Archivio per dicembre, 2014

TENTATIVO DI ACCERCCHIAMENTO E DI CONSEGUENTE ROTTAMAZIONE A DANNO DI DE LUCA SINDACO DI SALERNO

18 dicembre 2014

Salerno, 18 Dicembre 2014

Ambrogio Ietto

UN INTERVENTO PRO DE LUCA

‘Riflettendo sulla cronaca’, ‘Opinioni in libertà’ e ‘Pensare e scrivere in libertà’ sono i titoli di tre miei libri che, pubblicati dal 2001 al 2009, ripropongono non meno di 100 articoli, pubblicati su quotidiani locali e regionali, contenenti severi giudizi critici sull’operato dell’uomo politico e sindaco di Salerno Vincenzo De Luca. Provocati da fatti di cronaca e da interventi pubblici del primo cittadino essi hanno sempre evidenziato la mancata condivisione di un metodo di conduzione della cosa pubblica all’insegna del personalismo più marcato e di un modo, assolutamente non condivisibile, di implementare i concetti teorizzati di libertà e di democrazia. Questa posizione è stata da me confermata sempre nelle decine e decine di contributi redatti negli ultimi tempi e pubblicati su ‘Cronache’.
Quest’oggi, invece, avverto l’esigenza di lanciare una lancia a favore di De Luca, tenendo conto soprattutto di quanto sta accadendo all’interno di quell’accozzaglia di posizioni e di interessi contrastanti con la quale può identificarsi il cosiddetto partito democratico. Si legge che è in atto una manovra non segreta per far saltare le primarie già messe in calendario per il prossimo 11 gennaio 2015. Il tutto ruoterebbe intorno al duplice disegno di sfiduciare il segretario regionale Assunta Tartaglione e di imporre dall’alto la candidatura alla presidenza della giunta regionale dell’ex amico di Vendola Gennaro Migliore.
Questa operazione potrebbe avere una sua logica: quella di accogliere nel ‘migliore’ dei modi l’arrivo all’interno del PD del cittadino di Casoria che, grazie ai suoi trascorsi all’interno della Sinistra storica italiana (‘ Rifondazione Comunista’, ‘Partito della Sinistra Europea’ , poi ‘Sinistra, Ecologia e Libertà’ e, da poco, ‘Diritti – Socialisti europei’), testimonierebbe l’intenzione di Renzi e della sua chiacchierata portavoce campana Pina Picierno, di accontentare i frustrati Civati, Cuperlo, Bersani, Fassina, D’Alema e l’oriundo salernitano D’Attorre il quale, in verità, non ha mai amato l’originario suo sponsor De Luca.
Le stesse notizie provenienti dal casertano a sostegno di Cozzolino e i movimenti in atto nel salernitano a favore dell’eutoparlamentare lasciano immaginare una campagna elettorale per niente tranquilla nel caso in cui dovessero effettuarsi le famose primarie. Lo stesso risentimento di ‘Area Popolare’, sintesi politica di Nuovo Centrodestra e Unione di Centro, in merito a presunte pretese di Nicola Landolfi, di fatto portavoce di De Luca, evidenziano una condizione di sostanziale sofferenza per il sindaco di Salerno.
L’intervento di chi scrive, pertanto, è stranamente a suo sostegno con la certezza che, comunque vadano queste misere vicende propedeutiche alle elezioni regionali, egli scenderà in campo anche contro il demonio pur di non dare per scontata la sua sconfitta all’interno del PD.
La sua presenza nella tenzone con liste personali non potrà che fare il gioco di Caldoro ma dimostrerà, comunque, che il nemico da sconfiggere è proprio lui.
Un metodo di rottamazione sicuramente innovativo per il PD ma espressivo, comunque, anche della sua effettiva inconsistenza progettuale e politica.

DON GIULIO CIRIGNANO: Non si scherza con lo Spirito, non si gioca con lui al comodo criterio di ” nulla di nuovo sotto il sole” e del “si è sempre fatto così”!

14 dicembre 2014

Terza Domenica di Avvento
Don Giulio Cirignano – biblista
NOVITA’ o CONTINUITA’
Abbiamo già toccato il tema della novità in relazione alla figura di Papa Francesco parlando del suo discorso a Strasburgo e della sua visita in Turchia. Può essere opportuno oltre che utile riprendere l’argomento per approfondirlo. Riguardo a Papa Francesco, osservavo, non può sfuggire un atteggiamento alquanto pericoloso anche se,per la verità, non molto diffuso. Tuttavia da prendere in considerazione perché pare si alimenti all’alto tasso di clericalismo che ancora imprigiona la comunità ecclesiale, in particolare quella italiana, impedendole di aprirsi ai doni dello Spirito.
A cosa intendevo riferirmi? All’ostinata volontà, sia in basso che in alto, di non prendere atto che con il pontificato di Papa Bergoglio si è chiusa una stagione. Quale?
La risposta a questa domanda aiuta a comprendere con sufficiente chiarezza sia l’atteggiamento, per me incomprensibile. che si continua a registrare in alcuni laici, sacerdoti vescovi e cardinali, sia il carattere di novità che la comunità ecclesiale sta vivendo. Dobbiamo dire in premessa che questo discorso non comporta una valutazione sui predecessori di Papa Francesco né su i successori. Ognuno di essi è portatore di qualità e limiti, che solo il Signore è in grado di vedere, come è di ogni essere umano.
Dunque, quale stagione, con l’avvento di Papa Francesco, si è chiusa? In termini cronologici possiamo indicarla come la stagione postconciliare, insomma gli ultimi cinquanta anni. Stagione per molti versi caratterizzata anche da aspetti positivi, ma che proprio l’evento conciliare ci obbliga a vedere anche nelle sue incompiutezze. Nessuno deve meravigliarsi troppo di ciò: i tempi di Dio non sono i tempi dell’uomo e, pertanto, nella sua volontà, oltre che nei nostri limiti, sono racchiusi i ritmi del nostro camminare.
Possiamo, per semplicità, definire questi anni postconciliari come un periodo di percorsi interrotti. Solo se si ha lucida coscienza di ciò possiamo apprezzare la novità che lo Spirito ha predisposto per la sua Chiesa. Non farlo significa esporsi ad una vera e propria situazione di peccato contro lo Spirito..
Quali, allora, i più importanti percorsi interrotti?
Inizierei da quello stupendamente riassunto nel decreto conciliare ‘ Dei Verbum’. La Parola di Dio, dopo secoli di emarginazione a causa delle polemiche con la Riforma fu rimessa dall’evento conciliare al centro della vita cristiana, della sua teologia, della sua liturgia. Fu il punto di arrivo di un tormentato e glorioso percorso durato più di cento anni. Ma finalmente una autostrada era stata riaperta per andare al cuore della proposta cristiana. Ma quello fu solo un punto di arrivo. Da lì doveva continuare il cammino di immersione nella contemplazione della Parola.
Qualcosa è stato fatto, certamente, e non può essere ignorato. Sono nati gruppi biblici, frutto di un intenso apostolato biblico condiviso da laici e sacerdoti, si è tentata una nuova formazione cristiana incentrata sulla Parola. Tutto ciò deve essere rivendicato con forza. Tuttavia dobbiamo riconoscere che è stato un cammino di una larga minoranza. Dopo pochi anni è spuntato il Catechismo della Chiesa Cattolica. Forse strumento utile, anche se bisognoso di una accorta mediazione. Ma in ogni caso una scorciatoia rispetto alla autostrada. Una scorciatoia umana, con tutti i limiti di un’opera fatta dall’uomo e quindi facilmente minacciata dallo scorrere del tempo. Mentre la Paola di Dio rimane in eterno.
Nel popolo cristiano allora, soprattutto nell’area italiana, permangono ancora più o meno sottili strati di fondamentalismo in relazione anche ad aspetti importanti della fede. Chi ha pratica pastorale conosce bene questo infantilismo biblico per il quale nulla o quasi si sa circa i generi letterari e sul delicato rapporto tra fede e storia. Ancora, tanto per fare un esempio, si continua a leggere il libro della Genesi come un libro di cronaca, pochissimo si conosce dalla maggior parte del popolo di Dio delle vicende inerenti la Prima Alleanza, i Vangeli vengono ancora accostati come racconti di cronaca e non come testi pieni di senso teologico pur radicato saldamente nella storia. Le lettere di Paolo, che sono il documento più fresco delle origini cristiane, il più rivelativo dell’evento Cristo, sono un patrimonio pressoché sconosciuto da gran parte delle persone che ancora frequentano la vita della comunità cristiana. L’elenco potrebbe continuare.
A tale riguardo, l’intensa lezione sull’omelia contenuta nel capitolo terzo della Evangelii Gaudium non dovrebbe essere riconosciuta come una prospettiva di novità per coltivare con attenzione una delle ultime risorse che abbiamo a disposizione e provocare percorsi di studio in tutte le diocesi?
Un secondo prezioso percorso interrotto è quello che aveva trovato inizio con la Lumen Gentium. Si ridisegnava non solo una nuova immagine teologica di Chiesa ma anche una preziosa geografia interna nella affermazione della pari dignità di tutti i battezzati, nel riconoscimento della importanza del laicato, nella riaffermazione della bellezza del sacerdozio comune, nel ricollocare perfino la devozione a Maria in un quadro più equilibrato, teologicamente parlando. Ma anche in questo caso occorre parlare di punto di arrivo e nello stesso tempo di partenza. Sogno stupendo di Chiesa!
Che cosa invece dobbiamo registrare? Oltre al riemergere impetuoso di devozioni ( che in sé esse sono cosa buona se tenute con sobrietà altrimenti rischiano di configurarsi come una religione parallela, facile perché in linea con le paure ed i bisogni dell’uomo), l’incentivarsi di un clericalismo ed un maschilismo non più sopportabili.
Ma riusciremo mai a seguire la semplicità di Papa Francesco, il suo sogno do una Chiesa fraterna, libera da tutta quella inguardabile serie di orpelli che ne fanno una galassia ridicola di piccole, inutili monarchie? Papa Francesco non porta con sé nulla di nuovo? Solo chi ha vissuto questi anni senza aspettare l’alba non è in grado di rendersene conto.
C’è poi da considerare la preziosa riforma liturgica, preparata anch’essa da un cammino di oltre cento anni: cosa ne abbiamo fatto in questi decenni, anni che avrebbero dovuto essere vissuti all’insegna di un coinvolgimento sempre più profondo del popolo di Dio?
Quante incertezze, quante inutili nostalgie, quanti freni! Eppure dovevamo far crescere la nostra gente nella gioia di sentirsi parte attiva e non semplici spettatori domenicali del grande mistero eucaristico. Siamo riusciti a rendere i nostri cristiani interlocutori convinti della Parola? Siamo riusciti a renderli appassionati cultori della loro vocazione regale, sacerdotale e profetica? Poco, dobbiamo dire. Poco abbiamo fatto per fare dell’appuntamento domenicale la festa della vita, l’occasione per scoprire la bellezza del cammino cristiano. Il gaudio evangelico non ha abitato nelle nostre comunità, spesso massacrate da un moralismo senza cuore, da una ossessiva ripetizione di dogmatismi senza anima. Nulla di nuovo dunque con Papa Francesco?
Per completare l’elenco dei percorsi interrotti più significativi, che dire di quella maniera nuova di stabilire i rapporti ad extra da parte della comunità cristiana consegnata nella gloriosa quanto dimenticata Gaudium et spes ? Questo, forse è l’ambito più amorevolmente toccato da Papa Francesco. Nella sua esortazione sul gaudio evangelico come pure nei richiami più feriali vi sono una quantità grande di affermazioni belle e nello stesso tempo coraggiose. Affezionati cultori della continuità andate a rileggere il capitolo secondo sulla trasformazione missionaria della Chiesa, i paragrafi sulla Chiesa in uscita, sulla pastorale in conversione, leggete con amore il capitolo secondo e il discorso sulle sfide del mondo attuale e le tentazioni degli operatori pastorali, i paragrafi sulla mondanità spirituale, il paragrafo sulla conversione del Papato, sul modo di pensare il ministero ordinato.
Leggete con attenzione e forse l’idea di novità comincerà a spuntare nella vostra mente. Meditate, amici del comodo assestamento della continuità lo strepitoso capitolo quarto con il discorso circa la inclusione sociale dei poveri e quello sul bene comune e la pace sociale. Sì, è vero, della pace se ne è parlato spesso.
Non è un tema particolare di Papa Francesco. Ma quanto era che non si sentiva parlare dei poveri e soprattutto in quel modo? Non si scherza con lo Spirito, non si gioca con lui al comodo criterio di “nulla di nuovo sotto il sole” e del “si è sempre fatto così”. A questo punto dobbiamo aggiungere chela novità di Papa Francesco non si misura solo a partire dai percorsi interrotti, ma più in generale dalle sue scelte, quelle più piccole come quelle più coraggiose. Cultori della continuità avete dimenticato, per caso, quel gesto semplice e magnifico con il patriarca Atenagora che ha polverizzato quindici secoli di mancanza di dialogo?
E’ assai facile lasciarsi prendere dall’entusiasmo e dall’emozione. E’ bene, anche in questo caso restare sobri. Ma non dobbiamo dimenticare un elemento di grande valore: le parole ed i gesti che ci entusiasmano, in primo luogo sono per noi non un motivo di vanto bensì un pressante motivo di impegno. Diciamolo con forza: nel nostro consapevole entusiasmo siamo lontani mille miglia dal vecchio vizio cattolico della papalatria, per grazia di Dio.

LE LUCI D’ARTISTA ORMAI COSTITUISCONO PER SALERNO UN EVENTO DA CONFERMARE E CONSOLIDARE. SI TRATTA, PERO’, DI DARE UNA CORRETTA APPLICAZIONE ALL’IDEA DI LUCI REALIZZATE DAVVERO DA ARTISTI E AD UN TURISMO DAL RESPIRO NAZIONALE

14 dicembre 2014

Salerno, 14 Dicembre 2014

Ambrogio IETTO

SULLE LUCI D’ARTISTA

Cosa fatta, capo ha. E’ accaduto con la metropolitana. Accade ora con le cosiddette luci d’artista. A De Luca, persona innamorata della sua stessa identità, preoccupata primariamente di lasciare ai posteri simboli e testimonianze della sua presenza nella storia politica e civile della città di cui rimane il deus ex machina per antonomasia, va dato atto di essere stato l’ideatore-coniatore di questi due eventi che, però, hanno manifestato limiti evidenti nel momento stesso in cui si concretizzavano.
Nel lanciare l’idea della metropolitana, infatti, il primo cittadino pensò ad una linea ferroviaria breve, parallela a quella che si sviluppa fino a Sapri – Reggio Calabria. Egli non si soffermò nemmeno per un attimo sull’ipotesi di un percorso prevalentemente sotterraneo da estendere alle autonomie municipali contigue. Soprattutto De Luca non prese deliberatamente in considerazione che una simile opera avrebbe presupposto il coinvolgimento diretto di una serie di altri soggetti istituzionali: governo e ministero dei trasporti, regione, provincia, comuni contigui, Ferrovie dello Stato, ministeri dell’ambiente e dei beni culturali, Università degli Studi.
Quanto è accaduto dopo è nella memoria dei nostri concittadini. E’ prevalsa, così, e continuerà a prevalere, soprattutto in occasione delle inevitabili disfunzioni, la logica dello scaricabarile. Più o meno anche per le luci d’artista è risultata vincente la scelta del far tutto da sé, eludendo a priori l’elementare principio di dar vita ad un progetto integrato, capace di mettere insieme, in primo luogo, i diversi comparti in cui si articola la stessa macchina comunale e i molteplici interlocutori idonei ad assumere un ruolo di partnership.
Ma cosa fatta, capo ha.
Ora le luci d’artista si accendono ed è fuor di dubbio che verranno riproposte negli anni futuri con o senza De Luca sindaco. E’ doveroso, pertanto, tentare di migliorarle, andando ben oltre i WC igienici, i contenitori dei rifiuti, le aree di parcheggio, le navette e cose simili.
Occorre, in primo luogo, educarsi ad utilizzare i vocaboli giusti. Le migliaia di persone che affluiscono a Salerno non possono essere denominate ‘turisti’. Esse, nel migliore dei casi, si collocano nella categoria dei temporanei visitatori o passeggiatori che decidono di ‘allungarsi’ a Salerno dalle aree territoriali più prossime per ‘vedere le luci ‘ e, se del caso, ‘mangiare una pizza o del pesce fresco’. La loro permanenza in città, superando tutti gli inconvenienti di cui si parla e si scrive, è limitata alla serata mentre il viaggio di andata e di ritorno è effettuato con la propria auto.
Al di là del traffico bloccato e della passeggiata effettuata tra spinte ed urti involontari scambiati con altri pedoni, rimane il ricordo delle luci accese, licenziate, se si escludono in parte i motivi luminosi ed estetici osservati in villa comunale, con le ordinarie luminarie, vale a dire con gli addobbi luminosi che rendono più attrattiva la festa patronale che viene riproposta annualmente nel paese di provenienza.
Ad avviso di chi scrive il problema di base da affrontare e risolvere sta proprio nel dare significato all’espressione ‘ luci d’artista’.
Ebbene esse debbono essere e risultare inedite, da realizzare a seguito di concorso a tema bandito tra artisti e aziende del settore concorrenti. Più che a maghi e a fate l’attenzione andrebbe rivolta ad aspetti propri del paesaggio, degli eventi, della storia, dei costumi, delle tradizioni, dei canti, dei suoni, dei personaggi significativi, dei riti, della produzione letteraria ed artistica attinenti al contesto territoriale del salernitano e campano in senso lato.
Ovviamente un articolato protocollo dovrebbe regolare il rapporto tra l’ente, gli artisti, i produttori, i futuri fruitori del materiale luminoso realizzato.
L’evento ‘ luci d’artista’ potrebbe caratterizzarsi così, con gli indispensabili accorgimenti, come l’accadimento sul quale far ruotare la parte centrale della stagione invernale senza escludere intelligenti correlazioni da costruire e realizzare nella stagione estiva anche in collaborazione con altri enti autarchici più direttamente interessati. Il concetto di turismo potrebbe assumere, così, il giusto valore, consentendo di identificare con esso l’insieme delle attività e dei servizi a carattere polivalente che si riferiscono al trasferimento temporaneo di persone dalle località di abituale residenza ad altra località per fini di svago, di riposo, di cultura, di curiosità.
Il collegamento ferroviario con le ‘ Frecce rosse’ e coi convogli di ‘ Italo’ rende Salerno prossima a Milano (poco più di 5 ore la durata del viaggio ) e, così, a scendere con Bologna, Firenze, Roma.
La predisposizione di speciali ‘ pacchetti’ turistici studiati per includere anche visite guidate al patrimonio storico, architettonico, paesaggistico, archeologico, religioso disponibile a Salerno e nel circondario consentirebbe alla città, con le sue ‘luci d’artista’, di porsi come centro urbano davvero attrattivo, degno di essere declamato, finalmente senza la strumentale enfatizzazione da parte del sindaco , davvero città mediterranea, europea e, perché no, anche romantica.

L’ORIGINALE TESI DI UN CERTO FARAONE SOTTOSEGRETARIO ALL’ISTRUZIONE PUBBLICA E PARITARIA: L’OCCUPAZIONE DEGLI EDIFICI SCOLASTICI CONSENTE ANCHE A RAGAZZE E A RAGAZZI DI ‘ CONSUMARE AMORI’ DENTRO I ‘SACCHI A PELO’

6 dicembre 2014

LETTERA APERTA AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO RENZI

Ambrogio Ietto
Medaglia d’Oro ai Benemeriti
della Scuola, della Cultura e
dell’Arte (DPR del 2.6.1983)
ambrogio.ietto@gmail.com
335/6787446 Salerno, 6 dicembre 2014

Dr. Matteo Renzi
Presidente del Consiglio dei Ministri
ROMA
presidente@pec.governo.it
Onorevole Presidente,
la disturbo per una questione particolarmente delicata, qual è l’occupazione degli istituti scolastici da parte di gruppi di studenti del secondo ciclo di istruzione, ora al centro dell’attenzione generale anche a causa della lettera inviata al quotidiano ‘ La Stampa’ dall’onorevole Davide Faraone, da pochi giorni elevato dalla S. V. alla dignità di Sottosegretario di Stato alla Pubblica Istruzione, all’Università e alla Ricerca.
L’iniziativa unidirezionale del parlamentare ed uomo di governo è stata dallo stesso confermata con un successivo, secondo intervento in cui egli riafferma che ‘ sulle occupazioni’ non torna indietro e che le stesse ‘servono a crescere’.
Sconcerta davvero la tesi enfatizzata dal Faraone, di per sé non solo molto discutibile ma decisamente infelice per un dichiarato servitore dello Stato. Egli afferma che ‘ non basta il suono di una campanella per fermare l’energia che si crea, cresce e muove in una scuola per poi contagiare il mondo fuori ‘. Al di là di ogni metafora il dotto uomo di governo è convinto cha l’odierna comunità scolastica, all’interno dell’istituzione educativa frequentata, risenta di una condizione di vita coatta, forzatamente condizionata da un’impostazione pedagogico – didattica direttiva, mortificatrice del potenziale di creatività e di pensiero divergente di cui sono portatori autentici i ragazzi ed i giovani di oggi.
Di conseguenza, sempre secondo il politico, questo clima impedirebbe di fatto l’azione di contagio che ideali, fermenti, valori emotivo – cultural – relazionali giovanili discussi ed alimentati a scuola dovrebbero o potrebbero determinare nella realtà circostante. Ecco perché l’occupazione dell’edificio scolastico frequentato dalla scolaresca andrebbe ‘istituzionalizzata’ in quanto esperienza pedagogica determinante per alimentare ‘ la voglia di far politica’ e la ‘ passione civile’ e tanto preziosa da consentire agli studenti l’acquisizione di un patrimonio di competenze e di modi di essere sufficiente addirittura per ricoprire in futuro il ruolo di ‘ leader in un’azienda’.
Il Faraone, continuando nella sua farneticante elaborazione, manifesta nostalgia per queste esperienze giovanili che avevano anche il merito di far ‘consumare amori ‘ dentro i ‘ sacchi a pelo ‘ a tante ragazze e a tanti ragazzi molti dei quali, grazie proprio a quelle esplorazioni erotiche, ‘hanno trovato la propria anima gemella’.
Egregio Presidente,
sono certo che anche lei sia rimasto psicologicamente disturbato da considerazioni di questo tipo che tendono a ricondurre l’Italia ad una stagione che ha segnato irreversibilmente il calo pauroso dell’identità culturale del cittadino medio.
Faraone è nato nel 1975 ed è stato concepito, così si legge sul suo blog alla voce ‘info’, dal papà ‘ dirigente della Cgil siciliana’ che ‘ sin da piccolo lo portava con sé alle riunioni sindacali’. ‘Vivendo quell’ambiente’ ( è sempre il diretto interessato che costruisce la narrazione ) egli ‘ è venuto a contatto con i problemi del mondo del lavoro ’. Senza rendersene conto il narratore conferma che ad incidere in modo significativo sulla costruzione dell’identità della persona sono fattori endogeni e fattori esogeni. Egli, evidentemente, fu concepito in un momento di ebbrezza erotico – sindacale vissuto intensamente dai suoi genitori e, in seguito, nel corso dell’infanzia, della fanciullezza e della gioventù, non fece altro che ascoltare ed assimilare, dentro e fuori casa, informazioni e relative considerazioni espresse nel particolare vocabolario sindacalese che ha intelligentemente riproposto tra cittadini diseredati della sua Palermo, ricavandone poi, in sede di consenso elettorale, consistenti vantaggi strumentalmente utilizzati nelle sedi istituzionali e all’interno del partito.
Una volta approdato a viale Trastevere il sottosegretario Faraone ritiene opportuno trasformare la cosiddetta sede della Minerva in un arrugginito laboratorio di idee imbevute di una puerile demagogia mirante ad ottenere il consenso di una parte della realtà studentesca, facendo mostra di condividerne malumori e rivendicazioni.
Contingenze particolari, prodotte dall’esigenza primaria di assicurare il necessario equilibrio interno ai partiti e ai governi, consolidano da tempo il convincimento di assegnare responsabilità riguardanti il comparto dell’istruzione pubblica e paritaria a soggetti giudicati fastidiosi, seccatori, privi di competenze specifiche, tuttologi di professione. Purtroppo le risorse aspiranti ad un ‘ posto al sole’ da tenere necessariamente in considerazione quasi sempre risultano portatrici di vuoto culturale e di pressappochismo.
Si sa che questa non è più la stagione dei Gentile, dei Croce, dei Lombardo Radice, degli Spadolini, dei Valitutti, dei De Mauro. Ma, di grazia, non è nemmeno il tempo di un Faraone qualsiasi. Di ‘maestri’ di questo tipo la scuola italiana non ha proprio bisogno.
La tanto vituperata Democrazia Cristiana ebbe almeno rispetto degli operatori del settore ed assegnò a quel dicastero le sue migliori risorse: da Gonnella a Segni, da Ermini a Moro, da Gui a Sullo, da Scalfaro a Malfatti, da Franca Falcucci a Maria Badaloni.
Il progetto suo e del suo governo sulla ‘ buona scuola’, per essere validamente sostenuto e, quindi, realizzato, necessita, in primo luogo, di testimoni significativi e credibili.
Si impegni anche a tal fine.
Con ossequi,

Ambrogio Ietto

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