Archivio per febbraio, 2015

LA POLITICA SUICIDA DELL’AREA MODERATA DEL PAESE

15 febbraio 2015

Salerno, 14 Febbraio 2015

Ambrogio IETTO
POVERO CENTRODESTRA

Mancavano dieci minuti alle ore 13 della giornata di ieri quando Vincenzo De Luca, a seguito della ‘ presa d’atto’ da parte del Consiglio comunale, è stato dichiarato ufficialmente decaduto.
Con la decadenza non cessa, ovviamente, l’incalzante presenza dell’ex sindaco nella vita politica e socio – economica della città. Anzi essa tende a dilatarsi entro gli ampi confini che vanno dal Garigliano a Sapri lungo la costa e alle delimitazioni geografiche dell’hinterland col Molise, con la Puglia e con la Basilicata.
Il suo obiettivo caparbiamente resta la conquista di Palazzo Santa Lucia con o senza primarie. Questo disegno finora è andato incontro a non pochi ostacoli ma la determinazione e la caparbietà, valori aggiunti per De Luca, continuano ad offrire al protagonista ulteriore carburante per andare avanti e ricercare, eventualmente, anche strade alternative a quella che imboccherà il partito democratico cui, di tanto in tanto, viene confermata dal protagonista, a mo’ di terapia di mantenimento, la personale appartenenza. Tra le ultime difficoltà s’inserisce l’ipotesi Quagliariello che il centrodestra di Alfano propone a Renzi come possibile candidato alla presidenza della regione della Campania quale operazione di scambio per la conferma del sostegno al governo nazionale e di una testimonianza di fedeltà al partito democratico in tutte le realtà regionali in cui prossimamente si rinnovano i rispettivi governi.
Al partito democratico questa proposta non produce scandalo: innanzitutto per le qualità culturali e politiche dell’oriundo salernitano, erede di una storica famiglia di stampo liberale e di referenziati cattedratici. Poi si considera attentamente la ricaduta sul piano politico: attualmente la Campania è l’unica regione d’Italia governata dal centrodestra nella persona del presidente Caldoro. Togliere anche questa regione alle rappresentanze moderate del Paese, per Renzi significa fare un bel colpo, mortificando ancora una volta Berlusconi e i pochi big che gli sono rimasti fedeli.
La soluzione Quagliariello, ovviamente, risolverebbe anche il problema congiunto De Luca, Cozzolino, Migliore e compagni. Il nostro ragionamento, ovviamente, non va oltre perché non sarebbe prevedibile, a questo punto, la reazione di De Luca.
Ci sono poi le elezioni per il comune di Salerno. A maggio prossimo o nel 2016. Anche per questo evento la posizione dell’intera area moderata permane sguarnita, priva dell’indispensabile per affrontare in modo diverso dal passato un’importante tenzone elettorale: le manca, innanzitutto, un leader significativo. Cirielli, Carfagna hanno fatto del loro meglio per ridimensionare ed affumicare le rispettive identità.
Ci sono poi tre – quattro consiglieri comunali tra loro divisi anche come casacca indossata: Forza Italia, Fratelli d’Italia, Arechi, forse Centrodestra.
Soprattutto manca un’idea di città, un progetto di massima che offra agli elettori ipotesi alternative a quelle di De Luca centrate su una cementificazione sproporzionata, non giustificata da un evidente calo demografico, e su un’utopistica accentuazione di opere di ipotetica spinta attrattiva e sull’abbandono di fatto di strutture la cui prima pietra inaugurale è stata collocata più volte ma la cui realizzazione, funzionale ad una seria politica del tempo libero e della socializzazione giovanile, è sospesa da decenni.
E’ mancata finora una riflessione sulla prospettiva di ampliare l’incidenza amministrativa della città, ipotizzando un allargamento dei suoi confini ed accarezzando, dal punto di vista dello studio e dell’elaborazione, un’ipotesi di città metropolitana, ampliata a buona parte della Valle dell’Irno, ove operano le due sedi universitarie di Baronissi e di Fisciano, e oltre i tradizionali confini di Fuorni e di Lamia – Scavata.
L’azione di disturbo portata avanti in modo degno dai consiglieri dell’opposizione ha avuto il limite della frammentarietà e non il pregio dell’organicità.
Le prospettive, quindi, non sono delle migliori e non tengono conto che i capricci e le polemiche tra i parlamentari Carfagna e Cirilelli spinsero l’elettorato moderato, indisponibile a scegliere De Luca, a votare una signora candidata donna, transitata poi, nel peggiore dei modi, nell’alveo deluchiano.
In conclusione: Salerno è destinata a restare ancora una volta feudo di De Luca mentre la regione Campania potrebbe anch’essa ritornare tra le mani dei cosiddetti democratici.

ACCOLTE CON SUCCESSO ” le priére ” DEL CANTORE DELLA DIVINA COSTIERA

12 febbraio 2015

LE PREGHIERE IN NAPOLETANO DI SIGISMONDO NASTRI

L’ultima fatica letteraria di Sigismondo Nastri, la traduzione in dialetto napoletano doc delle più comuni preghiere legittimate dal catechismo riservato ai fedeli di religione cattolica, sorprende molto lettori come chi scrive che si guardano bene dall’imboccare un sentiero piuttosto ostico qual è considerato, anche per i salernitani vicini di casa, l’idioma proprio della verace comunità partenopea. Nastri, educatosi ad affrontare anche percorsi poco comuni nei variegati linguaggi dell’arte, non ha avuto indugi e, dotatosi dei più accreditati dizionari in napoletano e di autorevoli fonti bibliografiche redatte in autentico vernacolo, ha affrontato l’improba fatica. Perché si è lanciato in una impresa del genere oggettivamente considerata ardua ? Il motivo dichiarato dallo stesso autore è nobile e merita rispetto in un’epoca in cui anche i richiami dell’amicizia e della fedeltà vengono considerati sentimenti da rottamare. Invece Sigismondo Nastri, appartenendo ad una specie umana in via di estinzione, regala questi suoi componimenti a Giuseppe De Luca, imprenditore nel settore grafico, suo amico d’infanzia, cultore della lingua napoletana e, secondo Beniamino Depalma, attuale vescovo di Nola ma già titolare della diocesi di Amalfi – Cava, persona disponibile ‘ verso chiunque lo avvicinasse, segno effettivo e concreto del fatto che Peppino credeva fermamente nel valore sacro dell’amicizia ‘. Chi conosce Nastri individua, però, almeno altre due motivazioni sicuramente più intime e profonde che hanno spinto l’amico a scrivere “ Priére … napulitane “: la prima è legata al bisogno profondo che si avverte in una stagione della vita, comune anche al redattore di queste note, di accostarsi, con sempre maggiore frequenza e in modo silenzioso, al ‘ Pate nuosto’ che ‘ staje llà ‘ncielo ‘ e alla ‘ Santa Maria, ca si’ ‘a Mamma ‘e Ddio’. La seconda è condizionata dalla dimensione fortemente religiosa della gente della Costiera cui appartiene con non celato orgoglio l’autore non disponibile a distaccarsi da un’antropologia culturale che ha costantemente confermato, nelle gesta e nei riti celebrativi, il forte legame con la fede di matrice cattolica.

Don Cirignano: ” Dopo le esortazioni della ‘ Evangelii Gaudium ‘ di Papa Francesco un interrogativo imperioso: ” COME COMPRENDERE L’INERZIA E L’IMPACCIATO SILENZIO DI ALCUNI SETTORI DELLA CHIESA ITALIANA ? ” o

11 febbraio 2015

Firenze, 11 Febbraio 2015
Don Giulio CIRIGNANO – Bibilista
BELLEZZA E CORAGGIO
Bellezza e coraggio: sono le due connotazioni più evidenti della esortazione apostolica EvangeliiGaudium di Papa Francesco. La bellezza è immediatamente percepibile nella chiarezza dello stile e nella saporosa corposità del contenuto. La bellezza, tuttavia, da sola non riesce a scuotere le coscienze. Lascia soddisfatti ma non spinge al cambiamento. Per questa ragione è quanto mai opportuno indicare la dimensione del coraggio. E’ la dimensione che stupisce, che spinge a farsi pensosi, che mostra i ritardi che spesso caratterizzano il nostro modo di vedere le cose. E’ la dimensione che mette a nudo la nostra estraneità rispetto agli appelli che giungono dai segni dei tempi. Mostra la nostra vecchiezza e, quel che è peggio, la nostra indolenza e presunzione. Solo il coraggio del Papa può fare provare vergogna.
Per questa ragione è opportuno segnalare le affermazioni coraggiose di Papa Francesco. Sono numerose e di varia natura. Devo, in proposito, dichiarare il mio imbarazzo: quando ho iniziato a rileggere il documento da questo punto di vista pensavo di trovare solo qualche sporadica affermazione qua e là. Mi sono dovuto arrendere: gli spunti di coraggio sono numerosi. Pertanto mi limiterò ad una indicazione rapida e riassuntiva, rinunciando a citare per esteso. Mi troverei a dover riscrivere quasi per intero il documento! Il lettore perdonerà questa carrellata a volo di uccello ma sufficiente per far pensare e svegliare dal sonno quanti non hanno saputo cogliere il vigore di questo messaggio.
Già al n. 3 il lettore attento potrà trovare tracce di questa dimensione. Legga con attenzione la conclusione “ Non fuggiamo dalla resurrezione di Gesù, non diamoci mai per vinti, accada quel che accada.”
L’inizio del n.6 poi è simpatico: “Ci sono cristiani che sembrano avere uno stile di quaresima senza Pasqua.” Il n. 7 va letto per intero con molta calma e al centro si potrà trovare una affermazione sorprendente: “Posso dire che le gioie più belle e spontanee che ho visto nel corso della mia vita sono quelle di persone molto povere che hanno poco a cui aggrapparsi”.
Anche al numero nove troviamo una affermazione simpatica e poco usuale nel linguaggio magisteriale:” Di conseguenza, un evangelizzatore non dovrebbe avere costantemente una faccia da funerale”.
Al n.14 troviamo una conclusione di grande efficacia: “Tutti hanno il diritto di ricevere il Vangelo. I cristiani hanno il dovere di annunciarlo senza escludere nessuno, non come chi impone un nuovo obbligo, bensì come chi condivide una gioia, segnala un orizzonte bello, offre un banchetto desiderabile. Citando Benedetto xvi conclude:” La Chiesa non cresce per proselitismo ma per attrazione”.
Al n.15, citando i vescovi latinoamericani non esita a ricordare che “Non possiamo più rimanere tranquilli, in attesa passiva, dentro le nostre chiese e che è necessario passare da una pastorale di semplice conservazione ad una pastorale decisamente missionaria”.
Infine, quasi alla conclusione dei numeri introduttivi del documento, al n.16 dichiara:” Non credo neppure che si debba attendere dal magistero papale una parola definitiva e completa su tutte le questioni che riguardano la Chiesa ed il mondo. Non è opportuno che il Papa sostituisca gli episcopati locali nel discernimento di tutte le problematiche che si prospettano nel loro territorio. In questo senso, averto la necessità di procedere in una salutare decentralizzazione”. Salutiamo con gioia il ritorno della collegialità tanto cara al tempo del Concilio.
Queste sono semplici affermazioni che, tuttavia, fanno intuire la libertà interiore del Papa. La dimensione del coraggio prende corpo, in maniera marcata, all’interno del documento, cominciando dal capitolo primo. Per averne un’idea basterà citare i titoli dei paragrafi: “Una Chiesa in uscita” è il primo. Il lettore potrà leggere con vera soddisfazione i nn 20-23. Al numero 24 troviamo l’invito “ Osiamo un po’ più a prendere l’iniziativa!”; al centro del paragrafo :“ La comunità evangelizzatrice è sempre attenta ai frutti, perché il Signore la vuole feconda. Si prende cura del grano e non perde la pace a causa della zizzania”. Bellissimo.
Il secondo passo del capitolo è “Pastorale in conversione”nn. 25-33. Tutti i numeri sono intrisi di coraggio. Sarà sufficiente fare qualche citazione: “Avanzare nel cammino di una conversione pastorale e missionaria che non può lasciare le cose come stanno”(n25). “Ci sono struttureecclesiali che possono arrivare a condizionare un dinamismo evangelizzatore” (n26). “Sogno una scelta missionaria capace di trasformare ogni cosa, perché le consuetudini,gli stili,gli orari, il linguaggio ed ogni struttura ecclesiale diventino un canale adeguato per l’evangelizzazione del mondo attuale, più che per l’autopreservazione”(27).
A proposito della PARROCCHIA afferma:”Questo suppone che realmente stia in contatto con le famiglie e con la vita del popolo e non diventi una struttura prolissa separata dalla gente o un gruppo di eletti che guardano a se stessi”(n.28).. Molto interessante quanto afferma del Vescovo al n.31. Decisamente inusuale il n.32:” Dal momento che sono chiamato a vivere quanto chiedo agli altri, devo anche pensare ad una conversione del papato” Interessantissimo passo. Dopo aver ricordato Giovanni Paolo II° e la sua intenzione al riguardo commenta “Siamo avanzati poco in questo senso. Anche il papato e le strutture centrali della Chiesa hanno bisogno di ascoltare l’appello ad una conversione pastorale”. Ancora: “ La pastorale in chiave missionaria esige di abbandonare il comodo criterio pastorale del “si è fatto sempre così. Invito tutti ad essere audaci e creativi”n.33).
Per il momento possiamo fermarci qui. Riprenderemo il discorso sulle rimanenti parti del capitolo primo. Particolare attenzione riserveremo poi al capitolo secondo, ricchissimo di spunti coraggiosi. Solo a questo punto potremo avere una visione completa della coraggiosa e disinvolta forza di Papa Francesco. Ma già da queste prime battute si fa largo nella nostra coscienza un interrogativo imperioso:
“ Come comprendere l’inerzia e l’impacciato silenzio di alcuni settori della Chiesa italiana ? “.
“ Come giustificare l’assenza di progettazione di nuovi percorsi di studio e azione a partire proprio da questa formidabile spinta del Papa ? “.

DE LUCA IN DIFFICOLTA’ PER UNA DIGNITOSA ASCESA AL GOVERNO DELLA REGIONE ED UN CENTRODESTRA DIVISO, PRIVO DI CULTURA POLITICA

10 febbraio 2015

Salerno, 10 Febbraio 2015
Ambrogio IETTO
UNA POLITICA DA FRATELLI/COLTELLI
Ascoltare dichiarazioni ed interviste date alle emittenti televisive, leggere le cronache locali sui quotidiani, prendere atto delle rassicurazioni dei bene informati significa semplicemente perder tempo. Salerno e provincia non hanno mai raggiunto un buio così fitto in politica.
Al centro della curiosità popolare rimane sempre e soltanto Vincenzo De Luca con la sua tenace ottusità, l’immancabile aggressività, la patologica autoreferenzialità. Il resto è vuoto assoluto, è anche stupido tentativo di attribuire ad altri/e la responsabilità per un preannunciato, non improbabile insuccesso ove mai, come sembra, si dovesse andare a prossime consultazioni elettorali per il forzoso rinnovo dell’amministrazione comunale del capoluogo.
Il sindaco autoproclamatosi emerito continua a credere nella possibilità di partecipare da protagonista alla prossima campagna elettorale per le regionali. Scaricato più volte a Roma dagli emissari di Renzi, ora viene sottolineata l’inopportunità della sua candidatura, rimettendo almeno al 60% dei componenti dell’assemblea regionale del PD il pronunciamento su un potenziale candidato unico e condiviso.
Frattanto De Luca rivendica le sue benemerenze tra le quali enumera l’ortodossa fedeltà alla linea del partito democratico e la preziosa referenza di applicare a Palazzo Santa Lucia di Napoli ‘ il metodo Salerno, un metodo per fare della regione non il luogo della clientela, della palude burocratica, della disamministrazione, ma un motore di sviluppo in grado di creare migliaia di posti di lavoro e di risolvere le grandi emergenze’.
Il testo in corsivo e correttamente virgolettato è testualmente ripreso dal comunicato trasmesso dal solerte ufficio – stampa del Comune.
Il cittadino salernitano serio sa che il metodo De Luca, col quale si identifica il cosiddetto metodo Salerno, almeno per quanto riguarda il capitolo ‘clientela’, non ha l’eguale nemmeno nei pochi Paesi al mondo in cui si governa a struttura rigidamente dittatoriale.
La querelle sulla decadenza e l’interessato temporeggiamento dei consiglieri comunali esprimono in termini eloquenti la comune, diffusa preoccupazione di tirare la corda al massimo nella speranza di guadagnar tempo e prepararsi nella forma migliore all’inevitabile tenzone elettorale.
Frattanto l’anestesista Canfora, presidente della Provincia, si rivela il più fedele esecutore delle direttive che arrivano dal vicino Palazzo di Città. Anche l’operazione “ Fondazione Ravello “ ha confermato l’acritica, scialba designazione di innominati rappresentanti sempre pronti ad entrare nella stanza dei bottoni di entità culturali quale premio alla loro cieca fedeltà al padre – padrone.
Bene ha fatto Brunetta, nonostante pareri avversi, a resistere nel rispetto delle norme che regolano la vita interna della Fondazione.
L’onorevole Cirielli, dal canto suo, preferisce fare l’uccello di malaugurio, anticipando i sicuri, positivi esiti elettorali che si avranno a Salerno a favore dell’onorevole De Luca. Ora una provocatoria proposta di candidatura a sindaco di Salerno, da parte di Gigi Casciello a nome di Forza Italia, lo vede in difficoltà. Se non accetta è perché si dichiara convinto della sconfitta. In caso contrario dovrà battersi con tutte le sue forze e capacità per tentare di dare il definitivo colpo di grazia a De Luca.
Non fa male, però, ricordare al parlamentare veteromissino che la sua aggregazione politica, in occasione delle elezioni di secondo grado per la presidenza della Provincia, non indugiò un attimo nel silurare il sindaco di Mercato San Severino Giovanni Romano aspirante a quella carica.
Ora il centrosinistra e i deluchiani, in particolare, insidiano la Fondazione Ravello proprio grazie alla cortesia ricevuta qualche mese fa da una parte del centrodestra salernitano.
E’ naturale dedurre che il detto “ Fratelli Coltelli” ha ancora una sua attualità.

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