Archivio per ottobre, 2014

IL DOCUMENTO SU ” LA BUONA SCUOLA” IN DISCUSSIONE AL COMUNE DI SALERNO. UN’INUTILE MANIFESTAZIONE DI FACCIATA

30 ottobre 2014

Salerno, 30 Ottobre 2014

Ambrogio IETTO

SALERNO E “ LA BUONA SCUOLA “

Leggiamo dal sito del Comune che ieri pomeriggio si è tenuto a Palazzo di Città un incontro – dibattito sul documento ‘ La buona scuola ‘ diffuso dal governo Renzi. L’iniziativa giunge dopo che associazioni professionali e gruppi organizzati hanno cercato di avviare tra personale della scuola, studenti e genitori occasioni di riflessione e, quindi, di raccolta di opinioni e proposte da partecipare successivamente, per il tramite dei predisposti canali informatici, al Ministero dell’Istruzione e dell’Università e alla stessa presidenza del Consiglio dei Ministri.
Non si comprende bene se la manifestazione sia stata voluta dal responsabile dell’ambito territoriale scolastico Pagliara per dare positivo riscontro ai desiderata della neo – dirigente dell’ufficio scolastico regionale e del responsabile dell’ufficio di gabinetto del ministro dell’istruzione oppure sia stata assunta direttamente dall’Ente Comune. In ogni caso una simile adunata strutturata su base assembleare, aperta a tutte le componenti cointeressate al miglioramento della qualità dei processi di apprendimento dei singoli allievi, non può che rispondere ad esigenze di facciata, venendo meno ad un’ intenzione ministeriale corretta che va nella logica dell’ascolto, della consultazione e della doverosa, puntuale, fedele registrazione del parere di quanti partecipano al confronto- dibattito.
Al lettore disinformato va socializzato che la riflessione personale e corale richiesta deve tener conto di quanto esposto in un testo di 126 pagine articolato in sei sezioni riferite, nell’ordine, all’assunzione di tutti i docenti ‘ di cui la scuola ha bisogno ’, alla formazione, alla carriera e alle nuove opportunità per tutti gli insegnanti, alla scuola della ‘ vera autonomia’ contraddistinta dalla valutazione del merito acquisito sul campo da docenti, dirigenti e personale Ata, dalla cultura della trasparenza e dall’eliminazione dei tanti ostacoli prodotti dalla burocrazia.
Il documento del governo, inoltre, offre altre 23 pagine per ‘ripensare ciò che si impara a scuola’, proponendo di inserire nel curricolo dell’allievo musica, storia dell’arte e sport e garantendo che, grazie ad un’ora di educazione fisica alla settimana da assicurare agli allievi frequentanti le classi dalla seconda alla quinta della scuola primaria, si eviterebbe lo stato di obesità che oggi contraddistingue un soggetto su tre tra i cinque e i 17 anni!
Ovviamente esperti del Miur e del governo dimenticano che l’inserimento dell’educazione fisica nel curricolo della scuola primaria fu disposto dal ministro Oristano nel lontano 1905 i cui programmi testualmente prescrivevano: “ la salute del corpo è condizione indispensabile non soltanto di una istruzione proficua ma anche di una disciplina morale … Infatti gli esercizi fisici hanno una notevole importanza perché concorrono con efficacia a corroborare e sviluppare l’organismo “.
Se queste ed altre attività più analiticamente richieste dalle vigenti ‘Indicazioni Nazionali 2012‘ non vengono attivate nelle nostre scuole vuol dire che sono presenti serie difficoltà o nella formazione iniziale e continua dei docenti oppure nella carenza di spazi ed ambienti idonei al movimento e all’espressività artistico – motorio – musicale.
Il comune di Salerno, purtroppo, non può presentare credenziali positive in questo campo. Sono decenni che a Salerno non si compiono interventi strutturali su edifici che accolgono bambini delle scuole dell’infanzia e primaria ed adolescenti del triennio della scuola secondaria di primo grado. Sono sotto gli occhi di tutti le precarietà degli edifici ‘Vicinanza’ e ‘ Barra’. Le scolaresche dell’ex media ‘De Filippis’ hanno trovato temporanea sistemazione in ambienti presi in fitto presso i Padri Salesiani.
Per l’edificio ‘Don Milani’ di Pastena sono in atto interventi strutturali ma soltanto a seguito dell’assegnazione di un Pon richiesto dalla stessa scuola alla Commissione che assegna i fondi europei e che vengono gestiti dalla competente direzione dell’istituzione scolastica.
L’ultima sezione del documento governativo fa riferimento alle ‘ risorse’ per la ’buona scuola’. E’ un capitolo che non andrebbe aperto per quanto riguarda il comune di Salerno più preoccupato di intraprendere e portare caparbiamente avanti opere faraoniche ma allergico a trovare reali soluzioni per rendere più accoglienti ed idonei gli spazi affidati al calpestio dei nostri allievi più piccoli.
Per quelli più grandi le carenze risultano ancora più gravi ed investono le competenze di un’amministrazione provinciale dimostratasi, ahimè, inadeguata a far fronte alle esigenze impellenti di buona parte degli edifici che accolgono gli allievi, i docenti e il personale tutto delle scuole secondarie di secondo grado.

A SALERNO IL CONVEGNO NAZIONALE ORGANIZZATO DALLA CEI SUL TEMA ” NELLA PRECARIETA’, LA SPERANZA ”

26 ottobre 2014

Salerno. 26 ottobre 2014

Ambrogio IETTO

EDUCARE ALLA SPERANZA

Oggi, presso il Grand Hotel Salerno, si concludono i lavori del Convegno Nazionale sul tema “Nella precarietà, la speranza”, voluto da ben tre commissioni operanti all’interno della Conferenza Episcopale Italiana: quelle per il laicato, per la famiglia e la vita e, infine, la commissione per i problemi sociali e il lavoro.
Il programma, particolarmente nutrito, è stato illustrato, prima dell’apertura dei lavori, venerdì scorso al Palazzo Arcivescovile di Salerno da mons. Giancarlo Maria Bregantini, vescovo di Campobasso e presidente della stessa Commissione Episcopale per il lavoro. Ieri, al centro del dibattito, l’intervento di Giuliano Poletti, ministro del lavoro e delle politiche sociali, centrato sull’esigenza di andare oltre le drammatiche cifre riguardanti il numero dei giovani disoccupati per impegnarsi responsabilmente nella ricerca di credibili soluzioni.
La scelta di Salerno e, quindi, di un territorio del Mezzogiorno particolarmente provato da un tasso di disoccupazione giovanile piuttosto grave non è casuale.
Le oggettive difficoltà che quotidianamente si consolidano sempre di più e impediscono di fatto l’avvio della tanto attesa fase della ripresa e della crescita, pur individuando nelle potenzialità cognitive e creative dei giovani delle possibili, sommerse risorse per un’effettiva uscita dall’attuale situazione di stagno, trovano da noi non trascurabili ostacoli soprattutto sul versante psicologico.
Ci sono giovani, più consapevoli del personale patrimonio di competenze acquisite nel corso degli studi di secondo grado e universitari, dotati anche di spiccata intraprendenza, i quali non hanno indugi sul da farsi, prendono la via del Nord Italia e, in non pochi casi, si dirigono anche verso quei Paesi europei che offrono effettive prospettive occupazionali.
Molti dei loro coetanei, invece, restano nei luoghi di residenza in attesa che la situazione generale migliori. Soprattutto per questi ragazzi comincia una dura, logorante esperienza di vita, contraddistinta da promesse, delusioni, tentativi di adattamento, frustrazioni che incidono pesantemente sulla propria identità diventata sempre più fragile e traballante.
Amarezza profonda, perdita del senso di autostima, umiliazione, sfiducia nelle proprie capacità, impossibilità di dare concretezza alle legittime aspettative riguardanti la realizzazione lavorativa e il personale progetto di vita, s’impossessano, così, della personalità di molti di loro.
Spesso la famiglia di appartenenza, che ha già affrontato sacrifici enormi per consentire al proprio figliolo di conseguire un titolo di studio superiore o un profilo professionale spendibile sul mercato, non è nelle condizioni di sostenerlo concretamente.
Disagio e disadattamento sociale, pertanto, si collocano dietro l’angolo della propria sofferta esperienza di vita.
Educarli alla speranza resta l’impegno primario che famiglia, chiesa locale, istituzioni pubbliche sono tenute ad assumere. Un impegno che si accompagni anche ad iniziative concrete idonee ad alimentare, nella quotidianità, il seme della fiducia verso il prossimo e nei riguardi di quanti hanno la responsabilità nella gestione della cosa pubblica.
Iniziative quali ‘ il progetto di Policoro’, collocato al centro del dibattito, possono riproporre il messaggio di una gioventù che, supportata dal dono della fede nelle proprie capacità -possibilità e dalla fiducia verso il prossimo e le istituzioni pubbliche, diventa protagonista del proprio domani e, di conseguenza, della comunità di appartenenza.
Famiglia e chiesa restano gravate di una responsabilità maggiore: quella di sostenere i nostri ragazzi nel consolidamento di un messaggio di fiducia e di speranza, indispensabile per impegnarsi al massimo delle proprie potenzialità ed assumere nella comunità un ruolo attivo, funzionale alla costruzione di un domani migliore.

AD UN MESE DALLA STRAGE CHE PRODUSSE QUATTRO GIOVANI VITTIME NEL POPOLOSO CENTRO DEL VALLO DI DIANO

22 ottobre 2014

Salerno, 22 Ottobre 2014

Ambrogio IETTO

QUELLE FIRME DI SASSANO

Di certo non è semplice la decisione che la Procura della Repubblica di Lagonegro dovrà assumere nel momento in cui le condizioni di salute di Gianni Paciello, il protagonista della tragedia di Sassano che lo scorso 28 settembre determinò quattro giovani vittime, consentiranno le sue dimissioni dall’ospedale di Salerno e la conseguente esecuzione del provvedimento di detenzione agli arresti domiciliari.
L’autorità giudiziaria ormai è in possesso di una serie di elementi che contribuiscono inequivocabilmente ad individuare nel ventiduenne di Sassano il soggetto che deve rispondere dell’immane strage prodotta. Essa, però, non può non valutare con la consueta serenità l’istanza che arriva da centinaia di cittadini, residenti nell’operoso centro del Vallo di Diano, finalizzata ad evitare che Paciello torni a casa.
Secondo i firmatari della richiesta si tratterebbe di un atto di giustizia e non di vendetta. Analoga difficoltà vive chi, come chi scrive, osa entrare nel merito della delicatissima questione: da una parte c’è una comunità assolutamente indisponibile a concedere comprensione nei riguardi di un giovane che amava ostentare, con la sua BMW 520 nera, una particolare bravura nel governare il bolide lanciato in programmate giravolte nel centro urbano di Silla, dall’altra c’è una famiglia, in passato piuttosto concessiva e tollerante verso l’irrazionale protagonismo del figlio Gianni, vittima anch’essa di un folle fratricidio sia pure commesso senza intenzione per il tramite di un incontrollato e potente mezzo meccanico.
Già lo svolgimento dei funerali delle quattro vittime in differenti orari confermò la presenza, tra i congiunti dei giovani, di irrefrenabili, comprensibili dinamiche emotivo – relazionali contrastanti.
La petizione, se presa in considerazione dalla Procura della Repubblica di Lagonegro, scaverà in via definitiva un solco di per sé già incolmabile tra le famiglie segnate dalla perdita dei tre giovani e l’altra considerata di fatto corresponsabile dell’evento luttuoso anche se destinataria a sua volta della fine egualmente tragica di un ragazzo quindicenne e di un marchio, sostanzialmente ignominioso e disonorevole, impresso dal folle protagonismo dell’altro figlio.
Purtroppo la vicenda tristissima, che ha vergato una dolorosa pagina di sofferenza comunitaria in un’area territoriale della provincia particolarmente omogenea per convergenze socio – culturali, non sarà dimenticata.
Transiterà nel tempo almeno per qualche generazione; potrà essere percepita gradualmente in misura sempre più contenuta soltanto grazie ad un impegno corale della comunità, alimentata dal fervore rappacificante e dalla testimonianza significativa di quanti, nelle istituzioni e fuori di esse, prenderanno consapevolezza di essere chiamati a porsi, con grande umiltà e profondo rispetto dell’altrui dolore, come saldi punti di riferimento per un lento ma non impossibile processo di ravvicinamento e di conciliazione.

NON FANNO TESTO SPRECHI E RUBERIE DI OGNI GENERE

20 ottobre 2014

Salerno. 20 ottobre 2014

Ambrogio IETTO

IL RICATTO DELLE REGIONI

Produce soltanto nausea questo gioco al rimpiattino tra governo centrale e regioni e tra queste ultime e gli altri enti pubblici territoriali. A seguito dell’ultima impostazione della legge di stabilità è stato sufficiente chiedere alle regioni un ulteriore contenimento della spesa di 4 miliardi di euro per assistere alle lamentazioni diffuse ed ipocrite da parte dei cosiddetti ‘ governatori’. E come il bambino che chiede più nutella o un giocattolo tecnologicamente sofisticato in caso contrario non svolgerà i compiti assegnatagli dall’insegnante o, peggio, non andrà l’indomani a scuola, così quasi tutti i responsabili regionali minacciano la chiusura di ospedali e l’annullamento, nel piano della logistica territoriale, di linee o di corse di bus addetti al trasporto pubblico.
Come è bello amministrare con una dovizia di risorse a disposizione!
Non si ascolta una sola voce che sottolinei il fatto che la coperta è diventata troppo stretta e che, quindi, tirarla da una parte significa lasciare scoperta l’altra metà del letto.
La provocazione che indispone in misura maggiore è proprio quella riguardante i comparti della sanità e del trasporto. Si fa del tutto per evitare di entrare nel merito della conduzione della propria istituzione.
Non ha senso per questi signori comparare ad esempio Lombardia e Sicilia: la prima, abitata da quasi dieci milioni di cittadini e la seconda con poco più della metà ( 5.090.639 ) con l’aggiunta che in terra lombarda operano 3.321 dipendenti ( 0,3 per ogni 1000 abitanti ) mentre nell’isola si raggiunge la significativa cifra di 19.165 dipendenti con un rapporto di quasi 4 unità per ogni mille abitanti.
In Campania di dipendenti se ne contano 7.501 contro i 3.195 del Piemonte ( rapporto 1,3 da noi e 0,7 a Torino e dintorni ).
Le argomentazioni sulla sanità anche in Campania non reggono se si quantificano in 2.080 unità i dirigenti medici solo in provincia di Salerno con stipendi che tra indennità varie, generosamente giustificate dal direttore generale Squillante, si distribuiscono in alcuni casi anche retribuzioni da 300.000 euro all’anno. Entrare nel merito dei compensi degli amministratori pubblici significa compiere, secondo taluni di essi, delle vere e proprie scorrettezze.
Gli stessi componenti della giunta comunale di Salerno viaggiano, al lordo, intorno ai 50.000 euro all’anno. Un po’ troppo in considerazione del fatto che, di norma, dovrebbero essere titolari di reddito proprio e che l’incarico dovrebbe avere una ricaduta prevalentemente onorifica.
Per il trasporto pubblico ne sentiremo e ne leggeremo delle belle nei prossimi mesi con una situazione già molto difficile per il Consorzio salernitano.
Anche in questo caso è possibile, però, razionalizzare meglio i servizi.
Offrire nelle medesime fasce orarie più opzioni per recarsi a Napoli tra Ferrovie dello Stato, Sita ed imprese private è un po’ troppo.
Così chi pratica il Campus universitario di Fisciano ha modo di poter osservare, nella fase di avvio o di chiusura delle attività didattiche, la presenza soltanto di qualche utente su molti pullman di linee private. Che la crisi si avverta è un dato oggettivo.
Ma che molti amministratori hanno l’hobby di fare del contenimento dei servizi l’arma del ricatto costituisce chiara manifestazione di irresponsabilità istituzionale e di comoda demagogia.

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