Archivio per settembre, 2014

I PORTATORI DELLE STATUE AL SEGUITO DELLA PROCESSIONE IN ONORE DI SAN MATTEO SOLIDARIZZANO CON DE LUCA E PONGONO PROBLEMI ALL’ARCIVESCOVO MORETTI

21 settembre 2014

Salerno, 21 Settembre 2014 = Festività di San Matteo – Patrono della Città
Ambrogio IETTO

HA VINTO LA TESTARDAGGINE

Dove sono andate a finire la sobrietà, la morigeratezza, la temperanza, la consapevolezza di prender parte e di assistere ad un rito consolidatosi nel tempo a seguito di una religiosità , di un sentimento del sacro, se si vuole anche un po’ superficiale e contraddittorio, ma comunque trasmesso, nel corso degli anni, in migliaia di famiglie di padre in figlio ?
Confuso tra centinaia di fedeli e curiosi schierati lungo il corso Vittorio Emanuele non ho avuto il piacere, da credente peccatore, di ascoltare una sola persona, donna o uomo, giovane o di età avanzata, accogliere e compartecipare alle poste del rosario che un volitivo seminarista scandiva e diffondeva mediante un impianto microfonico itinerante.
Commenti e considerazioni, invece, si soprapponevano in relazione alle notizie che arrivavano, per il tramite dei cellulari, dall’atrio del duomo o lungo via Mercanti. Sotto processo, con apprezzamenti anche piuttosto severi , erano il sindaco della città De Luca e, in parte, anche l’arcivescovo monsignor Moretti al quale non si perdonava, in particolare, la decisione di non far sostare la statua del Patrono all’altezza della caserma della Guardia di Finanza il cui Comando, per reazione, aveva deciso di non far partecipare alla processione il drappello di finanzieri, disconoscendo il Presule il consolidato affidamento di questo corpo speciale alla protezione del Santo Evangelista.
L’aver posto sullo stesso piano il divieto della sosta all’altezza di Palazzo di Città e la mancata attenzione alla sede locale di un organo dello Stato, che ha, da decenni, solennizzato l’autorevolezza protettiva del doganiere o collettore di imposte in Cafarnao, è stata percepita come una decisione apparentemente equa ma nella sostanza discriminate nei riguardi di servitori dello Stato del tutto estranei all’uso strumentale del rito che negli anni scorsi è stato attribuito al primo cittadino.
Tra gli autentici fedeli resta l’amarezza per aver dovuto assistere ad uno spettacolo complessivamente indegno della sacralità che si è soliti attribuire a questo rito religioso.
Una strana espressività spontaneamente veniva da attribuire alla statua di papa Gregorio VII che, con uno sguardo apparentemente sornione, sembrava volesse ammonire che quasi mille anni sono trascorsi inutilmente nella storia d’Italia e dell’umanità. Egli, infatti, non pensava proprio che, rifugiatosi in esilio a Salerno per non soccombere alle prevaricazioni dell’imperatore Enrico III, dopo 929 anni si riproponesse più o meno la medesima situazione con Vincenzo De Luca I da Ruvo del Monte.

NON SOLO COMPRENSIBILI MOTIVI DI PROMOZIONE CIVICO – CULTURALE E TURISTICA MA UN ATTO DOVUTO ALLE MIGLIORI PAGINE DI STORIA DELLA NOSTRA ITALIA

20 settembre 2014

Salerno, 20 Settembre 2014

Ambrogio IETTO

Anita Garibaldi a Vibonati

Questa mattina, presso la sala consiliare del comune di Vibonati, in esecuzione della delibera assunta dal massimo organo collegiale cittadino, Massimo Marcheggiani, sindaco del suggestivo centro del golfo di Policastro, ricco di richiami storici puntualmente riproposti da Vincenzo Abramo, appassionato cultore di storia locale, consegnerà ad Anita Garibaldi, scrittrice e giornalista, pronipote dell’eroe e dell’eroina dei due mondi, la cittadinanza onoraria.
Non si tratta di un riconoscimento dettato da pur comprensibili motivi di promozione civico – culturale e turistica.
Le motivazioni poste a fondamento della delibera consiliare sono ben solide e pertinenti. A Vibonati, infatti, come ricorda la lapide di casa Del Vecchio, oggi palazzo De Nicolellis, Giuseppe Garibaldi pernottò il 3 settembre 1860 nel corso dell’epopea dei 1089 volontari imbarcatisi a Quarto nella notte tra il 5 e il 6 maggio e sbarcati a Marsala l’11 maggio successivo.
Egli era arrivato a Maratea in compagnia di Agostino Bertani, compatriota medico milanese che in precedenza aveva rifiutato il piano della spedizione a Sapri elaborato da Carlo Pisacane, e del generale Enrico Cosenz, dapprima eroico difensore di Venezia nella qualità di ufficiale del Regno delle Due Sicilie , quindi postosi al seguito di Garibaldi per poi concludere l’impegno politico nella qualità di deputato e senatore del Regno.
Con una modesta imbarcazione l’eroe dei due mondi raggiunse Sapri, via mare, per proseguire subito per Vibonati. L’itinerario interno scelto per Padula, ove si ebbe la resa di 3000 soldati borbonici, consentì di arrivare ad Auletta il 5 settembre dopo una breve sosta effettuata a Sala Consilina.
Nella cittadina fiancheggiata a valle dal fiume Tanagro il generale incontrò Giacinto Albini, uno degli artefici della cosiddetta insurrezione lucana del 1860, nominato seduta stante governatore della Basilicata.
A tarda sera fu raggiunta Eboli; qui Garibaldi fu ospite dell’avvocato Francesco La Francesca. Alla cena parteciparono anche il giovane patriota bergamasco Beniamino Marciano, responsabile del comitato rivoluzionario di Salerno, ed Antonietta De Pace, giovane mazziniana originaria di Gallipoli, uniti non solo dall’amor patrio ma anche da reciproco, profondo innamoramento.
Il 6 settembre, come è ben noto, Garibaldi arrivava a Salerno per poi il giorno dopo raggiungere, in carrozza, la stazione di Vietri sul Mare. Qui avrebbe potuto fruire di un treno speciale. La rete ferroviaria, infatti, avviata dai Borboni nel 1839, non era ancora giunta a Salerno.
Sulla carrozza, insieme a Bertani, Cosenz ed altri, salì anche la patriota pugliese De Pace che raggiunse Napoli, viaggiando nello stesso scompartimento dell’eroe dei due mondi. Fonti storiche ricordano che Garibaldi dispose la concessione alla stessa, vita natural durante, di 25 ducati al mese per ‘ i danni e le sofferenze patite per causa della libertà’.
Dunque Anita Garibaldi, pronipote del generale nizzardo, già destinataria di preziose onorificenze e di tante ‘ cittadinanze onorarie’, ha gradito con vivo piacere anche quest’altra testimonianza collegata ad una delle imprese più significative condotte dal suo autorevole antenato.
Da quanto si sa la prof. ssa Anita caratterialmente ricorda non poco Anna Maria Ribeiro da Silva, conosciuta dal generale nel 1839 a Laguna, in Brasile, dopo il naufragio del ‘ Rio Pardo’ e la morte di tutti gli italiani. Garibaldi nelle sue ‘Memorie’ ricorda di sentirsi ‘ in un desolante isolamento’, avverte uno straordinario bisogno di un essere umano che lo ami subito e che lo ‘ tenga vicino’. Così inquadra col cannocchiale una giovane localizzata tra le case prospicienti il mare. Non ha indugi e va in cerca di lei.
Invitato da un conoscente l’incontra nella sua casa ove accede per sorseggiare un caffè. Egli non conosce il portoghese ma scandisce in chiaro italiano: “ Tu devi essere mia “.
Anita individua nel pretendente l’invincibile marinaio e ne è affascinata. Così scatta subito il ‘coup de foudre’.
Le cronache presentano una pronipote che fa incavolare Ilde Boccassini e Gherardo Colombo in un lungo interrogatorio all’epoca di ‘mani pulite’, l’organizzatrice di un movimento femminile che sostiene l’estensione alle donne di importanti incarichi nelle pubbliche istituzioni, una professionista impegnata nel recupero di quei valori di fondo che animarono le tante imprese dello straordinario antenato.

L’ATTUALE FRENESIA DEL SINDACO DI SALERNO DE LUCA: AGGREGARE SCAMPOLI DI PARTITO NEL TENTATIVO DI RIUSCIRE A BATTERE CALDORO

19 settembre 2014

Salerno, 19 Settembre 2014

Ambrogio IETTO

La raccolta indifferenziata di De Luca

Al sindaco di Salerno è giusto riconoscere una particolare propensione verso la raccolta dei rifiuti. Infatti ha affrontato con determinazione il problema anche se, contestualmente, ha dimostrato evidente instabilità decisionale nella vicenda del programmato termovalorizzatore che lo spinse addirittura, lui allergico ai voli, a raggiungere in aereo Los Angeles, nei primi giorni di marzo 2008, per convincere l’architetto Frank O. Gehry a predisporre uno speciale involucro al fine di rivestire in modo artisticamente significativo l’impianto ideato per Cupa Siglia.
Nonostante la diretta compartecipazione all’incontro del responsabile tecnico ing. Barletta e del capo staff dr. De Lorenzo e il garbo suadente dell’interprete il progettista statunitense non si fece convincere e rifiutò l’offerta, ridimensionando non di poco l’entità degli oneri per il Comune.
In una delle omelie televisive di luglio scorso il sindaco chiarì i motivi che giustificavano il cambio di rotta, precisando che la raccolta differenziata a Salerno ha raggiunto la lodevole percentuale del 70% e che, pertanto, non conviene l’installazione di quell’impianto.
Ora, fuori dalla strumentale metafora giornalistica, l’onorevole De Luca è particolarmente interessato ad aggregare indifferentemente gruppi, schiere di persone, raggruppamenti di soggetti distinti, strutturati e non, un insieme di persone le più diverse politicamente e culturalmente, motivate a costituire una sorta di compartecipazione e di affiancamento per favorire la conquista, da parte del nostro primo cittadino, della presidenza della giunta regionale della Campania.
Non è possibile avanzare previsioni che consentano di ipotizzare questa ulteriore frenesia deluchiana dove condurrà. Al comune buonsenso sfuggono le motivazioni profonde che spingono De Luca ad un’impresa che appare assurda, improponibile.
Quale il codice linguistico che può agevolare, ammesso che il traguardo auspicato venga raggiunto, una fertile e produttiva comunicazione tra i differenti partecipanti al convivio ? Se la comune chiave d’accesso è rappresentata dalla sola gestione del potere, De Luca potrà farsi insegnare da De Mita e dagli ex DC i parametri dettagliati del manuale Cencelli!
Da quanto si legge all’aggregazione indifferenziata vogliono partecipare il consigliere regionale Carlo Aveta, segretario de ‘La destra’ di Storace, desideroso di ‘ avversare la casta e di rinunciare ai privilegi’, il senatore Vincenzo D’Anna, appartenente alla costola cosentiniana di Forza Italia, l’europarlamentare Andrea Cozzolino, portavoce di fatto di quell’Antonio Bassolino, antico destinatario delle invettive deluchiane, e, leggete, leggete bene, il Ciriaco De Mita, storico insofferente e spocchioso interlocutore di De Luca, ed ancora una serie di sindaci orgogliosi di essere corteggiati dal nostro primo cittadino.
Tra questi sembra ci sia anche Sica di Pontecagnano che, ovviamente , per l’infantile idea del transdossier, non può tifare per Caldoro.
La stessa iniziativa di venerdì prossimo a Palazzo di Città, da parte di un esperto navigante come Renato Cascone, antico compartecipante ai funerali della D. C. di Mino Martinazzoli, approdato poi al neo Partito Popolare per vivere, quindi, una deludente esperienza elettorale con Forza Italia, preannuncia una narrazione dell’irpino funzionale alla costruzione di un ‘ ponte ideale con il futuro’.
L’augurio da partecipare a De Luca è di non fermarsi al 30 % della raccolta indifferenziata che si registra a Salerno.
Sarebbe per lui, sostenitore convinto della raccolta differenziata, una dèbâcle davvero deludente.

DON GIULIO CIRIGNANO: LA CHIESA C’E’ DOVE SI ACCOGLIE IL VANGELO E SI PROFESSA CHE GESU’ E’ IL SIGNORE

15 settembre 2014

Vivere l’odierna stagione religiosa
di Don Giulio Cirignano – Biblista emerito
Dopo la pausa estiva, riprendiamo il nostro cammino. Continuiamo a pensare soprattutto perché intendiamo vivere intensamente la stagione che, da un punto di vista religioso, stiamo attraversando. Stagione complessa. Possiamo tentare di descriverla indicandone alcuni aspetti.
Al primo posto metterei la memoria dell’evento conciliare. Man mano che passano gli anni e ci allontaniamo da esso il ricordo si ferma con gioia mista a delusione su i punti caldi di quella straordinaria vicenda. Gioia perché furono acquisizioni importanti, delusione perché non hanno avuto il seguito e lo sviluppo che ci saremmo aspettati e che avrebbero meritato. Percorsi iniziati e poi stranamente interrotti.
Ne indico rapidamente alcune di quelle acquisizioni. Fanno parte del nostro vissuto religioso e, pur con molte indecisioni, hanno messo radici nella nostra mente. Basterà ricordarle per identificarle immediatamente come punto di arrivo di un’appassionata preparazione ma anche punto di partenza per sviluppi che, purtroppo, si sono verificati solo in parte.
Di grande significato è stata la riconsegna al popolo di dio della Parola. Dopo secoli di ‘ sonno’ per le note vicende della Riforma protestante, la Parola di Dio ha fatto il suo trionfale ingresso dentro l’orizzonte della fede vissuta. Il documento conciliare “ Dei verbum “ ne è l’emblema e la sintesi. Ma quanta strada resta ancora da fare per tornare a fare della Parola la via maestra per inoltraci con efficacia nel mistero cristiano e, in ultima analisi, nella nostra stessa più profonda verità.
Poi, la grande riforma liturgica che ha trovato compiuta espressione nel documento conciliare “Sacrosanctum Concilium “. Anche a questo riguardo, quanta per una più consapevole partecipazione del popolo di Dio alla liturgia, ma anche quanto lungo è il cammino ancora da fare.
Ancora: la coraggiosa riproposizione dell’ immagine di chiesa nella sua interna costituzione mirabilmente espressa nella “ Lumen gentium “: ritroviamo le basi per una nuova maniera di essere Chiesa.
Infine, ultimo tratto, quello configurabile con la dimensione di Chiesa estroversa, attenta e premurosa verso il mondo e la storia, proposto in maniera affascinante nella “ Gaudium et spes”.
Sì, il Concilio continuo a battere alla porta della nostra coscienza personale e collettiva, continua a sedurci attraverso l’invito ad essere, come Chiesa, profezia dell’amore di Dio per il mondo. Il Concilio sta sullo sfondo della nostra vita ecclesiale con tutta la sua forza provocatrice.
Accanto al Concilio, registriamo ora una nuova inattesa realtà. Mi riferisco all’irruzione dello Spirito nella persona e nel magistero di Papa Francesco. Riguardo a ciò molto abbiamo detto. Ma non a sufficienza. In alto e in basso, nella comunità cristiana, non pare si sia colto fino in fondo la straordinaria novità inaugurata da Papa Francesco. Il criterio della continuità che si continua talvolta a richiamare appare del tutto insufficiente soprattutto perché sopravanzato da quello della novità. Propongo, al riguardo, una maniera semplice ma efficace di leggere “ Evangelii gaudium”: farne attenta e calma indagine con due matite di colore diverso. Con uno per sottolineare le affermazioni immediatamente percepibili nella loro bellezza; con l’altro per mettere in evidenza le affermazioni coraggiose. E’ un esercizio assai efficace oltre che fortemente sorprendente. Condotti per mano da Papa Francesco potremo fare il nostro ingresso serenamente e concretamente nella novità che egli propone.
Il Concilio, dunque, e poi Papa Francesco: due orizzonti di senso ecclesiale che dispensano da giudizi e valutazioni sia sui predecessori che su i successori del Papa attuale. Il nostro non è uno sguardo fisso sugli uomini, qualunque sia la loro importanza e grandezza, ma sulla misteriosa, imprevedibile azione dello Spirito. Non siamo interessati a celebrare ma solo a piegare la testa, in grata adorazione, davanti alla presenza del Signore che cura come vuole la sua Chiesa.
Questo, soprattutto perché c’è un altro orizzonte che si impone con crudezza alla nostra attenzione accanto a quello tracciato dal Concilio e a quello promosso da Papa Francesco. E’ l’orizzonte di una realtà ecclesiale che, soprattutto nella vecchia Europa, sembra incamminata verso un declino inarrestabile. Chiese sempre più vuote, partecipanti sempre più anziani. Sappiamo benissimo che ci sono anche molti fermenti di vitalità, che non sarebbe difficile elencare. Ma il quadro di fondo resta quello descritto.
Allora ? L’esperienza religiosa cristiana va, forse, verso la sua conclusione ? Qualcuno può pensarlo con vero sgomento. In realtà occorre invece dire, alto e forte, che non la comunità ecclesiale è alla sua fine ma solo una sua modalità, un suo modo di organizzarsi. Fra cento anni, forse, niente ci sarà più della nostra attuale forma istituzionale: linguaggi, usanze, pratiche e così via. Forse niente sopravvivrà a questa mutazione che peraltro è in atto da almeno cinquecento anni. Con la modernità e la postmodernità questa forma del cristianesimo europeo potrà anche scomparire. Ma non scomparirà la Chiesa. Questo è il punto. Anzi, questa è la straordinaria certezza che potrà ridare forza e vitalità a chi vorrà fare della sua vita uno spazio di Vangelo.
Voglio dire che la Chiesa non coincide con la forma istituzionale che ha voluto darsi nel corso del tempo. La Chiesa è dove si accoglie il Vangelo e si professa che Gesù è il Signore. In questa basilare verità ognuno potrà trovare il suo posto, il suo ruolo di costruttore di Chiesa. Un nuovo protagonismo si profila all’orizzonte. Così la vitalità della Chiesa non sarà più solo questione di pochi. Pochi preti, pochi vescovi, pochi laici. Sarà lì dove uno o più confessano apertamente, per dono di Dio, la loro fede nel Signore risorto. “Io ho piantato, Apollo ha irrigato, ma chi fa crescere è Dio “( ICor ). La Chiesa è opera di Dio, è Lui che la fa vivere e crescere. E’ Lui ed il suo Spirito che la seminano imprevedibilmente nei solchi della storia, a qualunque latitudine.
Le modalità di incarnare il Vangelo sono transitorie, legate ad una determinata cultura e per questo esposte al deperimento. Ma la Parola di Dio rimane in eterno.
Questo è il tempo che ci è toccato di vivere, in cui tutto è Grazia, tutto è misteriosa semina di Dio, in cui grano e zizzania crescono insieme, in cui sembra al tramonto il nostro sogno di essere discepoli innamorati del Vangelo, ma che invece sta lievitando in una nuova e non prevedibile vitalità.
L’evento conciliare, questo lungo apparente letargo post conciliare, il fresco agitarsi del ramoscello di mandorlo che ha nome Francesco, tutto, proprio tutto ci invita a pensare che le stagioni di Dio non sono le stagioni dell’uomo. E Dio continua a guardare e guidare le stagioni dell’uomo con infinito amore e pazienza.

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