Archivio per novembre, 2015

IL PERIODICO INTERVENTO DI DON GIULIO CIRIGNANO

5 novembre 2015

RIFLESSIONI DEL BIBLISTA DON GIULIO CIRIGNANO
LE CONCLUSIONI DEL SINODO

A quindici giorni di distanza dalla precedente riflessione sul Sinodo, ora che è concluso, riprendiamo il discorso per un rapido commento. Il nostro diario dell’esodo, di questo esodo che Papa Francesco ci esorta a compiere, continua. Le questioni in campo erano molteplici e su di esse il Sinodo si è espresso. Una e, mio parere, non la più importante, si era imposta alla attenzione: la Comunione ai divorziati e risposati. Su di essa si è appuntato il maggior contrasto tra i Padri sinodali: che dire ora? Soprattutto cosa pensare dell’intero percorso del Sinodo? Non possiamo al momento fare una dettagliata descrizione del documento. Per ora ci limitiamo a qualche riflessione a caldo e chiediamo scusa per la brevità.
La prima cosa da dire, in riferimento a quel singolo problema a cui abbiamo accennato, è la soddisfazione per l’affermazione delle prospettive di grande apertura mentale di Papa Francesco. Chi ha seguito le riflessioni che abbiamo fatto a più riprese sul tema della ammissione alla Eucarestia conosce bene la questione e la speranza che avevamo nutrito. Quanto abbiamo ripetuto da anni ha finalmente la sua consacrazione. Anche il rimando al discernimento, caso per caso, deve essere colto nel suo valore. Trattasi di un rimando alla serietà e alla responsabilità dei coniugi. Un rimando alla serietà e responsabilità dei coniugi.
Ma il discorso riguardo ai lavori del Sinodo non può fermarsi qui. L’affermazione, purtroppo in qualche misura contrastata, fa capire che quello compiuto è solo un piccolo passo. Piccolo ma importante. La strada da fare è ancora lunga come è possibile dedurre dal breve, intenso discorso del Papa alla messa di conclusione. Si tratta di cominciare a ragionare, in alto e in basso, in maniera nuova, con più forte sensibilità evangelica. Non solo sulle questioni relative al matrimonio, ovviamente, ma su tutte quelle che riguardano il cammino ecclesiale. Il ritorno della Parola di Dio al centro della vita della Chiesa spingerà in questa direzione con esiti che è bello pensare imprevedibili.
La seconda osservazione che non possiamo evitare di fare dall’insieme della discussione è che nella Chiesa pare vi sia una porzione di pastori che con difficoltà si allineano alla sensibilità di Papa Francesco. La pluralità delle opinioni e delle sensibilità, come è noto, è una ricchezza; la ostinata chiusura nei principi astratti lo è meno. Purtroppo vi sono alcuni Pastori che continuano a mantenere il popolo di Dio in una atteggiamento pericolosamente acritico, gabellato per umiltà e obbedienza.
Gran parte della nostra gente di Chiesa non è abituata a pensare.
Spesso sono i più assidui quelli che manifestano chiusure ed ottusità inaccettabili oltre che incomprensibili. Una domanda non è possibile evitare: come mai quanti si sentono scopertamente estranei allo stile ed alla natura della stagione riaperta da Papa Francesco non avvertono il disagio del loro modo di pensare ed agire?
La “Evangelii gaudium” ha veramente suggerito a tutti di aprirsi a conversione. Ma ad alcuni più di altri. Forse proprio per questo si è cercato, talvolta, di far poco o nulla per immettere il popolo di Dio nel cuore di questo manifesto di consolante primavera.
Detto ciò come premessa, ora possiamo formulare anche qualche osservazione sul testo che il Sinodo ha consegnato al Papa. Molto ampio. Troppo, forse. Mentre invitiamo a farne attenta lettura esprimiamo, nondimeno, il timore che sarà letto da pochi. Peccato. Il testo è assai ricco di spunti interessanti. Unitamente a questa sommaria valutazione positiva non possiamo, nondimeno, esimerci da qualche fugace rilievo critico.
E’ difficile evitare la sensazione di una certa astrattezza. Non solo. La lettura conferma la perplessità circa la idoneità di un gruppo di maschi, per lo più anziani e soprattutto volontariamente estranei alla concreta esperienza familiare per la scelta celibatari quale sono i vescovi a leggere, dal suo interno, la complessa situazione matrimoniale. Come ha detto Papa Francesco nella omelia della domenica successiva alla chiusura del Sinodo, commentando la pagina del Vangelo di Marco sulla guarigione del cieco, discepoli di Gesù, che si muovono intorno a lui senza vedere la sofferenza. Accanto a belle affermazioni, infatti, il lettore si imbatte in una certa enfasi e in un sentimentale sentire l’esperienza matrimoniale, declinata in lungo e in largo. Troppa retorica teologica matrimoniale. Un conto è sottolinearne la bellezza, un conto farne una presentazione prolissa, decisamente esagerata così da rendere eccessivo il divario tra la descrizione teologicamente altisonante e la realtà. Ogni ideale è per natura sua ardito ma se si configura eccessivamente alto rischia di trasformarsi in sogno infecondo se non addirittura in peso.
Per questa ragione, insieme ad una descrizione assai consapevole delle difficoltà che l’istituto familiare incontra nella stagione della postmodernità, dopo una presa d’atto della situazione, il lettore si sarebbe aspettato adeguate conclusioni e, soprattutto, concrete prospettive operative. Non si va oltre un ripetuto appello al discernimento da parte di tutti i soggetti interessati. Non solo. Vengono continuamente ribaditi il ruolo ed i compiti della comunità cristiana. Lodevolissima, preziosa intenzione. Purtroppo le nostre comunità parrocchiali sono per lo più del tutto impreparate a questo scopo. Pertanto, anche il richiamo frequente all’azione di sostegno della comunità appare astratto e con poche possibilità di essere tradotto in azione. Quel richiamo è’ un sfida che, al momento, le comunità possono raccogliere per una trasformazione profonda, da attuare a poco a poco, con l’aiuto di Dio. Comunità che diventano famiglia di famiglie.
Per concludere:un aspetto decisamente positivo dell’ampio documento è il frequente riferimento a Papa Francesco. In molte affermazioni si riconoscono la sua mente ed il suo linguaggio. Questo a me pare un importante viatico per la sintesi che dovrà fare e proporre come prospettiva di vita e azione per tutta la Chiesa. Non sarà facile ma la spettiamo con grande speranza. Sarà un nuovo entusiasmante regalo simile allo “Evangelii Gaudium”?
Certo, gradualmente molte cose stanno sintonizzandosi con lo spirito del Concilio. Piano piano: i tempi dello Spirito non sono quelli della nostra impazienza che tuttavia, nel frattempo, può sciogliersi in costante, fiduciosa preghiera.

UN PARLAMENTARE MOVIMENTISTA

3 novembre 2015

Ambrogio Ietto
LA FUGA DI VACCARO

‘Cronache’ di ieri pubblica un servizio sul futuro politico di Guglielmo Vaccaro, un parlamentare nostrano, nato a Pompei e vissuto tra Scafati, il Belgio, Roma e il resto del mondo. Dal maggio scorso, cioè da quando fu decisa da parte di Matteo Renzi la candidatura di Vincenzo De Luca a presidente della regione, per protesta appartiene al gruppo misto della Camera dei Deputati. In una lettera alla presidente Laura Boldrini egli, in quella occasione, ebbe a scrivere: “ La decisione del PD di selezionare per la Campania Vincenzo De Luca, personalità controversa e da qualche ora compromessa con potentati che hanno distrutto la politica nella mia terra, rappresenta per me una grave delusione.
E’ una scelta ingiustificabile, che – peraltro – è irricevibile sul piano dei principi “. Ed aggiunse: “ De Luca è condannato ad un anno, plurinquisito e sospeso per legge dalle funzioni di rappresentanza. Sento il dovere e la responsabilità di affermare che tutto ciò avviene senza il mio silenzio complice e senza il mio nome nei ranghi del PD; not in my name “.
Si sa che tra De Luca e Vaccaro non è mai corso buon sangue tanto che il secondo, in occasione delle precedenti elezioni politiche, fu costretto a migrare nel collegio di Campania 1 per evitare la sicura esclusione dalla lista del PD composta nel Collegio di pertinenza di Salerno. Ora si legge che Vaccaro “ si impegna per il futuro di Roma“ove, avendo trasferito residenza e studio, tenterà anche di guadagnarsi una candidatura per il consiglio comunale a sostegno del candidato Alfio Marchini.
Ovviamente Vaccaro, come sempre ha fatto, è libero di muoversi e di orientarsi come gli conviene. Salerno e la Campania intera, però, non perdono uno stakanovista in fatto di impegno parlamentare: infatti gli viene attribuito un indice di produttività del 39,5%, classificato come è al 532° posto su 630 deputati; è stato presente a Montecitorio al di sotto della metà delle sedute ( 44,65% con 5954 presenze sulle 13.334 chiamate ), non ha preso mai parte a missioni parlamentari mentre ha racimolato il 21,66° di assenze sulle 11.498 votazioni elettroniche. Inoltre non è stato mai relatore su di un disegno di legge. Le statistiche lo collocano nel gruppo dei ribelli avendo votato 88 volte diversamente dal proprio gruppo di appartenenza.
Il parlamentare scafatese, che è sicuramente dotato di spiccato pragmatismo celato da delicato perbenismo e da strumentale movimentismo, è libero di migrare dove vuole. Sarebbe stato pedagogicamente significativo vederlo impegnato personalmente nelle prossime elezioni comunali contro il deluchismo, posizione portata avanti da pochi coraggiosi, non cautelati, come lo è Vaccaro, da immunità parlamentare. Andrà anche a lanciare monetine nella fontana di Trevi.
L’impegno di De Luca per Salerno, originariamente votato alla realizzazione di fontane, ha perseguito altri obiettivi, privando i salernitani a lui ostili anche di dedicarsi d’estate a questo hobby. Forse è anche per questo motivo che Vaccaro emigra altrove.

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