Archivio per marzo, 2015

PER GLI ASPIRANTI CANDIDATI ALLE REGIONALI: AVANTI, C’E’ POSTO!

14 marzo 2015

Salerno, 14 Marzo 2015

Ambrogio IETTO

La corsa alla candidatura

Nel mentre prende corpo l’ipotesi di votare per le elezioni regionali, interessanti ben sette regioni, il 31 di maggio, ultima domenica del mese della Madonna e delle rose, si allunga la schiera degli aspiranti ad una candidatura.
Il tasso dei richiedenti è piuttosto elevato in rapporto a quanti ambiscono, di solito, ad un seggio parlamentare. Le ragioni sono molteplici: in primo luogo si tiene conto che la circoscrizione è territorialmente molto più contenuta in quanto limitata alla dimensione provinciale, quindi trattasi di una competizione meglio gestibile dal punto di vista del recupero e del consolidamento di rapporti personali e di schieramento.
Si ha anche piena consapevolezza che la posizione di consigliere regionale produca un’incidenza superiore a quella del portatore della medaglietta parlamentare. Ai fini del mantenimento e dell’ampliamento della base elettorale, infatti, le materie e i campi di competenza regionale, ai sensi dell’articolo 117 della Costituzione, sono non pochi e riguardano di riflesso anche le amministrazioni comunali e provinciali. Le regioni, come si sa, si vanno specializzando nel ruolo di istituzioni distributrici di risorse finanziarie nei riguardi, in particolare, dei Comuni.
Essere nelle condizioni di mettere lo zampino, cioè di ficcare il naso, negli affari regionali, significa poter tutelare meglio cause e posizioni di convenienza.
Anche il contenimento delle spese personali per raggiungere e fermarsi nel capoluogo regionale finisce col contraddistinguersi come fattore da non trascurare in sede di analisi preventiva del ‘ passo da compiere’. Queste, ed eventualmente altre motivazioni meno nobili, sono, dunque, all’origine della pericolosa sindrome della candidatura a tutti i costi.
Annullate le ideologie e ridimensionate le grandi narrazioni che alimentarono il dibattito culturale e politico della seconda metà del secolo passato, oggi la composizione delle liste concorrenti avviene secondo altri parametri che vanno ben oltre la possibile quantificazione del potenziale consenso degli aspiranti candidati. Si legge, ad esempio, che una dignitosa schiera di imprenditori sia pronta a navigare sulla nave e sui battelli della flotta De Luca, un tempo agitatore sindacale dei contadini della piana del Sele e, successivamente, leader dell’elettorato plebeo del Centro storico e di Mariconda.
La notizia non alimenta meraviglia. Quella degli imprenditori è una meritoria lobby che si coagula per tutelare legittimi interessi comuni. E’ naturale che un politico dal fine olfatto recluti in lista più un imprenditore referenziato che uno dei pochi insegnanti di genere maschile ancora in servizio nelle scuole primarie del salernitano.
Avvertono la sindrome della candidatura ad ogni costo anche i tanti sindaci che scalpitano da Vibonati a Scafati e che, dalla significativa esperienza maturata sul campo, hanno sicura consapevolezza di quanto conti in potere da gestire e in indennità di funzione da riscuotere un seggio nel parlamentino regionale. Infine l’aspirazione alla candidatura contagia in questi giorni signore giovani e stagionate, meglio se di aspetto gradevole. Il comma 3 dell’articolo 4 della legge elettorale regionale, come è noto, prevede che è possibile esprimere due preferenze a due candidati della lista votata a condizione che le stesse siano dirette ad un aspirante di genere maschile e, di norma, ad una candidata donna. Nel caso in cui si votano due maschi o due donne la seconda preferenza è annullata. Signore e signori, rispettando anche queste regole, è possibile buttarsi nella mischia. Avanti c’è posto!

ARRESTI PER CINQUE ANNI AD UN’INSEGNANTE DI SCUOLA DELL’INFANZIA PARITARIA

10 marzo 2015

Salerno, 10 Marzo 2015

Ambrogio IETTO

DALLA PARTE DEI BAMBINI

La severa sentenza pronunciata dal Tribunale di Salerno a carico dell’insegnante della scuola dell’infanzia paritaria, cioè privata, di Fisciano è soltanto uno degli ultimi pronunciamenti che la magistratura ordinaria è costretta a partecipare in uno dei settori più delicati dell’organizzazione sociale: quello dei luoghi di accoglienza, di cura e di educazione della prima e della seconda infanzia.
Va detto, in via preliminare, che l’umanità patologicamente segnata, priva di equilibrio, interiormente turbata è portata a profittare dei deboli, bambini o anziani che siano, e ad infierire anche fisicamente sui loro corpi.
La cronaca quotidiana è costretta a dare frequente spazio a notizie che partecipano atteggiamenti, comportamenti, atti offensivi della dignità della persona rappresentata da bambini e da vecchi fragili ed indifesi. Anche sul nostro territorio, dalla scuola ‘Mazzetti’ di Salerno a Fratte, da Caselle in Pittari a Tramonti, non sono pochi gli episodi che ripropongono violenze fisiche, vessazioni, maltrattamenti espressi da insegnanti nei confronti dei propri allievi.
Quasi sempre ad essere destinatari di interventi decisamente punitivi sono i bambini che frequentano sezioni di scuola dell’infanzia o le classi iniziali della scuola primaria.
Il sistema scolastico statale, come si sa, accoglie piccoli che, se nati entro il 30 di aprile successivo, possono essere ospitati all’interno delle sezioni di scuola dell’infanzia fin dai primi giorni di settembre, cioè quando hanno compiuto appena 28 mesi di età.
Le scuole paritarie, invece, al fine di incamerare dai genitori qualche mensilità in più, si rendono disponibili ad accogliere anche piccoli appena diventati autonomi nella deambulazione ma ancora insicuri nel controllo degli sfinteri.
Non di rado l’insegnante titolare della sezione di scuola dell’infanzia svolge anche le funzioni di proprietaria e di direttrice ed è pronta a far fronte, sempre da sola, ad esigenze straordinarie quali la pulizia delle parti intime del corpo del bambino che ha defecato oppure la preparazione del latte per la piccola che ha fame. Situazioni di questo tipo, che sono anche frequenti, possono alimentare ulteriormente la tensione emotiva dell’educatrice.
Ovviamente questi non vogliono essere alibi per comprendere e giustificare atti che non hanno nulla di pedagogico. A monte, sia gli insegnanti delle scuole statali sia quelli che operano in condizioni di maggior disagio e che si rendono responsabili di maltrattamenti verso i piccoli allievi, difettano di qualità essenziali quali una convinta, meditata cultura dell’infanzia, una piena consapevolezza della fragilità particolare che contraddistingue il minore nei primissimi anni di avvio della costruzione della personale identità, una paziente disponibilità all’ascolto e alla comunicazione interattiva con ognuno dei piccoli allievi, una buona preparazione di natura psicopedagogica e didattica funzionale alla delicatissima attività di educatrice dell’infanzia.
L’Italia ha consolidate tradizioni in questo campo. Proprio nei giorni scorsi il rapporto dell’OCSE sull’istruzione 2014 ha evidenziato che le scuole italiane dell’infanzia accolgono il 92% dei bambini di 3 anni, il 96% dei piccoli di quattro anni d’età e il 99% di quelli di 5 anni, collocando l’Italia al sesto posto tra 36 Paesi censiti a livello internazionale.
Sono dati confortanti che vanno ulteriormente potenziati soprattutto per quanto riguarda gli asili nido che accolgono i piccoli dai 4 mesi d’età ai tre anni.
Anche per quanto riguarda la formazione iniziale siamo all’avanguardia. L’aspirante alla docenza nella scuola dell’infanzia deve superare una prova di ammissione e frequentare un corso di laurea magistrale di durata quinquennale.
Questo itinerario formativo assicura di certo una buona preparazione di partenza ma se mancano attitudini umane orientate alla cultura dell’infanzia, al rispetto dei suoi primari diritti e alla piena donazione emotivo – affettivo – relazionale verso i minori, purtroppo, tutto diventa inutile.

TROPPE BELLE E NOBILI DONNE PARTENOPEE ALLA CORTE DEL PURO E FORTE VINCENZO DE LUCA

4 marzo 2015

SALERNO, 4 Marzo 2015

Ambrogio IETTO

LE CONQUISTE NAPOLETANE DI DE LUCA

Ora davvero tutto è chiaro. Vincenzo De Luca, che ha avuto intelligenza e determinazione sufficienti per battere Andrea Cozzolino finanche negli ambienti più raffinati del capoluogo partenopeo, ha giurato a se stesso che non utilizzerà più espressioni offensive nei riguardi dei conterranei partenopei.
Tutt’al più si limiterà a partecipare autentici pensieri di commiserazione e di compatimento come ha avuto modo di proferire ieri l’altro: “ napoletani vittime della camorra, del malaffare e delle ruberie”.
Voci raccolte in modo informale raccontano che a risultare puntuale e prezioso nel partecipargli saggi consigli sul come comportarsi coi conoscenti napoletani, durante la corsa per le primarie, sia stato un nostro concittadino piuttosto nerboruto e gagliardo che gli avrebbe suggerito: “ Sindaco, ora che comincia questa ingovernabile giostra che anche tu chiami primarie, mi raccomando di evitare quei tuoi modi di esprimerti che certi pennaioli di Salerno chiamano plebeismo. Da quando ho compreso si tratta di far capire proprio ai napoletani che tu sai essere anche non volgare, per niente rozzo e che, oltre il tono popolare, da bravo dottore in filosofia sei in grado anche di pronunciare discorsi difficili, ricordando tante persone, poverine tutte morte, che hanno espresso, nel corso dei secoli, dei pensieri molto importanti”. Sembra che il consiglio sia stato pienamente raccolto e fatto proprio.
A dichiararlo a chiare lettere sono soprattutto tante belle signore che posseggono salotti speciali dalle parti dei quartieri di Chiaia, di Posillipo, di San Ferdinando, di Fuorigrotta.
Esse sono entusiaste, in particolare, del decisionismo di Vincenzo De Luca che ha mostrato il fascino di uomo determinato, vigoroso, prestante, poderoso, finanche erculeo ed atletico.
Una bella donna, che in precedenza aveva anche scritto al giornale dell’antica coppia Serao – Scarfoglio: “Scetate Napulé, ca l’aria è fetida”, è arrivata finanche a dichiarare alla stampa: “ Di Vincenzo mi piace la sua forza”.
Insomma il nostro sindaco emerito possiede tutti gli attributi per mettere in riga l’intero territorio campano!
Ed è del tutto inutile che si richiami la sconquassata legge Severino. Infatti sempre un solone napoletano ha pontificato: “ La sospensione, eventualmente chiamata in causa dopo la sicura vittoria di De Luca su Caldoro, non sarà un problema” e, con tono didascalico, ha precisato che sono ben tre le strade per superare questo ostacolo: “quella amministrativa, la legislativa e la giudiziaria “.
Sembra che a proferirla sia stato un notissimo libero professionista, già candidato alle comunali per il partito democratico ma che, al momento, consultando Internet, non risulta essere stato eletto.
Un tempo, dopo che si ascoltava tra la gente semplice di Napoli un pronunciamento solennemente scandito da una persona del gruppo, riconosciuta come culturalmente attrezzata, qualcuno commentava: “ Siente, sié, che botta ha sparato ‘a Cassazione! “.

SOLO A VITTORIA CONQUISTATA I SOLONI DELLA SINISTRA EVIDENZIANO IL MODO DI GESTIRE IL POTERE DA PARTE DI VINCENZO DE LUCA

3 marzo 2015

Salerno, 3 Marzo 2015
Ambrogio IETTO
NOI COMPLICI DI DE LUCA

A leggere dichiarazioni e interventi organici ospitati sui quotidiani di ieri, all’indomani della vittoria dell’ex sindaco di Salerno alle cosiddette primarie del partito democratico, viene spontaneo porsi una domanda: “ma forse anche noi, umili osservatori critici delle vicende di casa nostra, ospiti non rifiutati di una testata comunque coraggiosa, abbiamo offerto il nostro umile contributo al successo dell’onorevole De Luca? “. Sembrerebbe proprio di dover dare una risposta affermativa.
Nel consueto, corrente nostro linguaggio giornalistico, infatti, espressioni quali ‘ militarizzatore del salernitano’ e ‘recuperatore dell’accordo coi capobastone popolari’ non erano state mai usate.
Né si era al corrente che il partito democratico in Campania costituisse ‘ un ambiente asfittico da circoli dei cacciatori dove i soci sono sempre gli stessi eternamente seduti al tavolo del tresette’.
Ora, invece, capita di leggere di questo e di peggio sul conto di De Luca. Per fortuna fa eccezione, tra gli intellettuali, l’amico professore Cacciatore che evidenzia come il successo dell’aspirante presidente della giunta regionale sia espressione di “ una vittoria dei militanti e dei cittadini della Campania “.
Da sempre, però, non si ha notizia di aggregazioni di liberi professionisti , di accademici, di intellettuali, di operatori economici, di appassionati della politica di orientamento progressista disposti ad entrare in scena, pronti a caricarsi della responsabilità di denunciare l’opinabile modo di amministrare la cosa pubblica da parte del futuro avversario dell’uscente Caldoro.
Non è mancata, in verità, qualche voce, molto signorile e garbata, disposta anche in epoca recente a sottolineare l’opinabilità del ‘ sistema primarie’ in Campania. Essa, però, è rimasta ‘ clamantis in deserto’. L’opinione pubblica più attenta di Salerno e del salernitano sa, invece, da sempre, qual è il segreto del successo di De Luca che pur non indugia un attimo nel definirsi di impianto culturale gobettiano: egli, identificandosi con autentico slancio con la città, l’ha governata come meglio ha creduto.
Ha costruito ed ha consolidato il potere nel modo ritenuto rispondente al personale consenso.
Chi ha ricevuto l’incarico di amministrare le società miste ha saputo da subito che le decisioni più delicate ed importanti da prendere dovevano passare preliminarmente al suo vaglio.
Tutti gli assessori, nessuno escluso, sanno bene che la loro sopravvivenza in carica è subordinata alla volontà dell’ex sindaco.
I suoi collaboratori più prossimi, funzionari e responsabili dei vari settori, sono consapevoli di dover dipendere dalla volontà e dalle labbra del vincitore delle primarie.
E’ abbastanza logico che questo esercito di privilegiati debba poi rispondere, nei termini desiderati, alla chiamata quando c’è da mostrare l’entità del consenso.
Questo modo di amministrare, alla fine dei conti, piace, convince, fa proseliti anche tra amministratori di altre comunità della Campania che, nel trasformarsi in suoi ammiratori, tentano di imitarlo, adottando il cosiddetto metodo De Luca.
Le sue dichiarazioni pubbliche sono sempre chiaramente ostili alla camorra e ai suoi proseliti. Se finge, sapendo di fingere, lo sa solo De Luca e gli ipotetici camorristici.
Ora si legge che i Vaccaro e i Cozzolino vogliono produrre ricorso avverso presunte irregolarità elettorali. Speriamo che vadano fino in fondo e che abbiano ragione.
Il primo, quando fu punito dal sistema bolscevico di De Luca, ricorse al suo amico Letta e risolse il suo problema personale, lasciandosi eleggere con tranquillità nell’altro collegio della Campania.
Il secondo fu bocciato dal provvedimento di riconosciuta non validità delle primarie del gennaio 2011 che lo vedevano designato a candidato a sindaco di Napoli.
Ognuno nasconde qualche scheletro nel proprio contenitore politico.
E di scheletri e responsabilità sono portatori anche i tanti sostenitori del Partito Democratico che, in tempi di ‘ pace elettorale’, trovano comodo e conveniente tacere sul regime feudatario di De Luca.

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