Archivio per dicembre, 2010

ALL’ INUTILE RICERCA DEL NATALE DI UN TEMPO

28 dicembre 2010

 

Salerno, 28 dicembre 2010

Ambrogio IETTO

VIGILIA DI NATALE A SALERNO

 

 

Venerdì 24 dicembre: dal mattino sto ricevendo telefonate, sms più o meno standardizzati ed essenziali e-mail che mi aiutano ad entrare dentro il clima del Natale 2010. Con innegabile piacere ma anche con partecipazione sofferta ascolto la voce di un compagno di classe di cinquanta anni fa che, con evidente difficoltà nella composizione e nella espressione dei segni vocali, riesce a strutturare alcune frasi benauguranti. Deduco che sarà stato vittima di un episodio celebrale che gli ha compromesso il linguaggio. Riesco, però, ad essere prudente nel non chiedergli notizie riguardanti il suo stato di salute e a dispormi con doverosa calma a seguire la sua faticosa ma emotivamente molto ricca elaborazione comunicativa. Gli manifesto la mia gratitudine per il ricordo e per gli auguri, promettendo di fargli visita in un prossimo futuro presso la sua residenza cilentana.

Sono al mio abituale ‘ posto di comando ‘: a sinistra il computer, di fronte, sulla scrivania, il ricevitore del telefono fisso e, a destra, il cellulare che, con il suo confondibile suono, mi dà l’avviso dell’arrivo dell’ennesimo sms. Lo leggo: “ E’ Natale ogni volta ke sorridi a qualcuno e gli tendi la mano, ogni volta ke resti in silenzio x ascoltare un altro, ogni volta ke speri con ki soffre, ogni volta ke conosci con umiltà i tuoi limiti e la tua debolezza. E’ Natale ogni volta ke xmetti a Dio di amare gli altri attraverso te…”.

Ad inviarmelo, con la consueta cortesia, è Maria, intelligente e fattiva dirigente scolastico, autrice di interessanti pubblicazioni, ma che non rinuncia ad utilizzare, come gli allievi che frequentano la scuola da lei diretta, la ‘k’ del compianto presidente Cossiga al posto del suono ‘ ch’ e il tradizionale segno aritmetico della ‘x’ in luogo della preposizione ‘ per ‘ anche quando si tratta di anteporla alla seconda persona del tempo presente del modo indicativo  del verbo ‘ mettere ‘.

In questo caso si tratta di ricavare dal segno grafico ‘ xmetti’ il suono ‘ permetti’. Il messaggio, però, si chiude con la corretta indicazione della fonte: trattasi, infatti, di un pensiero di Madre Teresa di Calcutta, beatificata da papa Giovanni Paolo II nel 2003.

Stimolato anche dal pensiero della straordinaria, umile suora indiana di origine macedone, premio Nobel 1979 per la pace, decido nel pomeriggio di ‘ fare quattro passi ‘ per il centro della città non solo al fine di ammirare le ‘ luci d’artista ‘ ma anche con l’emergente bisogno di ‘cogliere’ e di ‘ vivere’ il complessivo clima della vigilia di Natale.

Mi rendo subito conto che le cifre riferite dal sindaco De Luca nel corso di una delle sue ultime omelie televisive nella sostanza non si allontanano di molto da quelle ricavabili dall’immediata percezione visiva. Corso Vittorio Emanuele è letteralmente intasato da una moltitudine di giovani fin dallo storico negozio Brancaccio. Poco prima di Benetton si percepiscono suoni frenetici ad altissima estensione. E’ in atto una vera gara, tra un esercizio pubblico di via Torretta ed un concorrente omologo di via Conforti, a chi eleva al più alto volume i rispettivi impianti microfonici.

A causa di un’insistente pioggerellina le rispettive clientele sono costipate sotto gli antistanti gazebo. I ritmi che si susseguono sono più che frenetici. Purtroppo non è possibile ballarli ancheggiando perché si è ammassati come alici di Cetara dentro i tradizionali contenitori di creta di un tempo. Ad ondeggiare sono le sole braccia degli astanti unitamente ad appendici ramificate di stoffa rossa collocate attorno al capo che intendono richiamare i palchi delle renne impropriamente definiti corna.

E’ possibile seguire analoghe esibizioni dinanzi gli altri esercizi pubblici, scendendo da largo Portanova ed inoltrandosi fino alla Rotonda. Qui la follia collettiva supera ogni limite. Cumuli di bottiglie vuote di spumante, di birra e di cognac costringono me e qualche altro vecchio matto come me a fare dribbling. Dinanzi l’ingresso della chiesa di San Pietro in Camerellis, al riparo dalla pioggia, è accampata una barbona che fuma avidamente una cicca mentre due adolescenti, stretti l’uno all’altra ed appoggiati alla porta centrale del luogo sacro, offrono un saggio abbastanza esaustivo delle loro effusioni d’amore.

L’interno della chiesa è illuminato. Riesco, così, attraverso la porta laterale, ad entrarvi. All’altezza dell’altare intravedo le due sagome stilizzate di Maria e di Giuseppe realizzate da qualche bravo parrocchiano su indicazione del parroco monsignor Arcangelo Giglio che, di solito, non ama vistose ostentazioni.

D’altro canto  è proprio il Vangelo secondo Luca che affida all’angelo il compito di tranquillizzare gli spaventati pastori, anticipando loro l’umiltà dell’abitacolo ove è nato il figlio di Dio: “ Non temete, ecco, vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi è nato nella città di Davide un salvatore che è il Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia“.

Per fortuna sono le 17.30 di venerdì 24 dicembre 2010 e Gesù Bambino non è arrivato ancora nella chiesa di San Pietro in Camerellis a Salerno. E’ vero, secondo la tradizione, si riproporrà intorno alle 24 all’esiguo gruppo di fedeli che continuano a credere in Lui. Andrà incontro anche a qualche difficoltà per individuare i luoghi sacri della città ove è atteso dai coraggiosi che hanno sfidato il freddo, evitando i frammenti delle bottiglie prosciugate.

Tra renne e slitte luminose, geroglifici e schemi geometrici illuminati al neon, Egli, proprio il neonato di Betlemme, non si imbatterà in una sola luminaria che possa richiamare la sagoma dell’umile, fragile grotta. Riuscirà, comunque, ad arrivare e, sia pure in lontananza, si sentiranno cantare degli ardimentosi ed utopistici angeli: “ Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama “.

Lo spettacolo cui assisto mi riporta al carnevale di Rio o ai baccanali della mezzanotte del prossimo 31 dicembre.

Piuttosto afflitto riprendo la via di casa. Gli occhi pensosi del titolare del negozio all’angolo mi danno coraggio. Gli allungo la mano, riuscendo a profferire: ‘ Buon Natale, signore, tra poco rinascerà Gesù’.

L’ULTIMO LIBRO DI GAETANO TROISI

24 dicembre 2010

 

Salerno, 24 dicembre 2010

Ambrogio IETTO

“ SOTTO LE STELLE DELLA GALIZIA “

Dalla sfida alla scommessa, dalla scommessa alla speranza

 

Siamo alla vigilia dell’evento più travolgente per l’umanità: Cristo Gesù che si ripropone ad essa, attraverso la ricorrenza ciclica della sua nascita nell’umile grotta di Betlemme, al fine primario, da molti considerato utopico, di redimerla dal peccato dell’odio, della violenza, della guerra ed accompagnarla, col personale sacrificio della Croce, verso la piena pacificazione interiore.

Il credente, il dubbioso, l’indifferente, lo stesso agnostico non può percepire il Natale come semplice, rituale scadenza da identificare con la cena coi propri cari, con lo shopping ai grandi magazzini, con la spinta attrattiva delle luci d’artista che pur fanno degna cornice alla frenesia collettiva di cogliere e di vivere il senso dell’effimero, al fluire di una folla anonima che fa del tutto per non pensare, per evitare di riflettere anche su di un semplice messaggio, storicamente accertato,  proteso umilmente ad invocare la pace in terra per gli uomini di buona volontà.

A venire in aiuto nel tentativo non sempre riuscito di dare un senso al mistero della natività può essere anche la sola lettura di un’epigrafe, di una pagina sgualcita recuperata dentro le carte che la burocrazia istituzionale ci raccomanda di conservare.

A chi scrive è capitata la fortuna di ritrovare, tra l’abituale disordine della personale biblioteca, un libro che l’autore, Gaetano Troisi, gli aveva regalato in piena estate dopo un occasionale incontro, rivissuto con gioia dopo anni di non voluto distacco. La lettura del testo, frettolosamente compiuta nel caldo agostano più per un doveroso atto di omaggio all’amico ritrovato che per bisogno interiore, aveva lasciato, però, qualche traccia significativa nella mente e nel cuore del lettore.

L’esigenza primaria, propria della vigilia natalizia, di ricercare stimoli in grado di attivare processi riflessivi funzionali ad una riscoperta meno epidermica del grande evento,  ha fatto ritrovare tra le mani “ Sotto le stelle della Galizia “ di Gaetano Troisi ( Edizioni Jaca Book – euro 16,00 ). La seconda lettura, compiuta grazie ad una motivazione più viva ed autentica e al contesto prenatalizio decisamente più favorevole, genera una predisposizione, psicologicamente forte, a cogliere aspetti decisamente emblematici del ‘buen camino ‘ che l’autore realizza, compiendo per intero soltanto una delle tappe del percorso classico, ahimè lungo 800 chilometri, che ha contraddistinto, secondo la tradizione,  il pellegrinaggio dei credenti verso il santuario di Santiago de Compostela.

L’autore, un avvocato – bancario non nuovo alla narrativa, in una delle ultime pagine dell’accattivante lavoro, si sforza di precisare che egli non ha nulla a che vedere con Gualtiero, il protagonista del racconto. L’affermazione ha fondamento fino ad un certo punto. Di certo il suo ‘ camino ‘ è comune a quanti non sono destinatari privilegiati del dono illuminante della fede.

E’ un percorso testardamente condizionato dalla ragione tanto cara al cartesiano ‘ cogito ergo sum’, un itinerario che sollecita ad osservare, a scrutare, a riflettere, a cogliere e ad interpretare in termini  soggettivi i variegati segni che la simbologia tenta di decodificare.

Trattasi di un viaggio che, ci si augura sia pure inconsciamente, possa essere all’improvviso gratificato da un’intuizione, da quella percezione che la psicologia tradizionale identifica con l’improvvisa soluzione del problema.

Nel caso specifico si tratta di un problema che attanaglia l’umanità fin dai suoi albori: la certezza dell’esistenza di Dio, di quel Padre che decide di rendere uomo suo figlio, il Gesù di Betlemme, e di farlo immolare sulla Croce a testimonianza del suo incommensurabile amore nei riguardi del prossimo.

Nel ‘camino’ verso Santiago c’è, però, anche il travaglio, la sofferenza interiore dell’autore che, come tante creature umane, vuole transitare dalla sfida alla scommessa e da questa alla speranza. La percezione che il lettore ricava dall’interessante volume è che Santiago de Compostela abbia fatto del bene all’autore almeno nella medesima misura prodotta in chi si è avvicinato a questa narrazione con la dovuta attenzione e con la sufficiente dose di pathos, liberandosi da ogni pregiudizio e da comode riserve mentali.

Troisi si rivela narratore capace, fertile e, soprattutto, autentico. I continui processi introspettivi che egli attiva risentono di una sofferta esigenza dell’animo di interrogarsi, di mettersi in discussione, di rivisitare per intero la propria esistenza, rivolgendo  particolare attenzione alle esperienze adolescenziali di giovane di Azione Cattolica e di figlio di una madre portatrice di quel saldo patrimonio di fede che è proprio del messaggio antropologico della nostra gente.

Per ‘ scavarsi dentro ‘ fino in fondo l’autore rivede al computer le centinaia di immagini fissate con la macchina fotografica digitale durante il ‘ camino’. Ogni foto manifesta il ‘ perché ‘ l’acuto osservatore abbia voluto ‘fermare ‘ quel paesaggio, quella chiesetta rupestre, l’epigrafe scolpita su di una pietra o la stele che segna il percorso al pellegrino penitente.

Le spiccate doti narrative emergono, in particolare, nell’inventare, per i curiosi nipotini, la storiella del miracolo della conchiglia. Da questo e da tanti altri fugaci elementi, raccolti  di qua e di là nel volume, emerge, infine, la forte carica emotiva dell’autore nei riguardi del contesto familiare di appartenenza.

Ed è questo legame che molto probabilmente spinge Troisi a fermare sulla carta la sua avventura spagnola verso la riscoperta della fede.

Per lui, come per ogni persona sensibile, la scrittura è salvifica, svolge una funzione catartica, aiuta a star meglio con se stessi e alimenta la speranza che altri, preferibilmente le generazioni che seguono, possano ricollegarsi al passato per rivivere interrogativi e dubbi e trovare, finalmente, quelle certezze che rasserenano e che fanno il bene dell’umanità.

PRENDE CORPO LA LEGGE DELEGA SULL’UNIVERSITA’

23 dicembre 2010

 

Salerno, 23 dicembre 2010

Ambrogio IETTO

UNA LEGGE NON PERFETTA MA NECESSARIA

 

Come era da prevedersi l’assemblea di Palazzo Madama resterà impegnata ancora oggi a discutere e a bocciare, da parte della maggioranza, le centinaia di emendamenti presentati dall’opposizione al disegno di legge delega sull’università.

Il presidente Schifani ha preannunciato la seduta notturna e l’intenzione di procedere ad oltranza fino alla sua approvazione prevista per il tardo pomeriggio di questa sera giovedì. E’ pur vero che sono state colte delle contraddizioni tra l’articolo 6 del disegno di legge ( stato giuridico dei professori e dei ricercatori di ruolo ) e l’articolo 29 ( norme transitorie e finali ).

La maggioranza, nel condividere su questo punto le obiezioni della minoranza, si è impegnata ad ovviare all’incongruenza col successivo provvedimento legislativo delle mille proroghe. Partito democratico e Italia dei Valori si sono irrigiditi e hanno rafforzato ulteriormente il loro ruolo oppositivo. Chiaro l’intento politico: rinviare il testo per la seconda lettura alla Camera e, quindi, evitarne l’approvazione entro il prossimo 31 dicembre.

Il voto convergente a favore della maggioranza da parte dei senatori di Futuro e Libertà e dell’UDC, nel dare certezza all’approvazione della legge, ha spinto democratici e gregari di Di Pietro ad utilizzare tutte le scappatoie  offerte dal regolamento per rallentare i lavori e sperare in un passo falso che rendesse necessario il rinvio del testo all’altra assemblea.

Non c’è dubbio che il sostegno dato anche da Casini e, nella sostanza, dall’intero terzo polo ad una legge significativa, qual è questa in discussione, rende molto improbabile il paventato ricorso alle urne nella prossima primavera e rafforza la leadership berlusconiana.

I pronunciamenti sostanzialmente a favore del disegno di legge da parte di accademici tradizionalmente schierati a sinistra come Giovanni Sartori e Michele Salvati, da editorialisti e docenti universitari di fama quali Ernesto Galli Della Loggia, Angelo Panebianco, Francesco Giavazzi, Giorgio Israel, hanno contribuito a rendere sostanzialmente sterile, dal punto di vista argomentativo, l’ opposizione sostenuta dal partito democratico e da Italia dei valori.

La scarsa qualità degli studi dei nostri atenei, accertata in tutte le sedi internazionali, i meccanismi concorsuali quasi sempre attivati ad usum Delphini con particolare attenzione a figli, mogli, amanti e congiunti di colleghi, la crescente spinta a risolvere ancora con interventi ope legis situazioni di precariato o aspirazioni a passaggi a fascia docente più alta, il consolidato padronato di molti rettori designati a vita per l’inevitabile dinamica che si attiva tra candidato e prestatori del consenso, l’assenza di meccanismi valutativi finalizzati ad essenziali criteri di merito, la diffusa, precaria situazione dei bilanci della maggioranza degli atenei, assorbiti prevalentemente dagli oneri per il personale ( la Federico II, la II Università partenopea e l’Orientale si attestano intorno al 96% ), sono alcuni dei fattori che hanno contribuito non poco ad un abbassamento notevole delle performance dei laureati, incrementando inoltre anche il tasso di dispersione che è il più alto al mondo, superando il 50% degli studenti immatricolati. Queste patologie sono emerse in misura maggiore nel Mezzogiorno, così come autorevolmente annotava domenica scorsa Paolo Macry sul ‘ Corriere  del Mezzogiorno ‘, evidenziando come ‘ non pochi atenei meridionali si sono serviti di politiche di spesa miopi, di un aumento corporativo del personale, di un demagogico livellamento dell’offerta didattica e scientifica’.

Tanto per fare un esempio il nipote di un boss di San Luca, iscritto alla Facoltà di Architettura di Reggio Calabria e abituale trasgressore di sintassi e di ortografia, ha sostenuto 22 esami, di cui nove in 45 giorni, con eccellenti risultati grazie a rapporti privilegiati con docenti e con segretari di quella università.

La legge delega che sarà approvata questa sera non cura in via definitiva queste ed altre patologie del sistema accademico italiano. Comincia, però, ad aggredire questi problemi.

L’introduzione dell’abilitazione nazionale alla docenza per la prima e la seconda fascia, la dichiarata incompatibilità ad aspirare a posti di docenza laddove operano congiunti fino al quarto grado incluso, la limitazione ad una sola legislatura della durata di sei anni dell’incarico di rettore, la modifica radicale dell’assetto del consiglio di amministrazione con la presenza di esperti esterni all’ateneo, l’introduzione del codice etico, il superamento dei finanziamenti concessi dallo Stato in relazione ai consueti parametri numerici, l’attenzione privilegiata  verso gli atenei giudicati virtuosi nella gestione delle risorse finanziarie, una normativa di fatto antisprechi, sono alcune delle innovazioni incoraggianti presenti nella legge delega. Di sicuro scompaiono i 37 corsi di laurea con un solo studente, i 323 corsi con non più di 15 iscritti, la maggior parte delle 330 sedi distaccate ( anche il ridente paesino di Torraca, nel golfo di Policastro, ospitava un indirizzo specifico del corso di laurea in scienze politiche per conto di una delle università statali napoletane! ).

Non potranno più esserci ricercatori che vivono di rendita da decenni senza avere compiuto una ricerca significativa né sarà possibile fare la trattativa col docente commissario di esame che accetta di partecipare ad una commissione di concorso a patto che uno dei concorrenti, amico di un suo collega, consegua l’idoneità.

Il presidente Napolitano ha assicurato di ricevere una delegazione di studenti che almeno a Roma sono stati ieri molto corretti. Il Capo dello Stato avrà di certo parole rassicuranti. Giovanni Sartori,  in un suo editoriale di qualche giorno fa, ha scritto che la mancata approvazione di questa pur non perfetta legge avrebbe fatto solo danno  agli stessi giovani.

Il primo ministro inglese David Cameron ha dedicato un ampio ed articolato discorso agli studenti britannici sulla precaria qualità degli studi delle loro università ed ha cercato di giustificare l’inderogabile necessità di triplicare la quota annuale di iscrizione, portandola ad una somma pari a 10.600 euro.

All’Università di Salerno gli studenti i cui nuclei familiari superano un reddito annuale di 32.000 euro e, quindi, sono tenuti a versare la tassa annuale più alta se la cavano con 1.211,00 euro.

La differenza c’è ed è notevole. Il che significa anche che, come ricorda un vecchio proverbio, non è possibile fare le nozze coi fichi secchi.

 

                                                                                            

 

 

 

IL MESSAGGIO A GESU’ BAMBINO DEL LEGHISTA SFASCIACARROZZE

21 dicembre 2010

Salerno, 21 dicembre 2010

 

Ambrogio IETTO

( Pubblicato su ‘IL NUOVO SALERNITANO ‘ di Martedì 21 dicembre 2010 )

 

LETTERA AL LEGHISTA CALDEROLI

Signor Calderoli,

 

le scrivo, utilizzando questa testata giornalistica che, anche se non rientrante nella rete dei quotidiani di respiro nazionale, ha il non comune merito di essere uno strumento pronto a dare spazio a quanti,  in piena libertà, avvertono l’esigenza primaria di esprimere fino in fondo il proprio pensiero. E’ mio desiderio, però,  fare in modo che alcune essenziali considerazioni, che andranno a dare sostanza a  questo mio contributo, possano, comunque, in modo diretto o indiretto, arrivare sulla scrivania di qualche suo collaboratore. A tal fine provvederò a trasmetterle questo testo al suo indirizzo di posta elettronica al Senato della Repubblica (calderoli_r@posta.senato.it ) e ad inserirlo sul mio blog www.ambrogioietto.com.

Chi legge per suo conto avrà subito notato che mi rivolgo a lei, utilizzando, con qualche sofferenza da parte mia, il ‘ signor’ che rimane, comunque, un appellativo di cortesia in genere non negato a chicchessia. Avrei potuto esordire col termine ‘ ministro ‘ che, in verità, ho escluso subito in quanto avrei collocato lei al medesimo livello di quei pochissimi componenti del governo Berlusconi percepiti, anche dalle opposizioni, come persone equilibrate nei modi e nel linguaggio, attente a non lacerare ulteriormente il tessuto  di quel che resta della cosiddetta unità nazionale.

Senza nulla togliere al prestigio che lei ritiene di possedere avrei potuto cavarmela col titolo di senatore. Anche su questa scelta ho avuto, però, delle perplessità. Infatti lei, potendo recuperare fonti storiche che attribuiscono all’imperatore Caligola l’atto generoso di nominare il proprio cavallo Incitatus componente dell’assemblea di cui ella fa parte, avrebbe potuto considerare offensivo e denigratorio il lemma ‘senatore’. Ho anche evitato, però, di introdurre questo mio testo col titolo a lei dovuto, a prescindere dalle responsabilità parlamentari e ministeriali, di ‘ dottore’ grazie  alla brillante laurea conseguita in gioventù  in medicina e chirurgia.

Ho escluso anche questa possibilità perché avrei dovuto precisare, secondo quanto risulta dall’annuario del Senato, che lei è anche dotato di specializzazione quinquennale in chirurgia maxillo-facciale, un settore che si occupa di tutte le operazioni mirate alla cura di alcune patologie tra le quali rientrano il traumatismo, la malformazione, la degenerazione, le problematiche estetico – funzionali della faccia con particolare riferimento alla struttura mascellare.

Ho potuto, così, riflettere, grazie ad un ardito sillogismo, che se il corpo potesse essere paragonato ad un’auto lei avrebbe il suo omologo nello sfasciacarrozze – carrozziere. Si giustifica, così, perché alla fine me ne sono uscito col ‘signor Calderoli ‘.

I condizionamenti professionali, però, le sono rimasti. E nel modo peggiore in quanto, essendo stato stregato lungo la via principale del suo paese di Mozzo dal fascino del grande Umberto, ha preferito opportunamente farsi fino ad ora sei legislature al Parlamento, evitando di combinare eventuali guai in sala operatoria a causa della comprensibile mancanza di allenamento.

Ora per il S. Natale ha pensato bene di scrivere una lettera speciale al Bambino Gesù, pregandolo di fare approvare il federalismo fiscale e di adoperarsi per trasferire nella sua Padania tanti ministeri, togliendoli a Roma ladrona.

E’ emersa, così, ancora una volta la personalità di uno che è abituato a fare ‘ porcate’ e a sfasciare quel poco che è rimasto di questo nostro povero stivale che ha voluto , nell’immaginario grafico, addirittura capovolgere.

E su questa operazione grafica lei ha confermato i suoi non trascurabili limiti: scaltro, furbo quanto si vuole ma per niente creativo. Infatti acriticamente è andato a copiare la copertina del libro di Pino Aprile, pubblicato dalla Piemme, dal titolo provocatorio di ‘Terroni’, un testo in cui sono descritte in modo didascalico tutte le ruberie e le malefatte che voi del Nord avete combinato al Sud a seguito dell’operazione unificante.

Il bello è che chi ha dato allo stivale una posizione capovolta giustamente ha collocato gli ipotetici dicasteri della cultura e dell’istruzione proprio al Nord, avvertendo l’esigenza primaria di compiere una radicale, primaria opera di alfabetizzazione culturale proprio a lei e ai suoi compatrioti leghisti che, interessati prioritariamente al denaro ( non per niente chiedete anche i ministeri dell‘ economia, dello sviluppo, dei trasporti e la stessa Consob), avvertite, però, oggettivi limiti nella corretta combinazione sintattica dei condizionali e dei congiuntivi.

A proposito, signor Calderoli, mi viene un dubbio. Lei saprà che tra i 1089 che seguirono Garibaldi da Quarto a Marsala e, quindi, fino a Teano, furono proprio i suoi conterranei bergamaschi a costituire il gruppo locale numericamente più folto con ben 163 presenze.

Il dubbio è questo: non crede che i suoi paesani bergamaschi fecero del tutto per partecipare così numerosi alla spedizione al fine di compiere una prima, sistematica rilevazione delle potenzialità economico – produttive del Mezzogiorno, preparando, così, terreno favorevole ai propri discendenti che, senza farsi molti scrupoli, avrebbero sfruttato a proprio uso e consumo le risorse ambientali offerte dal territorio e quelle finanziarie distribuite da Roma ladrona?

                                                                                           

 

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