Archivio per settembre, 2010

UNO SCONTRO CHE DANNEGGIA INEVITABILMENTE SALERNO E LA SUA PROVINCIA

29 settembre 2010

 

Salerno, 29 settembre 2010

Ambrogio IETTO

IL LINGUAGGIO COLORITO DI DE LUCA

E LE STRATEGIE ONIRICHE DI CIRIELLI

 

Da tempo non sospetto avevo anticipato che le dimissioni di De Luca da consigliere regionale e le prossime elezioni amministrative di primavera al comune di Salerno avrebbero di fatto trasformato il confronto e il dibattito politico – amministrativo nostrano in un conflitto permanente tra istituzioni con conseguenze assolutamente negative sia per la città capoluogo sia per l’intero territorio provinciale.

Quanto sta accadendo in questi ultimi tempi conferma, purtroppo, di essere stati facili profeti. L’oggetto del contendere è, infatti, la poltrona di sindaco di Salerno: De Luca, dopo la sconfitta subita quale candidato a presidente della giunta regionale della Campania e le frustrazioni vissute in precedenza quale inerme componente della Camera dei Deputati, accentuando  il suo pathos verso la città, si identifica sempre più con essa ed è già in piena campagna elettorale per essere riconfermato per la quarta volta suo primo cittadino.

Cirielli, dal canto suo, dopo una campagna acquisti numericamente significativa che gli fa correre il rischio di un effettivo processo di implosione, considera l’ipotetica conquista di Palazzo di Città, da parte del suo schieramento, un obiettivo non solo prestigioso ma strategico per la realizzazione di un progetto, quello della costituzione di una nuova regione, che – al momento –  si presenta nella sua mente  durante l’inevitabile ed incontrollabile attività onirica del sonno notturno.

Ovviamente o col nome di Silenia o  con quelli di Principato o di Longobardia  a capo di questa ipotizzata nuova regione dovrebbe appunto essere incoronato l’attuale presidente della provincia di Salerno. Poiché sembra che le componenti politico – amministrative sannita ed irpina giudicano risibile un processo aggregativo di questo tipo, l’ipotesi più recente si limita al solo territorio della provincia di Salerno che, secondo l’articolo 132 della Carta Costituzionale, ha i prerequisiti per perseguire l’obiettivo di essere elevata alla dignità di regione autonoma: supera, infatti, di oltre 100.000 abitanti il limite minimo previsto di almeno un milione di residenti e, senza particolari  difficoltà, può vedere soddisfatta la richiesta deliberata da un numero di Consigli comunali i cui territori di competenza ospitano almeno 370.000 abitanti ( un terzo della popolazione dell’intera provincia).

Poi si dovrà passare al referendum per l’approvazione della proposta da parte della maggioranza delle popolazioni interessate. Infine, ma Cirielli non teme ostacoli neanche di questa natura, occorrerà una legge costituzionale che, come è noto, ai sensi dell’articolo 138 della Carta, richiederà due successive deliberazioni a maggioranza assoluta da parte di ciascuna delle due Camere ad intervallo non minore di tre mesi.

Frattanto il governatore Caldoro, suo compagno di schieramento, si rifugia dietro il federalismo e il concetto di autonomia per non entrare nel merito dell’ardito progetto del presidente della provincia. Ovviamente De Luca boccia il tutto ed ironizza  tra Arechi e Roberto Il Guiscardo. Aeroporto e gestione del termovalorizzatore costituiscono al momento le questioni che acuiscono maggiormente lo scontro tra i due referenti istituzionali. Sul ‘ Costa d’Amalfi ‘ si sa qual è la situazione che vede di fatto estraniato il comune capoluogo dai vari organismi di gestione.

De Luca, col suo linguaggio fiorito, ‘ manda tutti a quel paese’ perché ‘ si è rotto le scatole ‘. Non è dello stesso avviso per quanto riguarda il termovalorizzatore. Non accetta la legge regionale n. 4 del 28 marzo 2007, voluta ed approvata da Bassolino e dagli altri suoi compagni, che agli articoli 8 e 9 precisa le competenze delle province e dei comuni in materia di raccolta dei rifiuti.

Così si ascoltano frasi sconcertanti che lasciano percepire la violenta irritazione, accompagnata da parole incontrollate, del primo cittadino: ‘ la Campania è una regione di dementi ‘, ‘ non me ne frega niente di Bertolaso ‘, ‘ siamo di fronte a dei magliari e cialtroni che fanno solo clientelismo ‘ ed espressioni simili. Ora il sindaco, disponendosi a resistere anche alle inesistenti  ‘armate rosse ‘,  si dichiara finanche pronto ad una variante del PUC per una diversa destinazione dell’area riservata originariamente all’installazione dell’impianto.

Al cittadino attento a queste vicende piuttosto tristi sconcerta sempre di più il doppio modo di comunicare e di usare il linguaggio da parte di De Luca. Argomentato, deciso, sostanzialmente corretto quando è ospite di trasmissioni televisive su canali nazionali. Tutt’altro e sempre offensivo quando i destinatari del messaggio sono solo i suoi concittadini.

Non poche volte mi è capitato di ascoltare con autentico piacere,  da connazionali incontrati nel Nord del Paese,  giudizi lusinghieri sul conto del sindaco la cui percezione ‘ fuori confine ‘ è decisamente positiva. Mi viene, quindi, da chiedere: De Luca  ritiene forse che i suoi amministrati siano degni del suo  sconcio e disgustoso linguaggio oppure pensa di soddisfare meglio così le attese dei suoi più fanatici sostenitori che probabilmente provano godimento acustico nell’ascoltare molte delle sue espressioni ad effetto ?

Certo è che fino alla prossima estate, stagione successiva alla primavera elettorale, il tono e il contenuto della comunicazione peggioreranno sempre di più. I due protagonisti continueranno ad offendersi: chi con le azioni e chi con le parole. Risulteranno, così, coinvolte, in questo gioco al massacro, le istituzioni rappresentate mentre i problemi inevitabilmente si aggraveranno.

UNA NUOVA REGIONE CON CAPOLUOGO SALERNO ? MOTIVAZIONI SERIE NON RISIBILI BANALITA’

25 settembre 2010

 

Salerno, 25 settembre 2010

Ambrogio IETTO

 

UN PROGETTO ‘ FORTUNATO ‘ E UNA POLITICA INADEGUATA

 

A Gigi Casciello va attribuito quantomeno il merito di perseverare con caparbietà, coraggio e innegabili sacrifici nell’impresa di assicurare sopravvivenza a questo giornale e di garantire allo stesso una linea editoriale priva di condizionamenti di sorta ed aperta ad un’ermeneutica  effettivamente  pluralistica di quanto si verifica in città e in provincia.

Questa preliminare considerazione tiene conto anche di quanto scritto nell’editoriale di ieri a proposito dell’avvenuta presentazione a palazzo Sant’Agostino, da parte del consigliere regionale Fortunato, del progetto finalizzato all’istituzione di una nuova regione avente per centro politico ed istituzionale Salerno.

La cronaca dell’avvenimento e i testi virgolettati riportati, facenti parte dell’intervento del presidente del comitato promotore, danno la misura dell’improvvisazione e della superficialità con le quali si affronta una questione delicata, qual è indubbiamente la proposta di smembramento dell’assetto attuale della Campania, alla quale l’ideatore, vale a dire il presidente dell’amministrazione provinciale Edmondo Cirielli, di certo intendeva e tuttora intende dare una motivazione ben più solida, confortata non soltanto dall’ovvio assorbimento, da parte di Napoli e del suo hinterland, della stragrande maggioranza delle risorse disponibili ma arricchita da una serie di fattori riguardanti l’ipotetica dimensione territoriale, l’assenso di massima da acquisire da parte dei consigli provinciali di Avellino e Benevento, il PIL attuale del territorio potenzialmente interessato in rapporto all’area metropolitana di Napoli e alla provincia di Caserta, una comparazione antropologicamente corretta delle differenti identità storico – culturali, le prospettive di sviluppo collegate alla migliore valorizzazione delle Università di Salerno e del Sannio, il sistema logistico e dei collegamenti, ecc..

Le ragioni partecipate a supporto della proposta confermano in primo luogo l’inadeguatezza di una politica che ripropone il tema stantio, abusato fino alla nausea da De Luca, del cosiddetto napolicentrismo. Con un governo regionale e con quattro dei cinque consigli provinciali di centrodestra, ad una distanza temporale non lunga dall’insediamento di questi organismi, è semplicemente puerile giustificare l’ipotesi avanzata con la mancata presa in considerazione, da parte della giunta regionale, delle proposte e delle richieste sostenute da consiglieri della maggioranza.

E’ questa la confessione candida, non solo della personale inadeguatezza-incapacità, ma anche, e soprattutto, dell’assenza di un progetto organico di sviluppo del territorio campano, segno di un affastellamento di richieste e di aspettative affidate al protagonismo dei  rappresentanti eletti nelle singole aree circoscrizionali ma per niente frutto di un’elaborazione pensosa, responsabilmente corale, necessariamente mediata in relazione anche alle oggettive, contenute risorse disponili.

La scelta di De Luca di rinunciare al ruolo di capo dell’opposizione della giunta regionale di centrodestra, nel confermare la propria indisponibilità a svolgere una semplice funzione di critica costruttiva e di  proposta alternativa o integrativa alle scelte della maggioranza, ha evidenziato anche la particolare sua fragilità verso ruoli e responsabilità che si identificano, comunque, con la diffusa sindrome della gestione del potere.

Resta naturale, così, anche per lui tuonare contro i governi nazionale e regionale che non gli somministrano risorse sufficienti. Insomma oggi, sempre più, l’attività amministrativo – istituzionale viene ad identificarsi con l’esigenza diffusa di accaparrare fondi la cui utilizzazione consente, ovviamente, il consolidamento del consenso.

Tra le stranezze di questa proposta rientra anche l’affidamento del coordinamento del comitato all’unico consigliere eletto con la ‘ lista del presidente Caldoro ‘. Così è accaduto che richiami storici ed ecclesiali si sono intrecciati al fine di dare anche un sottofondo culturale all’operazione. E’ stata scomodata finanche la Longobardia tanto cara al grande Gianni Brera che salutò con note calorose l’avvenuta intitolazione del nuovo stadio di Salerno alla memoria del principe Arechi.

Per motivi di opportunità, ovviamente, non ci sono stati riferimenti alla conquista di Paestum ad opera dei Lucani nel quarto secolo a. C. né alla lega costituita dai bellicosi Sanniti che consentì loro di controllare l’intero territorio che andava dal golfo di Salerno all’Adriatico.

Peccato che Fortunato sia molto giovane e non abbia potuto a suo tempo assicurare la necessaria protezione alla sua Policastro, antica Pixunte e Buxentum, a cui fu sottratta la titolarità della diocesi da parte di Teggiano.

Dalle cronaca si legge, infatti, che egli ha anche ipotizzato, con l’istituzione del principato di Salerno, la conseguente elevazione alla dignità cardinalizia del neo-arcivescovo mons. Luigi Moretti. Senza escludere, ovviamente, il successivo passaggio al trono di San Pietro. Amen.

                                                                      

 

POLONIA: UN PAESE E UN POPOLO DA SCOPRIRE E DA SOSTENERE

23 settembre 2010

 

Salerno, 23 Settembre 2010

Ambrogio IETTO

VIAGGIARE PER CONOSCERE E PER RIFLETTERE

 

Estate:  tempo di vacanze che puoi utilizzare e/o valorizzare, ovviamente, in modi diversi.  Tra mare, colline e monti la nostra penisola offre un campionario variegato che, grazie anche al clima favorevole, acuisce soprattutto la difficoltà della scelta.

L’alternativa subordinata, da non escludere pregiudizialmente,  è offerta dalla possibilità di rimanere in città, laddove abitualmente vivi, per scoprire la silenziosità delle sue strade non intasate dall’abituale caotico traffico e per percepire il fascino delle sue antiche mura, testimoni discreti delle ansie e delle speranze, delle sofferenze e delle gioie delle tante generazioni che ti hanno preceduto.

Nell’età che non è più quella della giovinezza e della cosiddetta maturità, se hai ancora la fortuna di essere animato dal desiderio di conoscere e di imparare, l’opzione va a favore di un paese e di un contesto di cui possiedi informazioni limitate ad eventi e a personaggi determinanti della sua storia e della sua cultura ed acquisite sui testi scolastici del passato che fu o attraverso i canali mediatici del nostro tempo.

La soluzione ‘ viaggio guidato ‘ sembra, così, quella giusta soprattutto se referenziata da precedenti, positive esperienze con lo stesso tour operator. Le considerazioni che seguono fanno riferimento, dunque, alla Polonia, visitata con una certa sistematicità nei giorni scorsi anche col favore di un settembre per niente piovoso.

Ovviamente non è questa la sede per una cronistoria del giro e per un’utilizzazione, sia pure parziale, delle tante pubblicazioni redatte, a mò di guida, anche in lingua italiana. Si tratta, invece, di recuperare, mediante un ulteriore processo di rivisitazione mentale di quanto visto ed ascoltato, una percezione di sintesi dell’esperienza vissuta.

Ti si ripropone, così, un popolo che, osservato ed interpretato nei comportamenti delle singole persone, manifesta sofferenza passata, preoccupazione consapevole dell’oggi e speranza fievole o solida – a seconda dei casi – nel futuro.  Sono chiaramente intelligibili, infatti, considerazioni che, senza incappare in precisi richiami storici, ripropongono la complessiva condizione d’animo di tante generazioni di polacchi che, tra invasioni, temporanee stagioni di autentico splendore, occupazioni, condizionamenti subìti da Paesi territorialmente vicini, guerre di successione, spartizioni conseguenti, estinzione dell’entità statale unitaria, riconquistata indipendenza,  stermini di massa, regimi dittatoriali ed insurrezioni  varie, manifestano, unitamente ad una sorta di dolore morale ormai consolidato, anche la preoccupazione che possano riproporsi situazioni del passato sia per la centrale posizione geografica occupata all’interno del continente europeo, che ha alimentato l’altrui appetito, sia per una complessiva, oggettiva fragilità delle diverse gestioni politiche che si sono avvicendate nel tempo.

La speranza è confortata dall’ attuale Pil che è pari a quello della vicina Germania, da un’utilizzazione mirata dei fondi europei e dal recente insediamento di molte aziende a dimensione multinazionale. La visita di ben individuati luoghi, pertanto,  consente di cogliere le motivazioni di una così diffusa condizione dell’animo polacco.

A cominciare dalla miniera storica di salgemma di Wieliczka, alla periferia di Cracovia. Preziosissimo monumento della cultura materiale, iscritto nella prima lista del Patrimonio Culturale e Naturale dell’Unesco, consente, coi suoi 300 chilometri di corridoi e le 3000 caverne reperibili fino a 327 metri di profondità, di rendersi conto non solo dell’evoluzione, maturata nel corso di quasi nove secoli, dei metodi di sfruttamento del salgemma, ma soprattutto di rivivere la condizione psicologica di centinaia di migliaia di minatori avvicendatisi tra i meandri di stretti passaggi col rischio permanente di soccombere alla durezza di un lavoro disumano o ai grandi, imprevedibili blocchi di sale verde.

Il pensiero vola così ai 262 minatori, di cui 136 italiani, periti a 975 metri di profondità al Bois du Cazier di Marcinelle nell’agosto del 1956. Erompe, però, anche il richiamo dei 33 minatori cileni, intrappolati a 700 metri di profondità dallo scorso 5 agosto nella miniera di San José a nord di Santiago, e all’accampamento di tende e di roulotte realizzato in superficie dai loro familiari che informano i sepolti vivi degli avvenimenti esterni, dalle nascite alle celebrazioni matrimoniali, alle visite ricevute. Non per niente all’alloggiamento provvisorio è stato dato il nome di ‘Esperanza’.

Per chi si reca in  Polonia la visita al campo di concentramento e di sterminio di Auschwitz  va considerata non solo atto dovuto ma anche, e soprattutto,  la risposta ad un  bisogno profondo dell’animo. Si tratta di mettere in moto, con naturale feedback, ingovernabili processi riflessivi che spingono  a considerare l’incommensurabile empietà di un folle ma lucido progetto  di radicale estinzione di una razza e di una cultura. Se ti disponi poi a leggere la testimonianza del polacco  Bogdan Bartnikowski, arrestato con la madre durante l’insurrezione di Varsavia (agosto del 1944)  e deportato all’età di 12 anni al campo di Auschwitz – Birkenau, ti rendi conto che le decine di migliaia di scarpette di bambini, del loro povero materiale ludico e delle montagne di capelli messi in esposizione nel museo costituiscono soltanto la prova concreta di quanto efficacemente raccontato nel libro ‘Infanzia dietro il filo spinato ‘, pubblicato anche in lingua italiana.

La non nascosta sofferenza per un passato imbevuto delle troppe violenze subìte e della continua mortificazione dell’identità personale e nazionale trova, nella profonda e generalizzata religiosità di questo popolo, l’ancora della salvezza e la forza della speranza.

I riti officiati nel santuario della Madonna di  Cestocova e il culto della Divina Misericordia nelle forme tramandate da Santa Suor Faustina costituiscono, infatti, le manifestazioni che più nitidamente esprimono la forza di fede di questo popolo che individua in Walesa, fondatore di Solidarnosc, nel vecchio primate cardinale Wyszinski e, soprattutto, in Papa Wojtyla i fari luminosi della propria rinascita.

IL CRUENTO ASSASSINIO DI ANGELO VASSALLO SINDACO DI POLLICA – ACCIAROLI

7 settembre 2010

 

Salerno, 7 Settembre 2010

Ambrogio IETTO

UN UOMO, IL MARE E IL SUO TERRITORIO

Meno di dieci giorni fa avevo scritto un ‘ pezzo ‘ su Angelo Vassallo. Nel prendere spunto da una delle sue ultime esternazioni filoleghiste e dal successivo intervento di Pino Aprile, il fortunato autore di ‘ Terroni ‘ (Edizioni Piemme ), tentavo di comprendere il senso di quel suo improvviso amore nei riguardi del movimento di Bossi.

Mi sforzai di rapportare la sua amarezza non all’eventuale opera di corteggiamento svolta da Calderoli e compagni ma alla sofferta, lunga esperienza maturata da Vassallo  in quindici anni pieni di impegno istituzionale a tutela della sua gente, quella di Acciaroli – Pollica, e del contesto paesaggistico –naturale in cui essa è insediata.

 Vassallo lamentava l’eccesso burocratismo di organismi, quali la Regione e i non pochi enti comunque coinvolti nella politica e nella gestione del territorio, originariamente sorti per avvicinare anche fisicamente le pubbliche istituzioni alle comunità e al cittadino ma sostanzialmente trasformatisi in ulteriori ostacoli lungo la via della semplificazione e dello snellimento delle procedure.

Con spiccata perspicacia egli aveva intuito da subito che la partita dello sviluppo economico e sociale dell’ampia area costiera di riferimento, che va da Punta Licosa ad oltre Punta degli Infreschi fino a Scario e a Villammare, dovesse essere giocata sul mare e col mare.

 E’ pur vero che egli, fin da bambino, aveva avviato e consolidato con la massa d’acqua salata un rapporto di forte, morbosa intensità. Ne conosceva i segreti, la variegata flora, l’indice di pescosità. Non di rado, nei suoi interventi pubblici, lamentando la fine di fatto dell’attività peschereccia, sottolineava come essa non potesse essere appresa all’università ma a contatto diretto col mare.

Anche se investito della responsabilità sindacale la sua relazione d’amore con la distesa azzurra non solo continuava ma gli aveva alimentato e continuava ad attivargli processi riflessivi di particolare acutezza. Si rendeva sempre più conto che quella area marina poteva e doveva trasformarsi in ricchezza.

Così l’impegno amministrativo – politico fu rivolto precipuamente alla tutela di quel patrimonio che anche un favorevole gioco di correnti contribuiva a rendere prezioso se non unico. Non si trattava, però, di limitare gli interventi alla realizzazione degli indispensabili depuratori e delle connesse strutture. Occorreva adoperarsi per far crescere e consolidare una cultura diffusa e condivisa a difesa dell’ambiente da intendere in dimensione estensiva e, quindi, coinvolgendo anche le aree territoriali prospicienti la distesa mediterranea.

Ovviamente la piena consapevolezza della complessità del problema ha prodotto, nel corso degli ultimi tre lustri, un’attenzione non secondaria al delicato comparto dell’urbanizzazione con le inevitabili limitazioni e i necessari divieti.

Vassallo, infatti, grazie ad un innegabile acume si convince che è giusto e doveroso rivolgere la stessa attenzione, da sempre manifestata nei riguardi del mare, anche ai terreni collinari rientranti nella circoscrizione amministrativa di competenza.

Favorevolmente stimolato dalla positiva reputazione della dieta mediterranea, povera di grassi e di proteine animali e, al contrario, ricca di carboidrati e proteine vegetali, contribuisce sensibilmente ad orientare l’enogastronomia locale verso livelli di qualità. Sa che invece del fast food della metropoli e della città occorre offrire in terra cilentana, all’ospite villeggiante, il piacere della tavola, il cosiddetto – in gergo anglosassone – slow food.

Aderirà, così,  all’associazione delle Città Slow della quale era vice presidente fino al barbaro assassinio di ieri notte. Un’ulteriore, felice intuizione anche questa che impone agli enti comunali aderenti ( ne sono circa 130 sull’intero pianeta ) una politica di tutela delle biodiversità, della salute generale della comunità amministrata, di una permanente azione formativa a favore di una sana alimentazione.

Infine e. strettamente collegata ad una corretta politica di difesa di madre natura, la tutela della sicurezza pubblica. In molte dichiarazioni di suoi concittadini e di ospiti abituali del centro rivierasco di Acciaroli si fa riferimento ad una comunità abituata a lasciare le chiavi di casa dentro la toppa della porta.

 Forse da oggi questa abitudine si perderà. Il guardiano del faro, Angelo Vassallo, non è più. In agguato c’è la mano assassina che più volte ha premuto il grilletto. Pollica, Acciaroli e l’intera costa cilentana, senza di lui, si sentono ancora più indifese ed insicure.

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