cade a pezzi tanto che il giovane premier Renzi ha deciso di sistemarne alla meno  peggio i solai traballanti e che Pompei e gli altri siti archeologici non stanno meglio, essi hanno pensato di compiere atto sicuramente gradito al titolare della medaglia di liberarlo della tentazione di partecipare all’odierna manifestazione ufficiale della festa della Repubblica e, quindi, anche celebrazione della dignità della Scuola, della Cultura e dell’Arte.

Alla fine credo che abbiano avuto ragione anche perché quel simbolo, unitamente agli altri oggetti più di valore, sono già in via di fusione presso uno dei tanti siti che ostentano con fierezza il ‘Compro Oro ‘ quali ufficiali punti di riferimento di quanti sono costretti a liberarsi di oggetti cari per tentare di sopravvivere per pochi altri giorni e dei non pochi esperti di furti di appartamento, liberi di impossessarsi della roba altrui per poter meglio festeggiare l’anniversario di questa nostra povera Repubblica delle banane.

 

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