Archivio per maggio, 2010

A MARGINE DELLA STATUA ERETTA IN ONORE DELL’ARCIVESCOVO DI SALERNO MONS. PIERRO

28 maggio 2010

 

 

 

Salerno, 28 Maggio 2010

 

Ambrogio IETTO

 

 

 

UN CLERO INVIDIOSO O SOLTANTO AMAREGGIATO ?

 

Ci voleva anche la statua auto- celebrativa dell’arcivescovo mons. Gerardo Pierro, realizzata in puro marmo di Carrara da un artista toscano ed installata al centro dell’ampio prato che circonda i 6.000 metri quadrati di edifici in cui si collocano i comodi, molteplici ambienti del seminario metropolitano ‘ Giovanni Paolo II ‘ in territorio di Pontecagnano, comune confinante col capoluogo di provincia.

Ora si è davvero al colmo della misura dopo che il Presule, avendo compiuto i  75 anni che lo obbligavano al pensionamento e in attesa di consegnare al suo successore la guida della chiesa salernitana, particolarmente cara a Papa Gregorio VII che la scelse da esule quando nel 1080  fu costretto a lasciare Roma a seguito delle ferme posizioni assunte contro lo scomunicato imperatore Enrico IV, è stato preso di mira sulla stampa nazionale e sulle tante pagine web con  battute di dubbio gusto, illazioni anche arbitrarie, raffigurazioni più o meno grottesche che finiscono col mortificare ulteriormente la chiesa cattolica già al centro di critiche severe e di attacchi mediatici piuttosto velenosi in particolare per le ricorrenti denunce di pedofilia di cui sono destinatari suoi sacerdoti.

Il comunicato diffuso dall’emittente televisiva della Curia precisa che la realizzazione del monumento alto quattro metri sia avvenuto all’insaputa di mons. Pierro e, aggiunge don Galderisi, economo del seminario, senza oneri per spontanea disponibilità dello scultore Carlo Andrei, autore già di molte altre opere presenti all’interno del complesso di Pontecagnano.

Non ci sono motivi per non credere ad una nota che, di certo, ha ricevuto l’imprimatur vescovile e che, purtroppo, non è sufficiente per far ritrattare la malevola  ironia di un divertito Massimo Gramellini che su la ‘Stampa ‘ tratta dell’entrata in sciopero della virtù cristiana dell’umiltà e del mancato inserimento della scultura di Carrara nella pubblicità dell’otto per mille.

La realizzazione della statua, da giudicare comunque inopportuna e di  pessimo gusto, oltre tutto perché ufficializzata alla presenza dei sindaci di Salerno De Luca e di Pontecagnano Sica, rende il commiato di mons. Pierro dalla sua diocesi, ove è rimasto insediato per ben 18 anni, ancora più triste ed amaro.

Arrivato a Salerno da Avellino grazie ad una presunta, chiacchierata, sponsorizzazione di Ciriaco De Mita, dopo qualche anno il Presule è costretto già a ricevere un visitatore apostolico, mons. Luigi Sposito, inviato a Salerno per verificare la fondatezza o meno delle accuse formulate da un gruppo di sacerdoti che  lamentano una gestione particolarmente autoritaria.

Intorno al 2000 un suo sacerdote di fiducia, don Patrizio Coppola, venuto al suo seguito dalla città irpina ed ampiamente gratificato da incarichi curiali di straordinaria fiducia, è al centro di brutte vicende per debiti contratti e dubbie amicizie femminili.

Poco dopo la rimozione da parroco della cattedrale di Salerno  don Biagio Pellecchia e le contestazioni espresse dal suo ex  vicario generale don Vincenzo Romano, in merito all’utilizzo di una consistente somma ricavata dalla vendita dei terreni ubicati a Serino, vivacizzano non poco le due comunità di fedeli. Saranno proprio queste risorse finanziarie ad aprire successivamente un duro contenzioso con l’Istituto Interdiocesano per il Sostentamento del Clero in quanto la somma, di pertinenza dell’Istituto,  viene impegnata per la costruzione del nuovo seminario.

Segue un’altra lunga disputa tra mons. Pierro e la comunità parrocchiale di Campagna per l’acquisizione di un miliardo e 600 milioni di vecchie lire derivanti dalla vendita al Comune di un altro terreno sito in quella cittadina. Il parroco don Antonio Cipollaro sostiene la tesi dei fedeli ed è costretto, su disposizione di mons. Pierro, a lasciare la parrocchia. Si apre anche in questo caso un duro contenzioso presso la Segnatura Apostolica che accoglie nel 2005 il ricorso del sacerdote. Soltanto dopo oltre due anni e mezzo, esattamente nel gennaio 2008, don Cipollaro è reintegrato nel suo ruolo di parroco.

Un’ulteriore brutta vicenda, che vede coinvolto il compianto don Generoso Santoro, sacerdote di consolidata fiducia di mons. Pierro, ha addirittura risvolti giudiziari con gravi dichiarazioni del difensore del prete a proposito di ipotetiche, reiterate minacce subite.

La storia del ‘ Gregge del bambino Gesù ‘ chiama in causa intorno al 2004/2005 diversi qualificati sacerdoti che sostengono un gruppo di preghiera impegnato settimanalmente in una chiesa di Pontecagnano nella recita di speciali orazioni e salmi. Mons. Pierro ritiene di avere a che fare con una ‘ setta ‘. Ecco perché sollecita i preti aderenti ad abiurare e a sottoscrivere un documento di obbedienza. Uno dei primi sottoscrittori è don Marcello De Maio, suo nuovo vicario generale, da tempo aderente al gruppo. Altri 13 preti, molto positivamente considerati all’interno del clero salernitano, decidono di non firmare, accettando poi le conseguenti rimozioni dai delicati incarichi ricoperti.

Tra i ‘ribelli ‘ c’è anche don Carlo Magna, vice rettore del seminario interdiocesano, il quale aveva inviato in quegli anni una severa relazione in Vaticano, riguardante la gestione del seminario, nella quale  si avanzavano anche  illazioni su presunti abusi sessuali.

Agli inizi del 2008 don Matteo Notari, presidente pro – tempore dell’Istituto Interdiocesano del Clero, a nome della maggioranza dei componenti del Consiglio, chiede udienza al Prefetto della Sacra Congregazione dei Vescovi Cardinale Giovanni Battista Re e ai presidenti dell’Istituto Centrale e del Comitato Enti e Beni Ecclesiastici al fine di ‘ evitare danno e temuto clamore ‘ per le vicende che si vanno verificando nella gestione del patrimonio dell’Istituto salernitano.

Negli ultimi anni, oltre ad un’altra antipatica vicenda che coinvolge anche in sede giudiziaria la Congrega del Carmine, la più consistente della città sia per numero di aderenti sia per il patrimonio immobiliare posseduto, si aggiunge la brutta storia della vecchia colonia ‘  San Giuseppe ‘ ristrutturata in albergo per la quale sono rinviati a giudizio lo stesso Arcivescovo e il suo sacerdote di fiducia e da sempre cerimoniere don Comincio Lanzara. L’accusa è di truffa a danno dello Stato. Ora il sofferto episcopato Pierro nell’arcidiocesi di Salerno si chiude con questa anacronistica, impopolare, infelice erezione della statua eretta all’interno del seminario metropolitano ove troneggia il monumento a papa Giovanni Paolo II, opera dello scultore Giancarlo Buratti di Carrara. Poco prima della scadenza del mandato il Presule ha fatto più volte riferimento, con non celata amarezza, ad un gruppo di sacerdoti poco corretti e per niente benevoli nei suoi riguardi mentre l’economo del seminario don Galderisi, nell’intervista raccolta da ‘Il Mattino’,  riferisce di un ambiente sacerdotale che ‘ fa veramente schifo ‘, costituito come è da sacerdoti invidiosi.

Queste dichiarazioni lasciano il credente interdetto, disorientato.

Diciotto anni di episcopato non sono stati sufficienti per costruire e consolidare un clima contraddistinto, se non da amore cristiano, almeno da rispetto reciproco,  concordia, solidarietà, fratellanza così come si deve dentro una comunità di diaconi.

Le tante, tristi vicende richiamate molto rapidamente in precedenza  spingerebbero ad ipotizzare una poco equilibrata gestione, da parte di mons. Pierro, della sua leadership ecclesiale – istituzionale. Trattasi di limiti caratteriali o, al contrario, di acritica accettazione delle strategie a volte interessate e  subdole di qualche suo privilegiato collaboratore ?

L’ invidia nei confronti del proprio Vescovo può avere soltanto origine indiretta derivando, eventualmente, da particolari privilegi concessi a taluni sacerdoti, magari piuttosto discussi, e non ad altri, estraniati perché fuori dal ristretto coro degli adulatori.

 

ALLA SCUOLA DELL’INFANZIA DI COPERCHIA NEL SALERNITANO

24 maggio 2010

 

 

Salerno, 24 Maggio 2010

 

Ambrogio IETTO

 

I PRESUNTI ABUSI SESSUALI DEL BIDELLO

E IL DIFFUSO SENSO DI SFIDUCIA NEI RIGUARDI

DELLA SCUOLA E DEI SUOI OPERATORI

 

 

Emittenti televisive e testate giornalistiche sia locali sia nazionali hanno dato il giusto risalto all’arresto di un collaboratore scolastico ( è questa la qualifica ufficiale riconosciuta in sede contrattuale al bidello del tempo passato ), destinatario della duplice, gravissima accusa di responsabile dei reati di pornografia minorile e di violenza sessuale aggravata.

La vicenda coinvolgerebbe la scuola dell’infanzia di Coperchia di Pellezzano facente parte della circoscrizione di competenza della Direzione Didattica dello stesso Comune di cui è apprezzato dirigente il prof. Renzo Stio.

Come si sa il dipendente pubblico è stato arrestato nella notte tra il 21 e il 22 maggio presso il suo domicilio di Siano, sempre in provincia di Salerno. Gli stessi mezzi di informazione evidenziano le diffuse perplessità raccolte tra gli abitanti del ridente centro collinare confinante col capoluogo di città e di provincia.

Anche tra i genitori dei bambini frequentanti le tre sezioni di scuola dell’infanzia, ospitate all’interno del medesimo edificio ove funzionano gli uffici della direzione scolastica e dei servizi generali ed amministrativi, vengono espresse ampie riserve sul caso. Si sottolineano le particolari qualità umane e professionali del pubblico dipendente giudicato dalla maggioranza dei genitori particolarmente attento alle esigenze e alle sensibilità di allievi la cui età cronologica varia dai tre ai sei anni mentre si sono costituiti nella comunità locale, come era prevedibile, i due schieramenti degli innocentisti e dei colpevolisti.

La notizia frattanto viaggia soprattutto attraverso la rete informatica e la si ritrova anche sul blog di Roberta Lerici da Rignano Flaminio intitolato ‘Bambini coraggiosi ‘. Quasi sempre sotto accusa per così abominevoli reati sono figure adulte che coi piccoli destinatari delle perverse attenzioni hanno rapporti privilegiati costruiti nel tempo su base fiduciaria: familiari, insegnanti, sacerdoti, operatori del volontariato, vicini di casa.

Non sono pochi, però, i casi in cui improprie dinamiche comunicative, attivate in certi contesti sotto forma di passarola tra una fila o  un cerchio di persone, finisca con lo sbattere l’orco di turno in prima pagina.

Proprio la vicenda di Rignano Flaminio, giunta ormai alla fase processuale che inizierà a Tivoli nei prossimi giorni, ha assunto da tempo una sua emblematica dimensione che conferma quanto rischioso ed irriverente sia il pronunciarsi nel merito di accadimenti di questo genere non sempre sufficientemente chiariti nemmeno in sede di sentenza giudiziaria.

Così succede anche a chi scrive di sentirsi emotivamente coinvolto nell’osservare sulla copertina dell’ ultimo numero di ‘Sette’, periodico del ‘Corriere della Sera ’, l’immagine sofferta, dimessa, pensosa di Gianfranco Scancarello, diventato nel tempo bravo e notissimo regista televisivo, ma conosciuto e apprezzato già quaranta anni fa, all’interno del gruppo giovanile dell’Associazione Italiana Maestri Cattolici, quando il suo straordinario potenziale creativo  cominciava a manifestarsi nella migliore valorizzazione, a fini didattici, del linguaggio teatrale dei bambini.

Ora lo stimato amico del tempo passato, ‘ finito un giorno all’inferno senza sapere perché ‘ lo percepisci uomo psicologicamente distrutto, appoggiato ad uno dei secolari alberi di Villa Borghese, alla ‘ Casa del Cinema ‘ in attesa di giudizio.

La vicenda di Coperchia, al di là delle responsabilità o meno del bidello arrestato, alimenta qualche perplessità che investe direttamente il sistema scuola anche, e soprattutto, nella sua dignità istituzionale.

Viene in mente, innanzitutto, un riferimento normativo: la legge istitutiva della scuola materna statale, la n. 444 del 1968, il cui parto mandò in crisi per ben due volte il governo presieduto all’epoca dal compianto Aldo Moro. Bene, l’articolo 7 di quella norma prevedeva che il personale di custodia di questo primo segmento di scuola fosse esclusivamente ‘ femminile ‘. In verità il genere femminile era richiesto anche per tutte le figure professionali previste dall’organico: ispettrici, direttici ed insegnanti.

Una successiva sentenza della Corte Costituzionale consentì, a partire dal 1980, di estendere la partecipazione allo specifico concorso anche ad aspiranti docenti di sesso maschile. Sicuramente un pronunciamento giustissimo che, ad avviso di chi scrive, dovrebbe spingere un legislatore intelligente e sensibile a prevedere una ‘ quota azzurra ‘ per i prossimi, auspicabili concorsi a favore degli aspiranti docenti maschi delle scuole dell’infanzia e primaria la cui fascia di utenza risente spesso dell’ assenza stabile della figura  paterna all’interno di una famiglia inevitabilmente sottoposta negli ultimi anni e in entità notevole a frequenti processi di frammentazione.

Per il profilo del personale ausiliario operante a livello della scuola dell’infanzia andava mantenuta, però, l’esclusiva utilizzazione di personale femminile necessaria nell’attività di assistenza per la tutela dell’igiene intima di bambini ancora non dotati dell’indispensabile autonomia per praticare correttamente le operazioni collegate all’uso della vaschetta idrosanitaria del bidè o addirittura non in possesso del fermo controllo degli sfinteri.

Il passaggio del personale ausiliario dai Comuni allo Stato, l’impropria utilizzazione dei cosiddetti lavoratori socialmente utili disposta a livello centrale in sede di accordi siglati oltre dieci anni fa tra il governo e le organizzazioni sindacali, la rigida applicazione del principio della pari opportunità, la contrazione notevole degli organici, il generalizzato funzionamento a tempo pieno della scuola dell’infanzia,  rendono oggi impossibile, da parte del dirigente scolastico, l’esclusiva assegnazione di personale femminile a compiti inevitabilmente delicati che possono alimentare sia l’immaginario infantile nella fase di esplorazione e di manipolazione delle parti intime del corpo sia le  inaugurabili tendenze perverse eventualmente presenti nel subconscio dell’adulto preposto a quel tipo di compito.

Della vicenda, comunque brutta, di Coperchia di Pellezzano ciò che genera forti perplessità è, soprattutto, lo strano comportamento assunto dall’autorità inquirente e dagli stessi genitori che hanno formalizzato la denuncia.

I carabinieri, infatti, in un pomeriggio dello scorso mese di aprile, all’ora di chiusura delle attività didattiche, senza informare della visita il dirigente scolastico competente,  notificarono al collaboratore, successivamente arrestato, l’atto in cui veniva indicata la sua posizione di indagato per detenzione di materiale pedopornografico.

Le insegnanti di turno, che in quel momento stavano lasciando l’edificio, informarono telefonicamente della visita dei militari dell’Arma il capo di istituto che subito dopo si preoccuperà di contattare il comando della stazione dei Carabinieri per avere ragguagli sull’episodio. Generiche espressioni sdrammatizzanti sono considerate, da parte di chi le profferiva, sufficienti per ritenere  tranquillizzato il dirigente che il legislatore, all’art. 25 del decreto legislativo n. 165/2001, lo impegna ad ‘assicurare la gestione unitaria dell’istituzione scolastica, ad averne la legale rappresentanza, ad essere responsabile della gestione delle risorse finanziarie e strumentali e dei risultati del servizio ‘, attribuendogli, per giunta,  ‘ autonomi poteri di direzione, di coordinamento e di valorizzazione delle risorse umane ‘.

Insomma egli non sa,  perché nessuno ha ritenuto opportuno comunicargli notizie ufficiali in merito, che una sua ‘ risorsa umana ‘, incaricata di un compito delicato, è indiziata nientedimeno di detenzione di materiale pedopornografico. Nelle ore immediatamente successive all’episodio il passaparola, però, comincia a circolare con insistenza tra i genitori e la comunità del piccolo centro collinare.

Il dirigente, che  ufficialmente non ha letto né sa nulla di quanto accaduto, ascolta le posizioni quasi esclusivamente innocentiste dei genitori rappresentanti delle sezioni di scuola dell’infanzia interessate e consiglia al bidello di interrompere temporaneamente il servizio, formalizzando richiesta di congedo per malattia al fine anche di contenere l’inevitabile stress derivante dal sentirsi comunque bersaglio della comprensibile curiosità  della comunità scolastica.

Contestualmente il prof. Stio, nel rispetto dell’art. 69 del recente decreto legislativo n. 150 del 27 ottobre 2009, comunemente definito decreto Brunetta, aveva l’ardire di formalizzare al dipendente interessato – entro i prescritti 20 giorni da quando i carabinieri hanno fatto visita a scuola per contattare il bidello – formale atto di contestazione di addebito per le strane notizie che circolavano  nell’ambiente ma di cui egli dirigente non disponeva dell’ombra di un’informazione ufficiale da parte di chi avrebbe dovuto dargliele.

Infatti è soltanto nel momento in cui il collaboratore è convocato in ufficio, per il previsto contraddittorio, che il dirigente apprende dal legale di fiducia che l’accompagna la natura dell’ipotetico reato contestato.

La considerazione che viene da esprimere in proposito è primariamente questa: ci sono modi e modi per contribuire al processo in atto di delegittimazione e di dequalificazione dell’istituzione educativa statale. Spesso, purtroppo, vi contribuiscono anche altre istituzioni e figure teoricamente significative del panorama politico – culturale del Paese.

In questo caso meraviglia, proprio per la delicatezza del problema, la manifestazione di totale sfiducia manifestata dall’autorità inquirente nei confronti del funzionario responsabile esclusivo della  scuola coinvolta nella vicenda. Come sconvolge l’atteggiamento della coppia che ha formalizzato la denuncia all’ autorità competente senza avere anticipato al dirigente scolastico dubbi, perplessità, preoccupazioni che man mano affioravano nella mente, osservando i comportamenti del piccolo,  vittima presunta degli ipotetici, sconcertanti atti perversi dell’adulto. Eppure a guida di quella scuola è uno dei più qualificati dirigenti scolastici, uno studioso della psicopedagogia infantile, in gioventù già docente proprio di scuola dell’infanzia, autore di opere di pedagogia e di didattica dal riconosciuto apprezzamento accademico, presidente provinciale e dirigente nazionale dell’ANDIS, Associazione Nazionale dei Dirigenti Scolastici.

Ma cosa si vuole di più, vivendo in un Paese in cui il leader dell’opposizione Bersani non trova di meglio, al fine di riscaldare la platea dell’assemblea nazionale del suo partito, che invitare la donna Gelmini, madre da qualche mese di una bimba e ministro pro – tempore dell’istruzione pubblica, a non rompere continuamente i coglioni agli insegnanti che, tra l’altro, per essere in stragrande maggioranza donne, non ne sono nemmeno in possesso.

IL SAPERE NON HA PIU’ POTERE

20 maggio 2010

Salerno, 20 Maggio 2010

Ambrogio IETTO

TRE FILOSOFI AL CAPEZZALE DELLA POLITICA

Mettere insieme, dietro l’imponente banco del solenne salone ‘ Genovesi ‘ di Salerno, tre tra i più autorevoli esponenti della filosofia italiana per discutere della crisi della politica, ha significato offrire immediatamente al folto pubblico accorso la percezione della ormai, irreversibile fine di ogni scienza del governo e dell’amministrazione dello Stato.

I tre big dell’indagine critica e della riflessione sui principi fondamentali della realtà e dell’essere rispondono ai nomi di Massimo Cacciari, fondatore della Facoltà di Filosofia dell’Università Vita – Salute San Raffaele di Milano, Biagio De Giovanni, filosofo ed intellettuale particolarmente attento ai problemi della società, già rettore  dell’Università Orientale di Napoli, e Vincenzo Vitiello già ordinario di filosofia all’Università di Salerno ed ora anch’egli catturato da don Vergé al San Raffaele.

Nell’ascoltare gli interventi, tutti pertinenti ed essenziali, dei tre illustri pensatori è venuta in mente la storia dei tre viaggi compiuti da Platone a Siracusa dal 390 a. C. al 360 ospite dei tiranni Dionigi il vecchio, figura molto particolare del panorama del IV secolo, e del figlio Dionigi II detto il Giovane succeduto al padre, morto nel 367.

Platone, rievocando nella ‘ VII lettera ‘ il suo primo viaggio in Sicilia, scrive: ” Così mi trovai costretto a far le lodi della vera filosofia e dire che solo per suo mezzo è possibile conoscere ciò che è giusto per lo stato e per la vita del singolo e che quindi le generazioni umane non avrebbero mai trovato fine ai loro mali se prima il genere di coloro che sono veramente e rettamente filosofi non fosse pervenuto al governo dello stato, oppure il genere dei potenti avesse cominciato, per sorte divina, a coltivare veramente la filosofia “. Si sa bene la sorte toccata a Platone, in occasione del suo terzo ed ultimo viaggio a Siracusa, quando – soltanto grazie all’intervento dell’amico filosofo Archita di Taranto – è liberato dalla detenzione e può rientrare definitivamente ad Atene.

A distanza di quasi 2400 anni dalle vicende siracusane sembra che nulla sia cambiato. Infatti Vitiello, pur caratterialmente così mite, riesce a dare una più netta intonazione alla voce e scandisce: “ Il sapere non ha più potere. Siamo al  tramonto della teologia politica “.

Le sue considerazioni, ineccepibili dal punto di vista della personale indagine critica, spaziano tra la catastrofe e la lunga traversata nel deserto che attende tutti noi e, in particolare, le generazioni future. Poi, dopo un lungo peregrinare, forse sarà possibile conquistare qualcosa, identificabile magari col senso profondo della religione del vecchio Testamento mica, puntualizza Vitiello, con la ‘ storiella ‘ del Dio – Amore. La vera crisi è della polis, della comunità. E’ venuto meno l’orizzonte di senso  sulla cui base soltanto è possibile costruire la politica.

Gli altri due pensatori, De Giovanni e Cacciari, avendo compiuto concrete esperienze di impegno politico diretto, attutiscono in parte la diagnosi catastrofica dell’inventore dell’originale teoria ermeneutica della topologia.

Entrambi, come si sa, provengono dal vecchio Partito Comunista Italiano. Il primo riconduce la crisi  alla fine delle grandi narrazioni del Novecento che hanno dato lievito alla politica. E’ una crisi che investe la democrazia, lo stato sociale,  rendendo difficile se non impossibile la mediazione, e che travolge definitivamente la sinistra italiana. De Giovanni si augura che si tratti di trasformazione e non di crisi finale, irreversibile.

L’ex sindaco di Venezia, invece, più realisticamente auspica una nuova fase costituente nel corso della quale le forze politiche affrontino il problema di alcune riforme ormai non più rinviabili. L’eventuale indisponibilità ad affrontare responsabilmente e congiuntamente l’emergenza riformistica accentuerà il processo già avviato di decadenza della politica.

L’incontro a tre, insomma, nel dichiarare solennemente la sconfitta della filosofia da parte del potere, non solo non ha contribuito a rigenerare l’animo degli ascoltatori,  orientato da tempo verso un convinto pessimismo  ma, anzi,  ha ricondotto immediatamente molti dei presenti all’ amara realtà di una gestione della cosa pubblica contraddistinta da incultura, arroganza, presunzione, interessato pragmatismo.

SALERNO E LA GIUNTA CALDORO

16 maggio 2010

Salerno, 16 Maggio 2010

Ambrogio IETTO

CATERINA MIRAGLIA , GIOVANNI ROMANO ED ERNESTO SICA :

IL TRIO SALERNITANO ALLA CORTE DI CALDORO

Finalmente la Campania ha il suo nuovo governo. Come sempre anche per questo adempimento si arriva buon ultimi in rapporto alle altre regioni ove si sono svolte le consultazioni elettorali di fine marzo. Un ulteriore segno, questo, che conferma le enormi difficoltà che il presidente eletto Stefano Caldoro ha dovuto affrontare e soltanto parzialmente superare prima di arrivare al varo del suo esecutivo.

Non è infondata la voce che, ad un certo punto, il successore di Bassolino ha dovuto minacciare la rinuncia definitiva alla carica elettiva e, quindi, di conseguenza, il nuovo ricorso alle urne. Così poco prima della mezzanotte, a scavalco tra un sabato e una domenica, è stata ufficializzata la rosa degli assessori, mettendo a tacere, ovviamente soltanto per poco, le proteste e le critiche di non pochi aspiranti rimasti all’asciutto.

Sembra che tre siano i componenti scelti direttamente da Caldoro e non sostenuti da gruppi interni al Partito della Libertà o da liste schierate nella campagna elettorale in appoggio al presidente eletto: il primo è Guido Trombetti, rettore uscente della Federico II, seguito da Edoardo Cosenza, preside della Facoltà di Ingegneria dello stesso ateneo e da Gaetano Giancane, generale della Guardia di Finanza, sponsorizzato da Marco Mario Milanese, irpino di origine, suo ex collega delle Fiamme Gialle, ora ordinario di diritto tributario, persona di fiducia di Tremonti e deputato per il PdL.

Su Trombetti si è aperto da subito il dibattito negli ambienti accademici e politici del capoluogo campano mentre si resta in attesa di una sua dichiarazione ufficiale che chiarisca le motivazioni della disponibilità assicurata a Caldoro del quale, secondo le aspettative di Bassolino, avrebbe dovuto essere il competitore nell’ultima vicenda elettorale, al posto di Vincenzo De Luca.

La provincia di Salerno risulta destinataria di tre presenze in giunta. Caterina Miraglia, infatti, anche se residente a Napoli, può considerarsi salernitana di adozione. Da circa trenta anni svolge la sua attività accademica presso il Campus di Fisciano. Legata dal punto di vista scientifico al pensiero di Vincenzo Buonocore, del quale ha curato un’ampia raccolta di studi redatti in onore del compianto ex rettore, è da sempre impegnata negli organismi di gestione dell’Università di Salerno: componente del consiglio di amministrazione per sei anni, lunga esperienza di commissaria e presidente dell’Azienda Regionale per il Diritto allo Studio Universitario ( ADISU ), presente nei consigli di indirizzo della Fondazione Sichelgaita e della Fondazione Cassa di Risparmio Salernitana in rappresentanza dell’Ateneo, designata recentemente dall’ex assessore alle politiche sociali della Campania Alfonsina De Felice, a componente dell’Osservatorio Nazionale sulla Famiglia, organo della Conferenza Stato – Regione.

La professoressa Miraglia viene accreditata in quota Carfagna – Bocchino. Non va pregiudizialmente scartata, invece, l’ipotesi che essa sia diretta espressione di Raimondo Pasquino, rettore dell’Università salernitana, di cui è da sempre collaboratrice fedele.

Al di là degli ipotetici sponsor trattasi di una nomina attribuita a persona di notevole prestigio culturale che assicura riequilibrio all’opera che andrà a svolgere Trombetti soprattutto a sostegno della Federico II. Entrambi, però, assumono la responsabilità del delicatissimo sistema formativo, dalla scuola dell’infanzia all’università, alla ricerca e all’alta tecnologia.

La designazione ad assessore all’avvocatura di Ernesto Sica, sindaco di Pontecagnano, è accolta con sorpresa soltanto da chi non conosce il saldo rapporto che lega il primo cittadino del centro picentino a Davide Cincotti junior e questi a Paolo e a Silvio Berlusconi.

Sconosciuto alla stragrande maggioranza dei campani e dei salernitani Cincotti, invece, ha il merito di essersi collocato già dieci anni fa al quarto posto nella speciale classifica dei Paperone d’Italia, redatta dal settimanale ‘ Panorama ‘, dopo Giorgio Armani, Cesare Romiti e il produttore di divani Pasquale Natuzzi.

Egli, reduce da studi tecnici che, a suo avviso, non gli hanno dato granché, è un imprenditore cinquantenne, titolare della Deriblok, un’azienda con sede a Battipaglia, produttrice di uno speciale film plastico estensibile, inserito nel macrosettore del cellophane industriale, con filiali in Francia e in Sud America.

Da tempo Cincotti è interessato anche al comparto turistico con la società ”Sviluppo Vacanze “ impegnata in Sardegna, in particolare nell’area de La Maddalena, ove nella sua sontuosa Villa Dolce Drago sono spesso ospiti personaggi noti come Paolo Berlusconi, Valeria Marini, Ramona Badescu.

Ernesto Sica da tempo frequenta, in particolare nel periodo estivo, le coste sarde e, tramite Cincotti e Paolo Berlusconi, ha avuto modo di avere più di un incontro col Cavaliere che non ha indugiato molto nell’imporre il suo nome a Caldoro.

Il neo-assessore regionale, appena trentanovenne, presenta credenziali di tutto rispetto: consigliere ed assessore provinciale già nel 1999 e nel 2004, nel 2000 è eletto per la prima volta sindaco di Pontecagnano; quindi nel 2005, sponsorizzato da Ciriaco De Mita, raccoglie con la ‘ Margherita ‘ 28.000 voti e viene eletto consigliere regionale per poi riproporsi di nuovo come sindaco del centro picentino nel 2008. Nelle ultime elezioni amministrative è ritornato in seno al consiglio provinciale di Salerno col marchio del PdL, ottenendo anche la nomina ad assessore con la conseguente designazione, nel dicembre 2009, a presidente del Consorzio dell’Aeroporto Salerno – Costa d’Amalfi.

Di questa precoce, già lunga presenza nell’agone politico – amministrativo, più volte confortata da ampio successo elettorale, non si annotano, in verità, particolari, significative realizzazioni. Giudizio diverso, invece, è possibile esprimere a favore di Giovanni Romano, più volte sindaco e vice-sindaco del comune di Mercato San Severino, il quale si è rivelato sul campo l’amministratore pubblico italiano più attento e competente nel delicato settore delle politiche ambientali, arrivando finanche ad attivare un sistema di tassazione premiante per chi differenzia in misura maggiore i rifiuti.

Le redazioni dei periodici ‘ Corriere della Sera Magazine ‘ ed ‘Io Donna ‘ lo inserirono  nella lista dei ‘ Venti italiani  che cambiano l’Italia’. Così anche una gigantesca sua foto, realizzata dal celebre Gianni Giansanti all’interno del Palazzo Vanvitelliano della cittadina dell’Irno con Romano in maniche di camicia ed il tricolore, fu esposta nel gennaio 2009  a Palazzo Strozzi a Firenze in occasione della speciale mostra dedicata ai ‘ venti ’  selezionati nel campo della ricerca, della pubblica amministrazione e del comparto produttivo privato. Dunque una nomina, quella in favore di Romano, motivata da competenza e da efficacia amministrativa.

L’avvenuta  designazione di tre salernitani a componenti della neonata giunta Caldoro autorizzerebbe, comunque, a ben sperare per il nostro territorio. Se sono rose…

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