Archivio per aprile, 2014

UN NOVECENTO RICCO DI EVENTI SIGNIFICATIVI PER LA CHIESA

28 aprile 2014

Ambrogio Ietto

 

Quattro papi insieme

 

Non è mai accaduto nella storia della Chiesa e dell’umanità: in duemila anni, infatti,  solo ieri sono stati insieme  quattro papi, due santi e due vivi. Lo straordinario regista di questo evento eccezionale è stato, ovviamente,  papa Francesco che il 5 luglio 2013 firmò il decreto di canonizzazione di papa Angelo Giovanni Roncalli ( Giovanni XXIII ) e di Carol Józef Wojtyla ( Giovanni Paolo II ), stabilendo per entrambi  domenica 27 aprile quale  unica  data per la cerimonia della santificazione  alla quale hanno partecipato circa 900 mila fedeli, 120 delegazioni straniere, 24 capi di Stato e 50 capi di governo tra presidenti e vice presidenti di consigli dei ministri.

Alla concelebrazione ha partecipato anche il papa emerito Benedetto XVI che il primo maggio 2011 aveva presieduto in piazza San Pietro la cerimonia di beatificazione di Papa Wojtyla. Quest’ultimo pontefice, a sua volta, aveva proclamato beato Giovanni XXIII il 3 settembre 2000.

Come è possibile riscontrare trattasi di un intreccio di eventi significativi per la storia della Chiesa ma anche per i quattro pontefici.

Dei due santi chi scrive ha due ricordi incancellabili: guidati da Maria Badaloni, all’epoca sottosegretario di Stato alla Pubblica Istruzione e presidente nazionale dell’Associazione Italiana Maestri Cattolici, ci ritrovammo in udienza speciale, a diretto contatto di Papa Roncalli, nella qualità di delegati al settimo congresso nazionale dell’AIMC del 1962.

Mancavano alcuni mesi al famoso ‘ discorso della luna’ dell’11 ottobre 1962. Giovanni XXIII volle sollecitare noi maestri per primi, nel tornare alle nostre aule, a dare una carezza a nome suo ad ognuno dei nostri allievi. Diffuso tra i presenti fu il sentimento della commozione. La dimensione della magistralità veniva colta dal pontefice nel gesto più protettivo ed incoraggiante per un’infanzia deputata a percorrere i sentieri della conoscenza.

Più avanti negli anni, al congresso nazionale dell’AIMC del 1995, l’amabilità di don Giulio Cirignano, all’epoca assistente nazionale dell’Associazione Italiana Maestri Cattolici, agevolò un’interlocuzione breve ma molto intima ed intensa tra chi scrive e Papa Giovanni Paolo II.

Già la timida alba  primaverile del 16 aprile 1964 aveva regalato all’estensore di questi ricordi e a sua moglie particolari espressioni di incoraggiamento da parte di Padre Pio da Pietrelcina poi beatificato ed elevato anch’egli alla dignità degli altari  da papa Giovanni Paolo II. Questi, da giovane sacerdote, si era recato a confessarsi dal padre cappuccino a San Giovanni Rotondo e  nel novembre 1962, da Vescovo di Cracovia, trovandosi a Roma per il Concilio Vaticano II,  aveva scritto una lettera urgente in latino a Padre Pio, sollecitandolo a intercedere con la preghiera a favore della professoressa Wanda Poltawska, sua amica e collaboratrice, madre di quattro bambine, in fin di vita per un cancro alla gola. Undici giorni dopo l’inoltro a mano della lettera la signora polacca era guarita all’improvviso.

Papa Roncalli, invece, aveva sofferto molto per le insinuazioni che arrivavano contro Padre Pio da ambienti ecclesiali. Lodò Iddio quando l’arcivescovo di Manfredonia mons. Andrea Cesarano, già conosciuto dal pontefice in Bulgaria, definì Padre Pio ‘ uomo di Dio e santo’.

Il Novecento, pertanto, può definirsi un secolo glorioso per la Chiesa: san Pio da Pietrelcina, testimone della sofferenza e della povertà; Papa Giovanni XXIII, figlio di contadini della Bergamasca, prototipo della semplicità, ideatore e gestore del Concilio Vaticano II e del processo di evangelizzazione della Chiesa Universale; papa Giovanni Paolo II, uno degli artefici più significativi del crollo dei sistemi del socialismo reale; papa Benedetto XVI, rinunciatario al ministero di vescovo di Roma, successore di San Pietro,  modificatore di fatto, con le sue dimissioni, della Costituzione Vaticana;  infine Papa Francesco, primo pontefice proveniente dal continente americano, che ogni giorno di più conquista la simpatia dell’umanità vivente per la profondità delle sue affermazioni e per la straordinaria semplicità dei suoi atti e dei suoi gesti.

LA CELEBRAZIONE DEL VENTICINQUE APRILE RICHIAMA ALLA MENTE ANCHE L’INSOPPRIMIBILE VALORE DELLA LIBERTA’

24 aprile 2014

 

Salerno, 24 aprile 2014

 

Ambrogio IETTO

 

LIBERTA’ di SCRIVERE

 

Domani venerdì 25 aprile ricorre l’Anniversario della liberazione d’Italia:trattasi di una ricorrenza-simbolo della fine non solo del secondo conflitto mondiale ma anche del ventennio fascista e dell’occupazione , da parte della Germania nazista, del territorio nazionale.

Il richiamo di questo evento storicamente rilevante, al di là delle possibili, differenti interpretazioni che si sono date e che continuano a darsi muovendo da pregiudiziali di esclusiva matrice ideologica, alimenta nella mente di molte persone una riflessione sulla libertà, sulla capacità di autodeterminarsi nel pensare e nell’agire, decidendo secondo fini consapevolmente valutati e scelti senza costrizione della personale volontà.

E’questo un bene supremo opportunamente ripreso dai nostri Padri Costituenti che all’articolo 21 vollero codificarlo come uno dei principi essenziali della democrazia: “ Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure “.

La manifestazione libera del proprio pensiero fa correre il rischio, a chi ne fa uso, di essere etichettato come soggetto oppositore o sostenitore di questa o di quella linea politico – amministrativa, di questo o di quel personaggio pubblico deputato, grazie al consenso popolare, al governo di una pubblica istituzione.

Capita, così, anche a chi scrive, incontrando occasionalmente un conoscente, di essere qualificato come  ‘antideluchiano’. E’ questo un modo assolutamente riduttivo di valutare il pensiero e lo scritto altrui soprattutto quando è ben nota l’estraneità assoluta ad un’aggregazione partitica o ad un movimento di opinione.

Un elemento certo è offerto dal fatto  che si è organicamente ospitati su di un quotidiano locale che raccoglie e pubblica idee e posizioni diverse a condizione che le stesse siano redatte ed espresse nel rispetto prioritario della dignità della persona oltre, ovviamente, del codice penale.

I contributi  pubblicati, tranne che non si tratti di un evento celebrativo o della necessità di ‘ entrare dentro’ una notizia che ha forte ricaduta sul pubblico dei lettori, sono di spontanea iniziativa  dell’ideatore-redattore e godono della fiducia di un direttore responsabile coraggioso e creativo.

L’etichetta ‘antideluchiana’ può essere giustificata soltanto dal fatto che il sindaco di Salerno è così fertile, colorito ed aggressivo nel linguaggio da offrire ricorrenti spunti e doviziose provocazioni a quanti si dilettano, come chi scrive, ad evidenziarne noiose ed esagerate ripetitività, sproporzionate comparazioni, affermazioni troppo spesso volontariamente false, offese gravi, gratuite e generiche,  verbosità eccessiva, unilaterale ed allergica ad ogni forma di garbata interlocuzione.

Questi limiti si accompagnano ad un concetto molto personale di libertà e di democrazia per niente prossimo all’elaborazione  di Piero Gobetti che l’onorevole De Luca spesso richiama quale una delle intelligenze significative della personale formazione.

Gobetti, estimatore di Salvemini e di Prezzolini, allievo di Einaudi, considerava “ la politica come forma di educazione “. Non è ardito pensare e scrivere che il pensiero e l’agire di De Luca non abbiano nulla di pedagogico: portatore di pensiero unico, determinato al massimo nel portare avanti iniziative che sono solo frutto della personale elaborazione, padre – padrone dei componenti della giunta comunale, elargitore di incarichi contestualmente arricchiti dalla sottoscrizione, da parte del destinatario, della lettera di dimissioni con data in bianco. Chi più ne ha più ne metta!

DON GIULIO CIRIGNANO: UNA TENERA, DELICATA RIFLESSIONE SULLA PASQUA

19 aprile 2014

Questo Blog personale si onora ancora una volta di ospitare, per la Santa Pasqua, una delicata, profonda riflessione di Don Giulio Cirignano, professore emerito di Sacra Scrittura presso la Facoltà di Teologia dell’Italia Centrale.

Sabato  Santo ( 19 aprile 2014 )

Don Giulio Cirignano

Canto di Pasqua

 

Quest’anno la pasqua sarà più dolce. Un clima speciale lo garantisce. Avrà il sapore di un nuovo inizio nel segno del Vangelo della misericordia, del perdono, dell’accoglienza. Ma non possiamo restringere il senso della pasqua dentro un orizzonte individuale o intimistico. Tutto il popolo di Dio è invitato a far festa intorno al suo Signore, vincitore della morte. Poi dal cuore della festa, guardare al futuro con ragionevole ottimismo.

La ragione di tutto ciò è presto detta. L’amore di Dio per il mondo è stato rimesso al centro della fede cristiana. In esso, la chiesa riscopre con gioia la sua vocazione profetica. Qualcuno potrebbe dire che è sempre stato al centro. Certo, ma c’è modo e modo di mantenerlo e, soprattutto, di renderlo creativo.

L’amore di Dio per l’uomo, al centro. Una luminosa costellazione di parole e pensieri inediti, di continuo richiamati nel magistero di papa Francesco, con ordinata esposizione consegnata alla responsabilità di tutti nella esortazione apostolica “ evangeligaudium “.

Clima nuovo dunque. Per restarne convinti basta scorrere l’indice del documento “ Una chiesa in uscita, pastorale in conversione, dal cuore del Vangelo, una madre dal cuore aperto “. Alcune sfide del mondo attuale: “ No a un’economia dell’esclusione, no alla nuova idolatria  del denaro, no ad un denaro che governa invece di servire, no all’iniquità  che genera violenza …”. L’elenco potrebbe continuare inoltrandoci nel capitolo terzo, nel preziosissimo capitolo quarto, per finire nell’ultimo.

Il telegrafico elenco di temi spinge immediatamente a formulare due tipi di domande:. Il primo: ‘ quanto è lievitato questo provocante discorso nella coscienza del popolo di Dio ? Quanto, cioè, è amorevolmente letto, attentamente meditato, intelligentemente recepito ? ’  Il secondo: ‘ quanto è assunto   come punto di partenza per una rinnovata programmazione nella Chiesa italiana ? ‘.

Quest’ultima è domanda fondamentale e  rivelativa. Da essa ne scaturiscono  altre: ‘ tutto, nella nostra Chiesa è continuato come prima ? Si è veramente compreso, in basso e in alto, che questo pronunciamento del magistero di Papa Francesco ha chiuso una stagione e ne ha aperto una nuova ? Quanto ha generato, almeno nella intenzione, un nuovo modo di pensare e di parlare ? ‘.

Quest’anno davvero la pasqua sarà più dolce se il popolo di Dio, in basso e in alto, saprà aprirsi alle provocazioni dello Spirito. Dobbiamo riconoscerlo: anche se un reale cambio di marcia ha bisogno di tempi lunghi, niente può più essere come prima. Le provocazioni della bellezza non possono essere facilmente messe a tacere.

E’ bella la gioia del Vangelo. Bella e impegnativa la fatica del dialogo. E’ bella la consolazione di camminare insieme agli altri, anche e, soprattutto, se diversi. E’ bella la fantasia spirituale capace di creare speranza. Bella è l’impossibile ragionevolezza della pace. Bello il profilo di Chiesa povera e dei poveri. Della mitezza e della continua sete e fame di giustizia. Bella la Chiesa della insistente e utopica ricerca della pace.

Bella perché segnata dal marchio delle beatitudini. Capace di mettere in scena una ricerca condivisa, collegiale, intorno ai numerosi problemi di ordine teologico, morale e pastorale. Bella una Chiesa convinta della collegialità. No. Niente può essere come prima.

Cominciamo allora il canto della pasqua, il canto della Chiesa purificata dagli orpelli dell’ambizione e del potere. Della mondanità. Iniziamo il canto della fraternità, della umile ma tenace attenzione ad ogni problema che minaccia la gioia. Il canto che sogna la fine della cultura della indifferenza e dello scarto. Il canto del coraggio contro ogni nequizia fonte di indicibili pene.

Sì, quest’anno la pasqua sarà davvero più dolce, se dopo il canto, sapremo trovare lo spazio per la preghiera. Dobbiamo trovare per la nostra interiorità nuovi sentieri. La fiamma accesa dallo Spirito dovrà farsi larga e luminosa. A Papa Francesco la consolazione di essere alla testa di una nutrita, folta processione di persone redente dalla gioia del Vangelo.

 

 

IL PENSIERO DI BACONE E DI ENNIO FLAIANO SULLA STUPIDITA’

19 aprile 2014

 

 

Salerno, 18 aprile 2014

 

Ambrogio Ietto

 

Quando De Luca parla

Antonio Polito, editorialista del ‘ Corriere della Sera’ e neodirettore del ‘Corriere del Mezzogiorno’ , ha ospitato nei giorni scorsi, presso la sede del giornale, il sindaco Vincenzo De Luca per un Forum dedicato esclusivamente al suo impegno politico ed amministrativo.

La prima domanda, proferita proprio da Polito in chiave intelligentemente interrogativa e provocatoria, osa identificare De Luca con ‘ una sorta di satrapo orientale’, una specie di dignitario governante una provincia nell’antico impero persiano. La nota distintiva del satrapismo, come si sa, era il comportamento autoritario, dispotico che Polito osa individuare nell’insofferenza, da parte del sindaco di Salerno, verso i sistemi di controllo e  nell’impegno politico ipoteticamente ereditabile da parte dei suoi figlioli.

Citando Bacone la risposta di De Luca è lapidaria: “ la stupidità non è un argomento. Non ho niente da rispondere “.

Nel corso del Forum le espressioni del sindaco sono degne di quella che egli stesso definisce ‘polemica violenta’: invoca i marines per espugnare un PD ‘ balcanizzato e polverizzato’, precisa che lui e Renzi non si ‘sono lasciati perché non si sono mai presi’, si attribuisce i diritti d’autore (‘copyright’) per essere stato il primo in Italia ad approfondire temi quali il ‘ burocratismo’ e il ‘Mezzogiorno’, afferma con risolutezza che ‘non chiede il permesso a nessuno quando decide di candidarsi’, attribuisce a Caldoro la qualifica di essere ‘il più grande produttore di fumo al mondo insieme al Vesuvio’ mentre l’assessore regionale ai trasporti Vetrella viene giudicato privo di ‘ civiltà istituzionale e concretezza operativa’.

In aggiunta entrambi fanno parte della ‘ palude burocratica’ stagnante a Palazzo Santa Lucia. In considerazione del fatto  che si vive in ‘ un Paese di farisei ed ipocriti’, De Luca ammette che ‘ nella sua attività istituzionale non ha amici’ e ‘ non frequenta nessuno dei dirigenti con cui lavora’, però, fortunatamente, ‘ ha stima e gratitudine per alcuni di essi’. Ribadisce ancora che in senso lato egli  ‘ amici non ne ha’.

In sostituzione di Bacone, di cui il sindaco recupera la citazione sulla stupidità, mi piace riprendere uno degli aforismi dello scrittore e drammaturgo viennese Hugo von Hofmannsthal riservato proprio alla stupidità e riportato nel suo ‘ Il libro degli amici’ ( Adelphi, 1980 ): “ la più pericolosa sorta di stupidità è un’acuta intelligenza”.

Sono  tentato anche di scomodare Ennio Flaiano, scrittore e giornalista, il quale, in uno dei tanti elzeviri pubblicati col titolo ‘ Ombre grigie’ sul ‘ Corriere della Sera’ del 13 marzo 1969, così scrive della stupidità: “Essa ha fatto progressi enormi. E’ un Sole che non si può più guardare fissamente. Grazie ai mezzi di comunicazione, non è nemmeno più la stessa, si nutre di altri miti, si vende moltissimo, ha ridicolizzato il buon senso, spande il terrore intorno a sé “. Sic!

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