” IL RACCONTO DI UNA METAMORFOSI” di ERNESTO MARIA PISACANE

Ambrogio Ietto

Salerno 30 giugno 2015

QUELLE LETTERE SULL’AMORE DI CARLO PISACANE
AL FRATELLO FILIPPO

Alle ore 17 di oggi 30 giugno, presso l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici a Palazzo Serra di Cassano in via Monte di Dio a Napoli, si presenta “ Il racconto di una metamorfosi “ di Ernesto Maria Pisacane, volume curato da Luciano Minieri, presidente del Lions Club Napoli 1799.
Trattasi della raccolta di lettere inedite di Carlo Pisacane al fratello Filippo che, nominato alfiere del Secondo Battaglione Cacciatori, proseguì la carriera militare da colonnello presso la corte borbonica. Dopo la resa di Gaeta egli fece parte del consistente gruppo di diplomatici e di ufficiali che seguirono in esilio Francesco II di Borbone e la regina Maria Sofia ospiti del Papa. La sua permanenza a Roma durerà fino al luglio 1963.
Invece il fratello Carlo, diventato – secondo Carmine Pinto – una ‘icona del nazionalismo romantico italiano‘, in quegli stessi anni assumeva una posizione decisamente opposta, dando vita, con caparbia determinazione ma anche con evidente improvvisazione, alla spedizione di Sapri concretizzatasi con lo sbarco avvenuto in località ‘Uliveto’, in territorio del Comune di Vibonati, a poco più di un chilometro dalla frazione Villammare.
Secondo la puntuale documentazione acquisita dall’autore la metamorfosi di Carlo prende avvio nel settembre 1846 e si conclude nel luglio 1857 con la morte avvenuta a Sanza, in provincia di Salerno.
Egli, in poco più di dieci anni , si trasforma, secondo Ernesto Maria Pisacane, da aitante ufficiale borbonico in ‘uomo di pensiero e d’azione del risorgimento d’Italia’.
L’incontro con Enrichetta di Lorenzo, moglie di un lontano parente e madre di tre figli, determina una svolta radicale nella vita e nell’azione di Carlo: l’attento autore colloca nei primi mesi del 1845 la dichiarazione, da parte di Enrichetta, della piena condivisione di un amore che si caratterizzerà per l’esclusiva sua forza ideale e per le oggettive difficoltà cui andrà incontro la coppia fedifraga.
E’ del 22 settembre 1846, la prima lettera di Carlo al fratello Filippo in cui viene ipotizzata una ‘ qualche impreveduta circostanza la quale cagionasse la morte’.
L’aggressione da lui subita, infatti, consiglierà i due amanti a lasciare Napoli.
Il prezzo da pagare per questa decisione è piuttosto alto: per Carlo significa abbandonare la carriera militare, subire l’onta della diserzione e non ricevere più lo stipendio; per Enrichetta si tratta di allontanarsi soprattutto dai tre figli.
Carlo ha l’umiltà di partecipare in assoluta autenticità la causa che l’ha spinto a questa scelta: “ ho ottenuto un amore, come io lo sognava come io lo sento, società, vita tutto devo cedere, ed allora può chiamarsi amore. Enrichetta ha lasciato i figli!!…tutti, una vi(ta) agiata, per correre dei disaggi, degli stenti, della miseria e forse della morte, puole esservi dubbio su tanto amore; ed io posso temere che l’amore in me si distrugga, dopo aver fatto per quindici anni i sforzi più terribili per guarirmi da questa ardente febbre che ho veduto sempre crescere… ( lettera del 7 febbraio1847 ).
In fuga verso Marsiglia Carlo avverte il bisogno profondo di partecipare al fratello che “ la felicità provata nella piccola cameretta è tale che se le due vite si troncassero nel momento, è già molto il goduto “.
A Filippo, che gli ha partecipato l’intenzione di sposare la contessa Luisa Cavalcanti, vedova Cattaneo, una nobile benestante, Carlo scrive considerazioni rasserenanti: “ Ciò che fai non è riprovevole rimanendo strettamente fra i limiti della libertà individuale, giacché il tuo matrimonio non porta danno a nessuno “.
Le riflessioni sull’amore si ripropongono in termini incalzanti, confermando anche un modo assolutamente diverso tra i due nell’affrontare e gestire le questioni sentimentali: Carlo, letteralmente travolto dalla passione, Filippo, invece, incapace di cogliere ed apprezzare quanto oltrepassi la sfera pratica e materiale:
“ io ti fo i miei vivi complimenti giacché, spero che supporre essere io un giudice esatto dei piaceri dell’amore, che ho trovato i più sublimi di tutti, e tali che non lasciano niente a desiderare, le felicità che ti auguro a te ed alla mia Cognata sono immense “.
Le oggettive difficoltà che Carlo ed Enrichetta dovranno affrontare in terra straniera condizioneranno il contenuto del successivo scambio epistolare tra i due fratelli.
L’attenzione riservata alle dinamiche emotivo – affettive caratterizzanti in particolare la personalità di Carlo consentono, però, di meglio comprendere l’entità e la qualità dello slancio che alimentò la sua determinazione nell’affrontare la sfortunata impresa di Sapri.

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