OGNUNO CELEBRA IL 25 APRILE COSI’ COME RITIENE DI FARE

Ambrogio IETTO
Salerno, 25 aprile 2015

LE LIBERTA’ DI DE LUCA

L’odierna giornata del 25 aprile sollecita ciascuno di noi a riflettere sul valore insopprimibile della libertà che ha non poche sfaccettature e che, per quanti sono alimentati dal bisogno di essere compartecipi delle vicende della comunità in cui vivono ed operano, significa anche interrogarsi su come si vada consolidando in taluni il limite di identificare tout court questa condizione con la licenza d’arbitrio.
Questo è il caso dell’onorevole De Luca la cui libertà di movimento e di azione finisce inesorabilmente col condizionare in bene o in male la libertà di quanti, amministrati direttamente o indirettamente da lui, finiscono col risultare condizionati dalle sue scelte.
Ebbene l’onorevole De Luca, durante il suo impegno sindacale, è stato libero di presiedere o meno le riunioni di giunta, pur non risultando impedito da impegni irrinunciabili da soddisfare fuori sede o da vincolanti motivi di salute.
Egli, nel corso delle primarie funzionali alla scelta del leader del suo partito di appartenenza, è stato libero ora di corteggiare Bersani ora di fare l’occhiolino di triglia a Renzi.
Nell’accettare l’incarico governativo di sottosegretario di Stato ha tirato al massimo la cintura per ricoprire contestualmente l’una e l’altra carica. In questa vicenda ha manovrato come voleva un intero consiglio comunale ed ha rubato delle ore di impegno a dei magistrati ordinari che si sono dovuti occupare del suo problema.
Con ferma determinazione, pur sanzionato da una condanna, ha animato vivacemente ed ha vinto le primarie contro il collega di partito Cozzolino, conquistando la posizione di candidato alla presidenza della regione. Così è stato necessitato a lasciare le funzioni di sindaco di Salerno che sono state assegnate, sempre da lui, ad una persona di esclusiva sua fiducia, subordinando di fatto l’intera schiera dei suoi storici assessori ad un tenutario delle carte segrete chiamato, in una sola operazione, ad entrare a far parte dell’esecutivo del Comune e, quindi, ad assumere il ruolo di facente funzioni di sindaco.
Imperterrito e certo di riuscire a superare tutti i successivi ostacoli ha continuato con ammirevole attivismo la campagna elettorale per la presidenza della giunta regionale nonostante il vertice del suo partito dichiarasse di non avere intenzione di modificare la famigerata legge Severino.
Senza fermarsi per un attimo ad invocare l’ausilio della Madonna di Pompei si è prolungato, però, ai vicini scavi, non per salutare il suo segretario di partito e presidente del Consiglio reduce dalla Casa Bianca, ma per chiedergli manifestazioni esteriori di cordialità al fine di tranquillizzare tutti che egli è il preferito del partito democratico.
Nell’attuale gioco delle liste portatrici del suo nome a presidente della Campania egli è libero di accogliere tutti: dagli amici di Storace all’ex questore/prefetto Malvano diventato nel tempo anche senatore del partito di Berlusconi.
In questa composita galassia egli è reso arbitro assoluto di imbarcare Italia dei Valori, Scelta Civica, Socialisti, Verdi per davvero, Centro Democratico, Repubblicani democratici, Campania libera, Mai più terra dei fuochi, Rosalia Santoro e compagni. Insorgenza Civile e chi più ne ha ne metta.
In questa sua condizione di libertario ad usum Delphini ora si prende il gusto di prendere in giro la folta schiera dei creduloni, ridacchiando l’operato dei tre giudici della seconda sezione penale del Tribunale di Salerno e confermando il suo giudizio di aver commesso soltanto un reato linguistico.
I fatti sono noti soprattutto a quanti cercano di ’entrare dentro la notizia’. Secondo il collegio giudicante De Luca ha commesso abuso di ufficio non per una casuale distrazione. Egli, invece, si è presa la libertà di ricercare il modo da lui considerato migliore per elevare un suo funzionario di fiducia alla conduzione del procedimento amministrativo che avrebbe dovuto raggiungere l’obiettivo di dotare la città di un termovalorizzatore.
In dodici pagine i giudici, consapevoli che la condanna già pronunciata potrebbe impedire a De Luca, se eletto, di ricoprire il ruolo di presidente della regione, diventano addirittura didascalici in quanto, secondo la loro valutazione, la nomina a favore del funzionario Di Lorenzo è ritenuta ‘inutilmente duplicativa delle funzioni del responsabile unico del procedimento’ individuato nell’ingegnere Domenico Barletta.
Finora si leggeva e si sentiva dire che le sentenze non si giudicano né si commentano.
De Luca, invece, è libero, sia pure con mal celata rabbia, di ridicolizzare quanto scritto dai giudici. Per carità ne ha facoltà. Egli d’altro canto è anche libero di non entusiasmarsi della scelta, ammirevole per i più compiuta dal precedente premier Enrico Letta, suo collega di partito, di dimettersi dal Parlamento.
Questi ha compreso che è pedagogicamente infruttuoso, almeno per la negativa ricaduta sui figli, mantenersi e vivere di politica. Così ha accettato di andare a dirigere a Parigi l’école libre des sciences politiques e, quindi, di andare avanti col lavoro che alimenta ‘ sudore sgorgante dalla propria fonte’.
De Luca, ovviamente, è libero di non condividere questa decisione.
E con lui sono d’accordo anche decine e decine di potenziali candidati appartenenti alle diverse aggregazioni in gara, ovviamente liberi di pensare come credono ma tutti fermamente convinti che se vanno bene le elezioni ci si sistema per tutta la vita.

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