A MARGINE DELLA TRAGEDIA VERIFICATASI AL CAMPUS DELL’UNIVERSITA’ DI SALERNO
Salerno, 26 Novembre 2014
Ambrogio IETTO
Per Francesca Bilotti
Ieri 25 novembre è stata celebrata in tutto il mondo la quindicesima ‘ Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne’ voluta nel 1999 dall’Organizzazione delle Nazioni Unite. Ed ieri pomeriggio, nella chiesa dell’Annunziata a Giffoni Valle Piana, suo paese natale, si sono svolti i funerali di Francesca Bilotti violentata inconsapevolmente dalle ruote di un bus della Sita al Terminal del Campus della nostra Università.
Con lei risulta violentata anche la psiche del non più giovane conducente del pullman che, a pochi mesi dal raggiungimento della pensione, è lacerato da inenarrabili tensioni derivanti dalla vicenda più tragica della sua vita di lavoratore onesto e responsabile.
Tutti abbiamo appreso che Francesca, studentessa in Lingue e Culture Straniere, stava raggiungendo l’aula dove avrebbe partecipato, come ogni lunedì, alla lezione di una disciplina inserita nel suo piano di studio e la cui frequenza veniva considerata da lei preziosa per l’acquisizione di competenze considerate essenziali per aprirsi ad altre identità culturali e a nuovi codici linguistici.
Il non voluto sacrificio della sua giovane vita ha richiamato alla mente di chi scrive storie quotidiane di settant’anni fa, quando al centro dell’attuale piazza Europa di Bellizzi, snodo stradale da cui si dipartono tuttora le vie che conducono verso Picciola e Spineta, avveniva lo smistamento di centinaia di donne- operaie che avrebbero animato nel corso della giornata i campi delle contrade rurali di Corvinia, Rapaciceri, Fabbrica Nuova, Olmo, Valsecchi, Serroni.
Uno dei personaggi, comunemente denominati all’epoca ‘ caporali’ , identificabile col medesimo cognome della povera Francesca, molto diffuso nel giffonese e nei Picentini, lasciava scendere dal suo camion un numero di donne corrispondente alla richiesta avanzata dal conduttore o dall’affittuario della masseria. Sarebbero rimaste a seminare o a raccogliere, dall’alba al tramonto, pomodori oppure foglie di tabacco, materie prime per gli opifici della Piana del Sele le cui attività si distinguevano proprio per la trasformazione dei prodotti ricavati dalla pratica agricola.
Molto spesso l’uomo caposquadra – sorvegliante interveniva con modi quasi sempre poco urbani a sollecitarle ad un impegno più solerte e redditizio per il padrone.
Si trattava di una violenza silente, ma logorante e non priva di umiliazione.
Francesca Bilotti aveva scelto, con la serietà del suo quotidiano impegno di studio, di avvicinarsi ad altre culture e ad altri linguaggi per ampliare l’orizzonte del suo sapere e, tenendo anche conto del suo personale coinvolgimento nelle attività collaterali del Giffoni Film Festival, fare della tutela della dignità della donna di ogni contrada e di ogni Paese, la sua scelta di vita.
Non aveva fatto i conti con le ruote assassine di un bus.