L’ESORATAZIONE DI DON GIULIO CIRIGNANO: ” PREGARE PERCHE’ IL PAPA NON SI SCORAGGI. E’ AVANTI ALMENO TRE SECOLI RISPETTO ALLA CHIESA

PAPA FRANCESCO E LA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA
Spero che molti abbiano avuto occasione di seguire in TV la partecipazione di Papa Bergoglio all’inizio dei lavori della recente assemblea della Conferenza Episcopale Italiana. Diversi aspetti, nei gesti e nelle parole del Papa, suscitano felice impressione e mettono in evidenza l’ eccezionalità del fatto.
Tanto per cominciare il suo modo di portarsi al luogo della assemblea. E’ uscito dalla sua abitazione in Santa Marta, da solo, senza accompagnamento di segretari, senza alcuna scorta. Come uno dei tanti vescovi presenti , in compagnia solo della sua istintiva semplicità. Poi, al momento di iniziare, ha dichiarato inutile ripetere i saluti canonici poiché aveva avuto modo di salutare la Presidenza della C.E.I al suo arrivo, poco prima fuori della sala. “ Ci siamo appena salutati” ha detto, sorridendo, con disarmante spontaneità.
Ha poi iniziato a parlare. Sia per i contenuti che per il metodo, dieci minuti esemplari. In primo luogo i contenuti.
L’esordio sul brano del vangelo di Marco (Mc.16,9-19) è stato sorprendente: “ Ma questo Marco ce l’ha con la Maddalena! Perché fino all’ultimo momento ci ricorda che lei aveva ospitato sette demoni. Ma poi penso: e io quanti ne ho ospitati? E rimango zitto”.
Calda umanità di Papa Francesco!
Cosa avranno pensato i suoi ascoltatori in quel momento? Avranno gettato, almeno per un momento, lo sguardo dentro loro stessi? Tutti, infatti, ospitiamo i demoni dell’ira, dell’invidia, della ambizione, del potere e così via elencando.
L’invito indiretto a vigilare presente nelle parole del Papa non può essere trascurato.
Poi ha parlato della gioia. Al primo punto dell’ordine del giorno dei lavori della assemblea era stata prevista una riflessione sulla recezione da parte della Chiesa italiana della esortazione apostolica “Evangelii Gaudium”.
Una nuova domanda si impone: come mai i vescovi italiani che ben poco hanno fatto finora per tale recezione hanno deciso di iniziare i loro lavori proprio partendo da questo punto? Mistero, nondimeno confortevole iniziativa.
Dunque parole sulla gioia: “La nostra vocazione cristiana ed episcopale è quella di andare contro corrente: ossia di essere testimoni gioiosi del Cristo risorto per trasmettere gioia e speranza agli altri”.
Sempre sul piano dei contenuti, il discorso è andato subito ad un punto fondamentale: la sensibilità ecclesiale. Tema che ha permesso al Papa di distendersi in una riflessione tanto breve quanto efficace: “La sensibilità ecclesiale: ossia appropriarsi degli stessi sentimenti di Cristo, di umiltà, di compassione, di misericordia, di concretezza-la carità di Cristo è concreta- e di saggezza”. In relazione alla sensibilità ecclesiale ha, quindi, effettuato alcune rapide applicazioni.
La prima, significativamente, circa la corruzione: “la sensibilità ecclesiale che comporta anche di non essere timidi e irrilevanti nello sconfessare e sconfiggere una diffusa mentalità di corruzione pubblica e privata che è riuscita ad impoverire, senza alcuna vergogna, famiglie, pensionati, onesti lavoratori, comunità cristiane, scartando i giovani, sistematicamente privati di ogni speranza sul loro futuro…” Fotografia lucida della situazione italiana.
La seconda applicazione si riferisce alle scelte pastorali che si manifestano talvolta nella elaborazione di documenti astratti e poco comprensibili “per il nostro popolo”.
La terza applicazione della sensibilità ecclesiale ha chiamato in causa il laicato. Il Concilio vi risuona con forza. Pertanto ha parlato di “laici disposti ad assumersi le responsabilità che a loro competono”. A questo proposito ha fornito anche una simpatica allusione al rapporto con il sacerdozio ministeriale: ”In realtà, i laici che hanno una formazione cristiana autentica non dovrebbero aver bisogno del vescovo-pilota o del monsignore-pilota o di un input clericale per assumersi le proprie responsabilità a tutti i livelli, da quello politico a quello sociale, da quello economico a quello legislativo. Hanno invece tutti la necessità del vescovo pastore!”
Non vescovi piloti ma vescovi pastori : se per qualcuno l’immagine non fosse chiara potrebbe andare a rileggersi alcuni preziosi numeri della “Evangelii Gaudium quale, per esempio, il numero 31, oppure quelli relativi alla mondanità spirituale (nn.93-97), oppure il formidabile numero 104.
Poi ha parlato, con disarmante fiducia di un tema caro al tempo del Concilio, il tema della collegialità: “Infine la sensibilità ecclesiale si rivela concretamente nella collegialità e nella comunione tra i vescovi e i loro sacerdoti; nella comunione tra i vescovi stessi……tra le Conferenze Episcopali e i vescovi con il successore di Pietro”.
In questo punto del discorso non è difficile scorgere un preciso, dolente riferimento alla realtà italiana: “Manca l’abitudine di verificare la ricezione di programmi e l’attuazione dei programmi; ad esempio si organizza un convegno o un evento che, mettendo in evidenza le solite voci, narcotizza la comunità, omologando scelte, opinioni e persone”. Ogni commento è superfluo.
Prima di concludere sulla sensibilità ecclesiale ha voluto toccare un problema a mio parere di grande importanza, che non può essere sminuito soprattutto nell’anno della vita consacrata, il problema degli istituti religiosi: “Perché si lasciano invecchiare così tanto gli Istituti religiosi, Monasteri, Congregazioni…..Perché non si provvede ad accorparli prima che sia tardi sotto tanti punti di vista?”.
Insieme ai contenuti, l’intervento del Papa è stato veramente notevole dal punto di vista del metodo che ha inteso proporre: il metodo del dialogo. La collegialità attuata come strada per camminare all’interno della complessità del momento presente. Nella collegialità trova concreta attuazione la riduzione dell’assolutismo e con la riduzione di ciò anche l’affermazione della fraternità e della corresponsabilità. “Oggi perciò, sapendo che avete scelto, quale argomento di questo incontro l’esortazione ‘Evangelii Gaudium’, vorrei ascoltare le vostre idee, le vostre domande, e condividere con voi alcune mie domande e riflessioni”.
Ascoltare le idee: purtroppo, occorrerebbe che ci fossero!
A questo punto la trasmissione televisiva si è interrotta e l’incontro è continuato nel doveroso riserbo. Sarebbe stato bello poter seguire il dibattito, ma non è stato possibile. Viene tuttavia naturale chiedersi se i vescovi abbiano compreso a fondo il gesto del Papa. E’ doveroso sperarlo, è prudenza non illudersi troppo. Perché se l’hanno compreso dovrebbero riconoscere la loro estraneità, non solo riguardo ai contenuti e al metodo seguito dal Papa, ma anche in relazione alla recezione della Esortazione ‘Evangelii Gaudium’ e trarne le conseguenze. Se non l’hanno compreso a maggior ragione dovrebbero constatare la loro inidoneità a ricoprire un ruolo troppo difficile per loro.
Ci sono momenti della vita in cui necessariamente si è condotti alla verità di noi stessi, non per un giudizio dall’esterno ma per interiore scoperta. Ma, probabilmente, non succederà, in questo caso, niente di simile. La connotazione castale rende molto difficile la riflessione. Questa negativa valutazione non riguarda le singole persone che sono per lo più ricche di fede e alta spiritualità. E’ la mentalità di casta a rendere più difficile comprendere che la autorevolezza son si impone ma occorre guadagnarsela.
A noi non resta che parlare sempre con coraggio e pregare intensamente lo Spirito della Pentecoste che come al solito non farà mancare la sua spinta. Pregare perché il Papa non si scoraggi: è avanti almeno tre secoli rispetto alla Chiesa in cui lo Spirito lo ha posto come guida. Non si scoraggi né si lasci intimorire. Si consoli al pensiero che nella esortazione “Evangelii Gaudium” ha già detto quanto basta.

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