IL DIRIGENTE SCOLASTICO TUTORE DEL DIRITTO ALLO STUDIO
17 settembre 2011
Salerno, 17 Settembre 2011
Ambrogio IETTO
SCUOLA SOTTO TIRO
Chi ha avuto modo di vivere l’esperienza scolastica anche soltanto come diretto utente o come attento esercente la patria potestà ricorda che da oltre quarant’anni l’inizio dell’anno scolastico è contraddistinto da proteste, richieste, denunce di disfunzioni e di ritardi riguardanti nomine del personale o carenze delle strutture edilizie.
Si ha la percezione che la gente e la società tutta scoprano i problemi della scuola soltanto tra fine estate ed inizio d’autunno o quando capita che un proprio congiunto, alunno o docente oppure facente parte della variegata categoria degli operatori del settore vada incontro ad un’ingiustizia subita in fatto di valutazione del profitto o all’assegnazione di un compito non dovuto.
Queste tensioni periodiche per circa un trentennio hanno prodotto sempre dei frutti copiosi grazie ad interventi generosi dei governi di turno che, non preoccupati dell’entità del debito pubblico accumulato, sono stati ben disponibili ad imbarcare sul barcone dell’istruzione pubblica masse enormi di aspiranti al posto fisso.
Erano gli anni in cui non si ipotizzava una moneta unica per l’Europa ed ogni nazione, priva di controlli comunitari, si regolava secondo i prevalenti interessi elettorali dei governi di turno.
Il Mezzogiorno d’Italia fu destinatario privilegiato delle assunzioni nell’amministrazione pubblica. La scuola costituì uno dei settori più avvantaggiati tanto da poter rifornire le istituzioni educative del Nord con decine di migliaia di docenti e di personale Ata ad ogni infornata. Per certi aspetti i nostri giovani aspiranti docenti contribuirono in misura notevole ad elevare la qualità dell’offerta formativa in Veneto, Lombardia e Piemonte.
I dati successivamente rilevati dall’Ocse confermano la bontà e la serietà delle risorse professionali esportate dal Sud verso il Settentrione. La crisi economico – finanziaria, purtroppo, ha reso appetitoso anche in quelle contrade un posto di docente o di assistente amministrativo.
Nel bando recentemente emanato di un concorso a posti di dirigente scolastico, la cui prova preselettiva si svolgerà il prossimo 12 ottobre, è fatto obbligo di permanenza nella regione scelta per sei anni da parte di coloro che risulteranno vincitori. E’ l’ulteriore conferma di una situazione generale che, segnata duramente dai provvedimenti restrittivi di tre anni fa del duo Tremonti – Gelmini, tende ulteriormente a peggiorare in futuro.
In tempi brevi, ad esempio, sindaci, giunte provinciali e regione dovranno trovare un’intesa per aggregare direzioni didattiche e scuole medie in istituti comprensivi con almeno mille scolari. La stessa pianificazione riguarderà gli istituti secondari le cui sedi territoriali non saranno eliminate ma entreranno a far parte di autonomie scolastiche dotate di un’utenza sempre almeno pari alle mille unità.
Ciò comporterà una sensibile diminuzione di posti di dirigente scolastico, di dirigente dei servizi amministrativi e di assistenti di segreteria.
Ancora recenti ricerche mettono sotto osservazione il problema degli oltre novantamila docenti di sostegno la cui attività, così come è stata organizzata e portata avanti finora, non ha dato i risultati sperati per gli oltre 200.000 allievi diversamente abili loro affidati.
Insomma la scuola, nel mentre è sotto tiro, vive al suo interno contraddizioni e limiti che richiederebbero, al contrario, orientamenti convergenti e sostegno diffuso. Si legge e si percepisce troppa conflittualità in giro. Protestano in troppi: precari, genitori, sindaci, addetti ai lavori. Una scelta politica scellerata trasformò solo per motivi demagogici le graduatorie permanenti in graduatorie ad esaurimento, generando legittime aspettative tra gli interessati. Frattanto da quasi dodici anni non vengono banditi concorsi per i giovani laureati e chi entra in ruolo dopo un quarto di secolo di attesa è stanco, stizzoso, demotivato, allergico alla formazione continua e alle innovazioni.
Così genitori che si scandalizzano per il versamento di un contributo volontario a sostegno di iniziative di integrazione e di arricchimento dell’offerta formativa. Non mancano sindaci che interrompono l’erogazione del servizio, sospendendo pregiudizialmente l’attività didattica in tutti i plessi mentre motivi straordinari giustificherebbero il provvedimento per eventuali problemi igienici soltanto nelle sedi ove non è possibile assicurare il servizio di pulizia degli ambienti per carenza di personale.
Va ricordato ai pubblici amministratori che la scuola dovette caricarsi anche del dono ‘ offerto’ dai comuni di decine di migliaia di ausiliari assunti con sistemi padronali e transitati con lo Stato a svolgere una funzione delicata a contatto di bambini e di preadolescenti. Così è stato anche per migliaia di lavoratori definiti socialmente utili, recuperati da fallite attività produttive e collocati dall’oggi al domani a contatto di bambini di tre -quattro anni frequentanti scuole dell’infanzia.
Va detto con chiarezza che in non pochi di questi dipendenti si è consolidato il convincimento che con lo Stato sussistono quasi esclusivamente i propri diritti e in misura contenuta il proprio dovere verso il lavoro da svolgere.
Nel turbinio delle prese di posizione e dei protagonismi finanche alcuni consigli di istituto deliberano di non dare il via all’apertura e al funzionamento delle attività didattiche. Ci si dimentica che la legge attribuisce questa facoltà per motivi gravissimi esclusivamente a sindaci e a presidenti di Provincia per le scuole di diretta pertinenza.
Sembra, insomma, di trovarsi in una torre di babele con un’amministrazione scolastica centrale, regionale e provinciale ridotta al lumicino e depauperata nei suoi quadri anche dal punto di vista qualitativo. Restano sul campo, in prima linea, i poveri dirigenti scolastici letteralmente aggrediti da proteste e vituperi da dirottare verso altri interlocutori meritevoli e come del caos che si genera ogni anno.
I dirigenti delle singole scuole hanno il dovere primario di assicurare il diritto allo studio a bambini e a giovani. Pertanto nei limiti del possibile sono chiamati a trovare soluzioni che non depauperino ulteriormente un tempo scolastico già limitato e limitabile nel corso dell’anno scolastico per occupazioni e proteste varie.
Essi sanno bene di non dover cadere nei tranelli demagogici di chi ha interesse a buttare benzina sul fuoco. Ciò comporta anche il coraggio di prendere posizioni e di sostenere che la loro presenza all’interno dell’organo decisionale della scuola, quali membri di diritto, sta a significare eventualmente anche la mancata validazione di decisioni assunte illegittimamente dall’organo collegiale.