GLI OPINABILI PROVVEDIMENTI DELL’UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE DELLA CAMPANIA

Salerno, 7 settembre 2014
Ambrogio IETTO
Sempre più dequalificata in Campania la funzione
del dirigente scolastico
Nel mentre il governo Renzi pubblicizza il suo piano per ‘ la buona scuola ‘ le nostre istituzioni scolastiche vivono le difficoltà proprie di ogni avvio d’anno.
Alle ben consolidate precarietà di natura strutturale e funzionale si aggiunge, sia pure in dimensione non generalizzata, il possibile avvicendamento degli insegnanti e non di rado anche il cambio del dirigente scolastico, figura considerata determinante dal legislatore ai fini del progressivo miglioramento della qualità del servizio educativo – scolastico.
Infatti l’attribuzione della personalità giuridica e dell’autonomia alle scuole, a norma dell’art. 21 della legge n. 59/1997, e la riscrittura, anche a seguito del decreto legislativo n. 59/1998, dell’art. 25 del decreto legislativo n. 165/2001, rafforzarono di molto il profilo professionale del capo d’istituto tanto da attribuirgli ‘autonomi poteri di direzione, di coordinamento e di valorizzazione delle risorse umane’, e da renderlo responsabile dell’organizzazione dell’attività scolastica ‘ secondo criteri di efficienza e di efficacia formative’, potendo egli avvalersi anche della ‘collaborazione delle risorse culturali, professionali, sociali ed economiche del territorio’.
Il primo bando di concorso, di cui al DDG del 22.11.2004, finalizzato al reclutamento di dirigenti scolastici capaci di rispondere ai bisogni formativi propri di una scuola dotata di autonomia organizzativa, didattica e di ricerca educativa, prevedeva un corso – concorso selettivo per il reclutamento di dirigenti scolastici da utilizzare e valorizzare in due settori ben distinti del nostro sistema scolastico: scuola primaria e secondaria di primo grado, compresa la scuola dell’infanzia, e scuola secondaria superiore ed istituti educativi con particolare riferimento ai convitti nazionali.
Nella chilometrica legge finanziaria per il 2007 ( la n. 296 del 27.122006 ), costituita da un articolo unico, al comma 618, il Parlamento, condizionato da lobby e da sottogruppi non ben identificati ma sicuramente ipotizzabili, decise di modificare il sistema di reclutamento dei dirigenti scolastici, prevedendo la ‘unificazione dei tre settori dei dirigenti scolastici’.
Infatti il successivo bando di concorso ( DDG del 13 luglio 2011 ), che nella storia della scuola italiana lascerà ai posteri la testimonianza più eloquente della dappocaggine e dell’uso distorto del decentramento e della conquistata autonomia in questa materia da parte di non pochi uffici scolastici regionali unitamente alla constatata, diffusa tendenza al contenzioso sempre più emergente tra il personale della scuola, legittimò il definitivo superamento dei due settori tanto da estendere il medesimo principio alle disposizioni riguardanti la mobilità degli ex capi d’istituto, oggi dirigenti scolastici.
Si consacrò, così, un profilo professionale quasi esclusivamente condizionato dalla gestione amministrativo – contabile dell’istituzione scolastica. Di fatto saltarono le motivazioni che avevano giustificato, nel processo di graduale aggiornamento dell’art. 25 del decreto legislativo n. 165/2001, l’attribuzione al dirigente scolastico di ‘autonomi poteri’ di ‘ coordinamento’ di una didattica e di una progettazione curricolare organizzate ‘secondo criteri di efficienza e di efficacia formative’, e di ‘ valorizzazione delle risorse umane’, ognuna delle quali portatrici di un retroterra culturale acquisito in sede di formazione iniziale e continua e di competenze professionali e didattico – metodologiche rapportate specificamente al segmento del sistema scolastico in cui si opera, ad un’attività di insegnamento rispettosa dell’età cronologica e mentale del discente, al suo contesto socio – culturale di riferimento e ai ritmi, ai tempi e allo stile del suo modo di apprendere.
Di conseguenza, in particolare in Campania, si è diffusa negli anni, per poi definitivamente consolidarsi, la cosiddetta sindrome dell’ascensore: consistenti percentuali di dirigenti del primo settore, compresi vecchi reduci degli ultimi concorsi a direttore didattico e a preside di scuola media, hanno ritenuto di conquistare maggiore prestigio sociale o di voler vivere un’esperienza professionale nuova, considerata più gratificante, transitando alla conduzione di licei e di altri istituti secondari di secondo grado.
Chi ha avvertito il bisogno – dovere di alfabetizzarsi sugli assetti organizzativi, sul curricolo, sulle ‘ linee guida’ e sulle ‘Indicazioni Nazionali ‘ delle scuole secondarie di secondo grado ne ha guadagnato in autorevolezza culturale e in competenze tecnico – professionali a differenza di altri trasformati, purtroppo, in comodi bersagli di prevedibili critiche negative e di ingenerosi apprezzamenti.
I recenti provvedimenti relativi alla mobilità e alla designazione dei dirigenti reggenti, disposti dall’Ufficio Scolastico Regionale della Campania, avrebbero potuto attutire i limiti di un quadro normativo piuttosto discutibile.
Lo stesso riferimento dell’ articolo 19 del decreto legislativo n. 165/2001 alle ‘capacità professionali anche in relazione ai risultati conseguiti in precedenza ‘ e dell’art. 25 dello stesso decreto alla ‘specificità delle funzioni ‘ avrebbe potuto motivare e giustificare non pochi provvedimenti funzionali all’esigenza primaria, sottolineata dal già richiamato art. 25 e riconosciuta per il dirigente scolastico, di promuovere ‘ gli interventi per assicurare la qualità dei processi formativi e la collaborazione delle risorse culturali, professionali, sociali ed economiche del territorio’.
Mancando, purtroppo, ancora da troppo tempo, un sistema di ‘ verifiche effettuate da un nucleo di valutazione istituito presso l’amministrazione scolastica regionale’, quali possono essere stati i parametri presi in considerazione dall’amministrazione scolastica regionale ?
Forse il POF, gli obiettivi raggiunti, i risultati ottenuti ? Non risulta che siano stati impegnati dirigenti tecnici o esperti con l’incarico di recarsi in loco, consultare i documenti relativi, acquisire dati oggettivi dimostrativi dell’avvenuto conseguimento degli obiettivi dichiarati e dei risultati preventivati, provvedendo, quindi, a redigere puntuale relazione per la direzione regionale. Ma siamo seri e non prendiamo in giro il prossimo! Una valutazione serena dell’essenziale profilo del richiedente la mobilità o la reggenza sarebbe stato possibile soltanto tenendo conto delle poche, essenziali informazioni di cui si ha sicuramente traccia presso il competente ufficio regionale.
Nel fascicolo personale di ogni dirigente incardinato, infatti, si trovano alcune dichiarazioni sottoscritte dai singoli interessati e riguardanti la laurea conseguita, il corso di studi seguito nella qualità di allievi di scuola secondaria di secondo grado, il tipo e il grado di scuola in cui è stata svolta l’attività di docenza di ruolo per almeno i cinque anni scolastici previsti per la partecipazione al concorso a dirigente scolastico.
Questi elementi di conoscenza non garantiscono in assoluto il possesso di sicure e qualificate capacità e competenze professionali ma almeno essi offrono dati informativi oggettivi ed accettabili per assicurare la guida di un’istituzione scolastica a funzionari non del tutto disinformati sulla struttura e sull’articolazione organizzativa e curricolare della stessa.
Ovviamente queste preoccupazioni risultano fondate anche quando la sindrome dell’ascensore ha funzione discendente, spingendo dirigenti, da sempre impegnati su indirizzi di studio riguardanti il segmento della scuola secondaria di secondo grado, ad andare a curiosare cosa avviene nella scuola dell’infanzia e nelle classi del primo ciclo magari col poco nobile intento, in particolare nelle cittadine di provincia, di egemonizzare e ‘tenere sotto controllo ‘ l’intero itinerario formativo delle giovani generazioni.
Purtroppo i decreti della Direzione Scolastica Regionale della Campania n. 5621 del 28 luglio 2014 (mobilità) e n. 6117 del 5 settembre scorso ( reggenze ) contengono non poche decisioni piuttosto opinabili, per niente semplici da decifrare e, soprattutto, poco compatibili con le preoccupazioni sopra esposte. Inutile aggiungere che se qualche dirigente scolastico cointeressato osasse nel merito chiedere lumi, dalla Direzione regionale arriverebbe una sola, categorica risposta: ‘ fate pure ricorsi ma sappiate che il Tar della Campania, nei precedenti anni, su queste questioni ha dato sempre ragione alla Direzione regionale ‘.
Ovviamente sconcerta il silenzio delle organizzazioni sindacali e delle associazioni di categoria chiamate a garantire trasparenza ed oggettività a queste operazioni che confermano, ahimè, una pericolosa tendenza a fare del decentramento e dell’autonomia un’opportunità favorevole per utilizzare l’intervento discrezionale al fine di venire incontro a richieste particolari.
Un’ultima prova ? Il DDG datato 8 luglio 2014 e finalizzato alla nomina di rappresentanti dell’Ufficio Regionale Scolastico nelle commissioni operanti presso gli atenei campani per gli esami finali funzionali all’acquisizione dell’abilitazione speciale all’insegnamento.
Il predetto provvedimento, pur precisando ‘ in narrativa’ di avere valutato ‘ i curricula degli aspiranti alla nomina ‘ in queste commissioni, designa dirigenti scolastici, privi di abilitazione in una qualsivoglia classe di concorso, a rappresentare l’Amministrazione scolastica al fine di legittimare l’oggettività e la validità del meccanismo valutativo.
E dire che le disposizioni emanate dal Miur prevedono la possibilità di nominare in queste commissioni anche ‘ docenti con almeno cinque anni di insegnamento a tempo indeterminato nella specifica classe di concorso ‘. Il che lascia presupporre l’opportunità-necessità di prevedere il possesso di una competenza specifica da parte di chi non deve solo essere presente agli esami ma anche pronunziarsi sulla qualità della preparazione del candidato.
L’elenco delle anomalie risulterebbe ancora più fitto se si prendessero sotto osservazione i profili culturali e professionali di non pochi dirigenti scolastici chiamati a presiedere e a coordinare gli esami di maturità: emblematica, ad esempio, la posizione di presidenti di commissioni preposte agli esami di maturità classica i quali hanno compiuto il personale percorso quinquennale di studi presso un istituto tecnico o un istituto magistrale.
Purtroppo quanto descritto contribuisce non poco al graduale ma, purtroppo, irreversibile processo di depauperamento della scuola italiana che diventa sempre ‘ meno buona ‘ nonostante le apprezzabili intenzioni del presidente del Consiglio dei ministri.

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