Archivio per aprile, 2013

IL SINDACO DE LUCA IN EVIDENTI DIFFICOLTA’: VANIFICATA L’ATTESA DI UN INCARICO MINISTERIALE

29 aprile 2013

Salerno 29 aprile 2013

Ambrogio IETTO

CHI DI SPADA FERISCE . . . .

I lettori conoscono bene l’esatto testo di questo proverbio latino che trae origine dal Vangelo di Matteo (26,52 ): ‘Allora Gesù gli disse: rimetti la spada nel fodero perché tutti quelli che mettono mano alla spada periranno di spada’.

Mi permetto richiamare questo testo, volendo esprimere qualche considerazione in merito al mancato inserimento del sindaco De Luca nella lista dei componenti del governo presieduto da Enrico Letta. Tutti ricordano le espressioni proferite dai dirigenti provinciali del partito democratico e, soprattutto, dai membri della giunta comunale del capoluogo durante i due mesi precedenti le elezioni politiche di fine febbraio.

Esse convergevano verso un coro monocorde omaggiante le straordinarie qualità amministrative e politiche del primo cittadino destinatario ad ogni piè sospinto di entusiastici apprezzamenti. Pian piano emergevano e partivano per le redazioni dei giornali le avances predisposte dai suoi adulatori ogniqualvolta saliva a Palazzo di Città qualche esponente del gotha romano del partito democratico: ‘ incarico ministeriale per il sindaco De Luca; superministro per i problemi del Mezzogiorno; unanime considerazione per De Luca, fiore all’occhiello per il PD e modello significativo per un modo nuovo di amministrare una fiorente città del Sud’. Costretto a schierarsi pro Bersani in occasione delle primarie del partito, anche dal politico emiliano arrivarono apprezzamenti generosi nei riguardi del nostro primo cittadino che, chiamato addirittura a far da sponsor al segretario del PD in una pubblica manifestazione programmata a Milano, costrinse l’assessore Buonaiuto a seguirlo come un cagnolino nel capoluogo lombardo per formalizzare l’abiura di Renzi.

A Palazzo di Città si era recato anche il neo – presidente del Consiglio Letta, resosi disponibile a capeggiare la lista del PD a Campania II. In verità non si sa cosa effettivamente i due si dissero. E’ molto probabile che l’onorevole De Luca abbia rinfacciato a Letta il torto fattogli nell’inserire il deputato uscente Vaccaro nel listino dei protetti della circoscrizione elettorale Campania I.

Nel lamentarsi per l’operazione truffaldina compiuta dal giovane premier, De Luca dovette motivare l’ordine imposto in precedenza al fedelissimo Landolfi di non candidare Vaccaro alle primarie. In un orecchio il sindaco dovette confessare a Letta anche di avere eliminato, sia pure con apparente garbo, il senatore uscente Andria, in quanto a lui sempre antipatico, ma non proprio scorretto come il Vaccaro che aveva osato addirittura criticarlo per la composizione delle liste pro domo sua in occasione delle amministrative del 2011.

Ora tutti coloro che pendono dal De Luca – pensiero criticano la composizione del nuovo esecutivo. Puntualmente è tornato di moda il refrain pro Sud: da Bonavitacola a Landolfi si allude alla dorotea del Nord, riesumando il nome del convento romano in cui si tenne nel 1959 la prima riunione dell’omonima corrente democristiana.

In verità i vecchi frequentatori di Ariccia, delle Frattocchie e di Botteghe Oscure un po’ di ragione hanno da venderla: infatti a danneggiare De Luca, in quanto neo ministro per gli Affari Regionali e delle Autonomie, nientedimeno è quel Graziano Delrio, sindaco uscente di Reggio Emilia, noto endocrinologo, docente all’Università di Modena e Reggio, autore di una referenziata produzione scientifica, padre di nove figli, cattolico, già consigliere regionale e presidente dell’Associazione Nazionale Comuni d’Italia, eletto per acclamazione dopo aver sostenuto con successo una competizione interna al Partito Democratico contro il sindaco di Bari Emiliano.

E’ fuor di dubbio che Letta abbia preferito un vecchio esponente del Partito Popolare Italiano ad un ex gerarca comunista che si autodefinisce seguace del liberale Gobetti ma che non accetta la libera circolazione di idee e di proposte in primo luogo all’interno della giunta che presiede e che silura chi all’interno del partito osa esprimere un pensiero divergente.

I filodeluchiani nostrani hanno qualche fondato motivo di prendersela con Letta anche per l’elevazione alla dignità ministeriale di Flavio Zanonato allo Sviluppo Economico che, da sindaco di Padova, fece erigere a via Anelli il famoso muro che materialmente bloccava ogni tentativo di integrazione degli immigrati stranieri nella città veneta.

In questo caso lo scaltro Enrico Letta, dotato di un patrimonio genetico da cavallo di razza, ha superato anche la contraddizione di un ex comunista, diventato democratico, ma contrario all’integrazione. Così ha pensato bene di proporre al Presidente della Repubblica l’afroitaliana Cécile Kyenge a ministro per la Cooperazione internazionale e l’Integrazione.

Un consiglio amichevole a Landolfi: chieda al neo – presidente del Consiglio Letta di far ripristinare alla Camilluccia la vecchia scuola di formazione della DC e avanzi subito la personale domanda di iscrizione.

C’è, però, una sola condizione da rispettare: assumere un’espressione facciale non arrabbiata e stizzosa alla De Luca e disporsi al sorriso e ad una dinamica interattiva, corretta e non spocchiosa alla Bersani.

Peccato che Enrico Letta abbia tanto da fare da presidente di un Consiglio dei ministri a quanto pare abbastanza sgarrupato a Sud.

Sarebbe stato un ottimo maestro.

DOPO LA FRANTUMAZIONE DEL PD. QUALI LE RICADUTE SU DE LUCA E SULLA POLITICA SALERNITANA ?

23 aprile 2013

Salerno, 23 aprile 2013

Ambrogio IETTO

Dal Quirinale a Salerno

Non sembra del tutto inutile attivare una riflessione su quanto accaduto a Roma durante la lunga crisi politica post – elettorale e sulle possibili sue ricadute in terra salernitana. Va subito espressa una constatazione: i pochi personaggi entrati in campo, nel corso di questo lungo tiremmolla per la formazione del nuovo governo e per l’elezione del Capo dello Stato, non appartengono alla realtà politica della Campania.

Se si escludono i frequenti interventi televisivi affidati dalla dirigenza del PDL a Mara Carfagna e dalla stessa gestiti con puntuali argomentazioni di merito e con ineccepibile correttezza linguistica, per il resto l’intera deputazione parlamentare campana è stata tenuta fuori dal dibattito sostanzialmente intenso e conflittuale che si è venuto a sviluppare sulle reti televisive nazionali e sui più accreditati organi di stampa. Segno evidente dell’assenza di una leadership significativa in grado di emergere dall’acquitrino in cui si è impantanata una fase particolarmente critica della storia d’Italia.

La riflessione riguarda, in particolare, la vita interna del partito democratico le cui espressioni più significative sono rappresentate in sede romana dai parlamentari Iannuzzi, Bonavitacola e Vaccaro, non considerando evidentemente le new entry in fase di incerto e timoroso adattamento all’interno di una realtà composita e vischiosa.

Credo che i tanti errori commessi da Bersani abbiano di fatto travolto quanti, in modo diretto o indiretto, avevano fruito della sua tutela in occasione della composizione del cosiddetto listino di febbraio, funzionale ad un’elezione più o meno certa.

Nel valutare gli ultimi, dirompenti interventi di Renzi, privi idi fatto di contenuti politico – culturali affidabili, viene da domandarsi sui possibili motivi che hanno sconsigliato al sindaco De Luca una sua diretta discesa in campo in occasione delle primarie.

Egli avrebbe potuto presentare credenziali di certo più credibili di quelle esibite dal primo cittadino di Firenze: più volte collocato ai primissimi posti tra i sindaci italiani per indice di gradimento, con un passato politico di tutto rispetto all’interno del vecchio PCI e del PDS, espressione di un progetto di conduzione amministrativa, per quanto discutibile, sicuramente unico nella generale palude del mezzogiorno d’Italia, un retroterra culturale dignitoso soprattutto se spurgato da espressioni più o meno arroganti ed improprie. Tutti conosciamo la ricorrente idiosincrasia di De Luca nei confronti dell’attività parlamentare che ha svolto in precedenza a livelli di semimediocrità e senza forti motivazioni. Egli a Salerno non solo è tutto ma ritengo che, in assoluta autenticità, abbia dato vita con la città ad un processo di piena ed assoluta identificazione. La sua visione localistica della politica è stata favorita anche dalla presenza di un terreno istituzionale – partecipativo decisamente favorevole anche perché carente di autonomia critica ed abilmente costruito e costituito ad usum Delphini.

Non è un mistero, però, che l’ultima sua vigilia elettorale sia stata vissuta in funzione e nella prospettiva del successo pieno di Bersani. I suoi cortigiani di giunta e i suoi fan più diretti avevano anticipato futuri, lusinghieri incarichi ministeriali per il nostro sindaco.

La disfatta di Bersani, di cui è stato addirittura sponsor e testimone privilegiato, il già constatato successo campano del PDL, le aumentate difficoltà per lui di primeggiare in un’ipotetica, futura ricandidatura a presidente della giunta regionale della Campania ridimensionano di molto le sue aspettative e ripropongono il classico interrogativo: ‘ cosa farà De Luca da grande ? ‘.

La nostra città e l’intera sua provincia vivono di fatto della referenza di essere guidata da un sindaco decisionista e determinato qual è De Luca che è circondato, però, da una classe dirigente del PD in parte da lui dipendente e in parte, soprattutto sul territorio provinciale, costituita da amici ed estimatori dei diretti rappresentanti istituzionali ai vari livelli.

All’interno del centrodestra, se si esclude il più recente attivismo di Mara Carfagna, sembra un po’ calante la luna di Cirielli. L’ambito politico, infatti, è il contesto meno propenso a vivere e a testimoniare la cultura della gratitudine che resta, da sempre, il sentimento della vigilia.

All’osservatore estraneo alle dinamiche interne alle singole aggregazioni partitiche non sfugge il dato che a rappresentare le aspettative della Campania e dell’intero mezzogiorno rimane il solo conterraneo Giorgio Napolitano, un giovanotto di quasi 88 anni che anche ieri pomeriggio, nel corso della cerimonia del suo giuramento, ha dimostrato che è possibile commuoversi anche all’interno di quel contesto di falchi, ipocriti e traditori in cui si è ridotto il Parlamento della Repubblica Italiana.

LA COMPONENTE CRITICA DELLA CITTA’ DI SALERNO NON PUO’ ACCETTARE IL LINGUAGGIO OFFENSIVO E ROZZO DEL SINDACO DE LUCA

9 aprile 2013

Salerno, 9 aprile 2013

Ambrogio IETTO

IL LINGUAGGIO GROSSOLANO DEL SINDACO

E’ il terzo intervento del genere che compio su questo modesto foglio e sul mio più umile blog. Ho scritto anch’io sull’intellighenzia della nostra città e sui giovani che, secondo il ‘fuitevenne’ dell’attore Nuccio Siano, dovrebbero andar via da Salerno per veder valorizzato il loro talento e raggiungere l’impossibile felicità.

Mi sono inserito spontaneamente nel dibattito avviato dal ‘ Corriere del Mezzogiorno’ non chiedendo ospitalità all’intelligente Bojano ma avvalendomi dell’opportunità che generosamente mi offre l’amico Tommaso D’Angelo, concedendomi anche l’autonomia di fissare il titolo ai singoli contributi che più o meno costantemente gli trasmetto nella speranza di riuscire a raggiungere almeno gli auspicati venti lettori manzoniani.

Le riflessioni odierne muovono in prevalenza dalla dimensione pulsionale della mia personalità. Non sono io uno dei diretti offesi ma mi ribello, nella qualità di cittadino residente da mezzo secolo a Salerno, ad essere rappresentato da un sindaco che, pur risultando, grazie al buon retroterra culturale di una laurea in filosofia, abile comunicatore, capace di utilizzare magnificamente congiuntivi e condizionali, spesso utilizza un linguaggio grossolano, cafonesco, rozzo.

Il molto tollerante ex sindaco Aniello Salzano giudica epiteti sgarbiani da ‘ ramanzina’ espressioni quali ‘palle, pippe, tangheri, ciucci, somari, capre’. Salzano, che è anche un intellettuale dalla formazione classica, probabilmente avrebbe voluto manifestare in ben altro modo il suo dissenso a queste sgarbate espressioni linguistiche. Ha preferito, però, chiosare sulla legittimità del dissenso, sulla comprensione che si deve avere nei riguardi di chi non condivide con De Luca l’entusiastico ed abusato giudizio su Salerno città turistica, sede delle più significative espressioni dell’architettura contemporanea, di una delle più stimolanti ed accreditate stagioni liriche, aperta al Mediterraneo, all’Europa e all’Africa e, attraverso lo stretto di Gibilterra, anche all’oceano Atlantico!

A parte Siano che ha dato il via con lo ‘ svegliatevi, giovani, e andate via da Salerno ‘, anche il docente Rino Sica e, nella sostanza, lo stesso scrittore Diego De Silva non si sono manifestati entusiasti della qualità della vita nella città capoluogo. Il primo ha precisato che ‘ Salerno è in un limbo galleggiante e che mediocre lo è sempre stata ma mai a questi livelli’. De Silva si guarda bene dall’ utilizzare affermazioni più o meno simili, tende a sdrammatizzare il pessimismo di Siano, pur sottolineando che Salerno è stata sempre priva di ‘ un mondo intellettuale particolarmente attivo o che abbia sostenuto battaglie civili’.

Anche lo scrittore, però, come ha già fatto il professore Sica, ha in programma di mandar la propria figliola a frequentare l’università lontano da Salerno: ‘ Ora ha tredici anni e fino a diciotto può vivere a Salerno con una certa tranquillità’. Insomma nel caso dei due interlocutori la frequenza di un ateneo metropolitano, a prescindere dalla qualità degli studi, può vivacizzare di molto l’identità personale dei rispettivi rampolli.

La mia meraviglia scaturisce dal fatto che anche questi due intellettuali, probabilmente per un automatico meccanismo di difesa prodotto dal personale senso di autostima, non si sentono per niente scalfiti dalle volgari espressioni proferite dal sindaco. Forse danno per acquisito che questo suo modo di comunicare va considerato come scontato in quanto fortemente consolidato nell’identikit del personaggio.

A me, invece, mentre produce sofferenza il fatto che da dieci mesi non ricevono lo stipendio i dipendenti e i soci delle cooperative che gestiscono gli asili nido per conto del Comune di Salerno, alimenta forti reazioni emotive questo linguaggio volgare e rozzo di De Luca che, con la scaltrezza che gli va riconosciuta, usa i termini richiamati con riferimenti generici e non personalizzati, all’evidente fine di evitare denunce.

Sono certo che egli utilizza questo suo modo di dire anche per far divertire l’ uditorio e i lettori che, evidentemente, sono stati educati da lui ad un simile glossario.

Se egli vuole continuare ad offendere chi non accetta sue scelte o suoi ossessivi convincimenti scandisca, però, cognome e nome dei destinatari delle sue offese.

Almeno confermerebbe, in questo modo, di essere dotato di tutti gli attributi che gli vengono riconosciuti dai suoi supporter.

GLI ACCADEMICI PRONTI A PONTIFICARE SULLO STATO DELLE CITTA’ POCO ACCOGLIENTI VERSO I GIOVANI. NON RECITANO, PERO’, IL MEA CULPA.

4 aprile 2013

Salerno, 4 Aprile 2013

Ambrogio IETTO

I GIOVANI E LA CITTA’

Un precedente mio intervento sul rapporto tra la città e gli intellettuali, anche sufficientemente documentato, non ha avuto la fortuna di essere stato ripreso, commentato ed, eventualmente, anche severamente giudicato.

Interlocutori potenziali erano, oltre le centinaia di affermati esponenti delle libere professioni che vivono e lavorano nel capoluogo, gli oltre mille docenti stabilmente impegnati presso il nostro ateneo metà dei quali svolgono l’attività didattica e l’ordinario impegno di ricerca nella macroarea delle lettere, della filosofia, della sociologia, della comunicazione, degli studi giuridici e dell’economia, tutte discipline che, comunque, sono tenute, grazie ad un intelligente ed interattivo rapporto tra approfondimenti teorici e contesto socio – culturale di immediato riferimento, ad interrogarsi sulla complessiva qualità della vita nella città di cui riportano il nome nel logo ufficiale dell’Università con la quale sono incardinati, sull’attività di promozione culturale svolta dagli enti territoriali, sul tipo di contributo offerto dagli ordini professionali e dalle centinaia di associazioni presenti le cui finalità primarie interessano, almeno nei rispettivi statuti, l’area artistico – culturale , sui livelli di partecipazione del mondo giovanile ad esperienze di cittadinanza attiva, sulle scarne prospettive occupazionali in particolare per giovani laureati, sulle scelte urbanistiche operate e da ipotizzare per il futuro, sul tipo di identità economico – culturale che si va delineando per il capoluogo e il suo hinterland.

E’ pur vero che il personale blog e il giornale cartaceo che ospita questi contributi hanno un’utenza piuttosto contenuta e, quindi, indisponibile ad utilizzare vetrine che offrono poca luce. Sono entrambe, però, sedi privilegiate di pensieri e di proposte elaborate e socializzate in assoluta libertà. Il che, di questi tempi, non è poca cosa soprattutto quando si fa riferimento ad un governo locale fortemente egemonizzante.

L’odierna riflessione fa di nuovo riferimento ad un’apprezzabile iniziativa del ‘ Corriere del Mezzogiorno ‘ che raccoglie prima il fuitevenne rivolto ai giovani dell’attore salernitano Nuccio Siano e, quindi, la rasserenante esperienza dello scrittore Diego De Silva che a Salerno si trova bene anche per l’affezionato e consistente numero di lettori che sceglie di leggere i suoi libri.

Personalmente non riscontro una posizione di contrasto tra le due posizioni. De Silva, per l’elaborazione dei suoi ottimi lavori, trova nella città condizioni ambientali favorevoli per costruire le sue storie e delineare meglio gli identikit dei suoi simpatici personaggi. Il contesto circostante è sufficientemente quieto, non chiassoso e risulta più immediatamente a contatto con tratti distintivi delle diverse umanità in circolazione. Il pubblico dei suoi lettori è costituito prevalentemente da gente che trova nella lettura domestica, distensiva e gradita, una delle pochissime, personali opportunità per impegnare le strutture cognitive ed alimentare i necessari, auspicati processi di immedesimazione con il contesto antropologico descritto nel romanzo o nel racconto e coi suoi protagonisti.

Nuccio Siano, dal canto suo, è persona di cultura ma di professione fa l’attore e il regista, attività che presuppongono proposte di scritture con puntuali contratti e, soprattutto, spazi teatrali dignitosi in cui esibirsi. Siano, purtroppo, come altri suoi bravi colleghi di origine salernitana, non è entrato nel giro del Teatro Pubblico Campano, l’associazione regionale di enti locali, che compila e gestisce i cartelloni dei migliori teatri di Napoli, Salerno, Avellino, Caserta e Benevento.

In questa rete si entra se, oltre ad essere bravi, si è favorevolmente accreditati da uno o più comuni proprietari di teatri rientranti nel circuito. Da sempre il Teatro Pubblico Campano è gestito da amministratori politicamente molto prossimi alla sinistra. Da circa un decennio ne è presidente l’ottimo prof. D’Onofrio, già docente di latino e greco ed attualmente dirigente scolastico dell’istituto comprensivo di Amalfi.

Anni fa la straordinaria Monica Guerritore, nata a Roma ma di origini salernitane, a conclusione della sua Giovanna D’Arco data al Teatro delle Arti di Salerno, partecipò all’entusiastica platea l’amarezza di non aver mai potuto calcare il palco del ‘Verdi’ ove, in compagnia dello zio e nella qualità di interessata spettatrice, pur si recava da adolescente a seguire gli spettacoli in programma. In questa stagione la Guerritore finalmente è arrivata meritatamente al ‘ Verdi’ col suo lavoro su Oriana Fallaci. Spero che non sia stata costretta a ricercare uno sponsor per esaudire un umano, comprensibile e meritato desiderio.

Il giudizio critico di Siani, dunque, tocca indirettamente anche la programmazione teatrale del nostro massimo che, come quella relativa alla lirica, è di delega esclusiva del primo cittadino. Questi, pur enfatizzando il principio della cosiddetta salernitanità, evidentemente non considera gli artisti salernitani degni di esibirsi in quel sacro luogo.

La mia riflessione ritorna, quindi, sul tema centrale della città e dei giovani che, ad esempio, non godono di speciali agevolazioni per assistere in numero consistente e a costi accessibili alla stessa stagione lirica. La lontananza fisica del Campus dal centro cittadino incide e come sulla possibilità di predisporre un’offerta formativa integrativa che avrebbe dovuto e potrebbe migliorare la qualità del tempo libero degli studenti. Le responsabilità su questo punto sono del Comune che non ha voluto affrontare il delicato problema della concretizzazione di un efficace ed efficiente trait d’union tra ateneo e capoluogo con una dignitosa programmazione di eventi culturali da tenere in città da parte dei singoli Dipartimenti.

La stessa Università ha nicchiato, preferendo chiamare al Campus , nel migliore dei casi, personaggi dubbi come il Fabrizio Corona osannato all’epoca da migliaia di studenti. Questo evento, verificatosi a fine febbraio del 2010, fu salutato da Aldo Grasso, critico televisivo del ‘Corriere della Sera’ e docente di ‘Storia della radio e della televisione’ alla Cattolica di Milano, con questo scritto: “ Corona che diventa prof ? Un fatto che segnala non la miseria di Corona stesso ma dell’Università Italiana che ormai, per sentirsi viva e per avere qualche richiamo mediatico, non esita a proporre agli studenti occasioni come questa”.

Infatti si può far male ai giovani in tanti modi. Anche mandandoli a studiare fuori sede, bocciando a volte se stessi.

Chi scrive si accontentò per i suoi due figli della sgarrupata ed improvvisata sede di via Prudente al quartiere Carmine. I risultati, grazie a Dio, alla serietà del curricolo seguito, alla qualità e alla caparbietà dell’impegno espresso da entrambi, sono stati più che soddisfacenti.

Migliorare la qualità di ciascun curricolo di studi, elevare il tasso di serietà dei corsi, non rinunciare ad una giusta severità lungo il continuum formativo, studiare non solo per superare l’esame ma soprattutto per affrontare la necessaria competitività che la vita necessariamente impone, sono tutti ingredienti di una vecchia ma sempre condivisibile ricetta.

Al resto deve pensare la buona ed onesta politica per attivare provvedimenti finalizzati a ridimensionare notevolmente il livello di disoccupazione giovanile arrivato in Italia, per i ragazzi al di sotto dei 25 anni, ad un preoccupante 37,8%, collocato al terzo posto, solo dopo Spagna e Grecia.

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