Archivio per marzo, 2010

ELEZIONI REGIONALI: IL VOTO DISGIUNTO HA PRIVATO I PARTITI DELLA MAGGIORANZA DI UN CONSIGLIERE IN PROVINCIA DI SALERNO

31 marzo 2010

 

 

Salerno, 31 Marzo 2010

 

Ambrogio IETTO

SERIO MONITO PER CIRIELLI

 

 

Ha fatto bene Vincenzo De Luca ad esprimere un ‘grazie’ particolare e riconoscente ai salernitani che, tradendo le indicazioni del partito e dell’aggregazione di appartenenza, espresse almeno a parole, hanno optato per la sua persona, considerandola degna di occupare la poltrona più importante di Palazzo Santa Lucia a Napoli.

L’atto di riconoscenza, ovviamente, è diretto a tutti quegli elettori, disseminati da Positano a Sapri, che hanno visto nel sindaco di Salerno un modello significativo cui manifestare la propria fiducia nonostante l’atto di tradimento compiuto. Risultare primo almeno nella provincia di residenza, rinunciando finanche ad ottenere questa soddisfazione nel comune capoluogo di regione, retto dal duo Iervolino – Bassolino antichi compagni di cordata, significa prendere atto che,comunque, è stato significativamente avvertito il cosiddetto senso di appartenenza.

Se si tiene conto che a testimoniargli questa attenzione sono stati 45.857 elettori e che questo dono ha consentito all’alleanza di centrosinistra di assicurarsi un seggio in più, si riesce a comprendere bene il severo avvertimento che riceve Edmondo Cirielli, presidente della Provincia e selezionatore attento di molti candidati collocati nelle liste del PDL e del Nuovo Psi – MpA.

Così mentre le liste a sostegno di Caldoro hanno totalizzato 291.677 voti contro i 245.820 suffragi andati alle sette liste dello schieramento avverso, a favore del  candidato Vincenzo De Luca sono stati espressi 322.178 voti contro i 273.283 ricevuti da Caldoro ( trattasi, insomma, di  un 8,06 % in più!).

Le norme elettorali, infatti, prevedono che l’assegnazione dei seggi avvenga tenendo conto dei voti acquisiti dal candidato presidente e non di quelli riconosciuti all’insieme delle liste sostenitrici. Ovviamente le manifestazioni di stima e di simpatia nei riguardi del sindaco di Salerno non sono state esternate dai soli elettori della città capoluogo ove, comunque, 2.393 elettori che hanno votato Eva Longo, Salvatore Gagliano, Alberico Gambino ed altri hanno optato per De Luca presidente.

Il virus del voto disgiunto si è esteso in tutti i comuni della nostra provincia: a Cava de’ Tirreni, patria del superdotato Baldi e dello stesso Cirielli, i traditori sono stati ben 1.421; a Pagani, ove Gambino ha ricevuto 6.567 preferenze, a De Luca sono andati i voti di 4.898 elettori del centrodestra; Angri, sempre col supervotato Gambino, ha regalato al sindaco di Salerno 1.753 suffragi; Nocera Inferiore ne ha dati 1.690; a Nocera Superiore il dono è stato offerto da 2.059 elettori di Baldi (PdL), D’Acunzi e Villani ( Udeur) e da Giuseppe Manzo ( Noi Sud ); ad Eboli 2.875 elettori della cordata di centrodestra hanno preferito il volto di De Luca a quello di Caldoro; a Pontecagnano hanno provveduto 1.981 elettori del centrodestra, in particolare sostenitori di Del Mese (Udeur ) e di Sconza (UdC), a fare l’occhiolino  di triglia al sindaco di Salerno; festa grande anche a Battipaglia con 5.740  elettori potenziali di Caldoro che si sono trasferiti da De Luca; ad Eboli i transfughi sono stati ben 4.044; anche Scafati conta 2.130 tifosi di destra che hanno preferito De Luca;  Sarno coi suoi 1.933 voti non è stata da meno.

La lista per motivi di spazio si ferma qui ma potrebbe estendersi anche ai centri più importanti del Cilento e del Vallo di Diano. Più fedeli e coerenti sono stati gli elettori di Fortunato e di Brusco a Santa Marina e a Vibonati.

Disastroso, infine, il risultato per il consigliere provinciale Di Giorgio che ha visto trionfare nella comunità di cui è anche sindaco, oltre De Luca, anche l’intera coalizione di centrosinistra.

La pratica del voto disgiunto, che ha contratto la delegazione dei consiglieri salernitani di centrodestra  da sei unità a cinque, rappresenta, dunque, un segnale allarmante per Cirielli: l’egocentrismo dei suoi candidati ha prevalso sullo spirito di squadra e, alla fine, ha finito col danneggiare se stessi.

Evidentemente far cogliere il senso dell’appartenenza e della fedeltà al leader non è azione pedagogica semplice e possibile al tempo d’oggi.

                                                                             

 

UNA PRIMA NOTA DI COMMENTO SULLE ELEZIONI REGIONALI IN CAMPANIA

30 marzo 2010

 

Salerno, 30 Marzo 2010

 

Ambrogio IETTO

 

 

OCCORRE ORA SPIRITO DI COOPERAZIONE

E SENSO DI CORRESPONSABILITA’

 

Sono oltre le 23 di lunedì 29 marzo quando licenziamo il ‘pezzo’ che il cortese lettore si dispone a leggere ed, eventualmente, a commentare. Esso presenta il limite della provvisorietà dei dati ufficiali e, quindi, tiene conto di alcune costanti che è possibile rilevare soprattutto prendendo in esame il voto espresso in Campania. Non ci sono dubbi sul fatto che Stefano Caldoro è il nuovo governatore della regione.

Sarà affiancato, così come le nuove norme statutarie prevedono, da un’ampia maggioranza costituita dai rappresentanti dei partiti che hanno sostenuto la sua elezione. Egli, al momento, distanzia De Luca di quasi 10 punti in percentuale, una differenza rispondente a grandi linee a quanto gli ultimi sondaggi avevano previsto.

Sembra opportuno chiedersi se la candidatura del sindaco di Salerno abbia giovato o meno al partito democratico e alle altre aggregazioni minori che l’hanno sostenuto.

Nel confrontare i totali parziali raggiunti dall’alleanza di centrosinistra  in ciascuna delle cinque province campane si rileva per De Luca una percentuale di consensi superiore al totale raggiunto dall’insieme delle liste della sua coalizione. Questo elemento conoscitivo si riscontra, oltre che a Salerno ( circa il 10 % in più ), anche ad Avellino (+ 6,70 % ), a Benevento ( + 3,30 % ), a Caserta (+ 2,40%) e finanche a Napoli (+ 1,90).

Il che sta a significare che l’indice di gradimento per il primo cittadino di Salerno, da parte dell’elettorato di centrosinistra, è risultato più che positivo. Per il suo avversario Caldoro i riscontri offrono, al momento, una situazione decisamente diversa: egli in provincia di Salerno ha perduto i 10 punti in percentuale travasati su De Luca; anche ad Avellino  (- 6,50 ) e a Benevento ( – 3,50) è stata registrata una consistente perdita. A Napoli (+ 1,90) e soprattutto a Caserta ( + 17,70) si riscontra, invece, un’inversione di tendenza.

In quest’ultima provincia significativi si rilevano l’apporto del suo sponsor Cosentino e la contestuale elezione per il rinnovo dell’amministrazione provinciale con la candidatura alla presidenza  di Zinzi, esponente dell’Unione di Centro, apparentata, come è noto,  in Campania col centrodestra.

Dai dati parziali si riscontra nel capoluogo della regione un’apprezzabile avanzata del centrodestra. Un’analisi approfondita da compiere sui risultati definitivi consentirà di percepire in quale misura sia venuto a mancare il sostegno dello zoccolo duro di consensi controllato da Bassolino e dai suoi fedelissimi.

A prescindere da questa ed altre curiosità da soddisfare c’è da dire che l’impresa per De Luca si è rivelata subito particolarmente ostica. Le difficoltà superate in partenza per la conquista della candidatura e per il richiesto appoggio da parte di Italia dei Valori e della lista di Vendola e una campagna elettorale piuttosto breve, con un  vastissimo territorio regionale da contattare, forse non hanno consentito al sindaco di Salerno di superare almeno in parte il gravissimo gap che lo distanziava già in partenza dall’avversario.

La consapevolezza di dover intraprendere un’impresa onerosa, anche e, soprattutto, per la non felice eredità decennale lasciatagli dai suoi compagni di partito che hanno gestito la cosa pubblica in regione, ha spinto De Luca ad affrontare la tenzone con toni eccessivamente aggressivi e con un linguaggio spesso offensivo verso i suoi avversari.

Ad avviso di chi scrive si è trattato di un non trascurabile errore che ha potuto alimentare riserve nei suoi confronti in particolare a Napoli e dintorni.

La stessa campagna pubblicitaria è apparsa contraddittoria: l’impegno a cambiare tutto imponeva l’esigenza di chiarire con ragionamento pacato gli interventi e i metodi di gestione precedenti che imponevano una svolta; allo stesso modo non si poteva chiedere il voto al di là dei partiti e, contestualmente, aggredire con toni così forti gli esponenti della coalizione avversa.

Comunque cosa fatta capo ha. Gli auguri espressi dal sindaco di Salerno a Caldoro in tarda serata mettono fine, comunque, alla diatriba sviluppatasi nel corso della campagna elettorale.

A Caldoro va il grande merito di non essere caduto nella trappola tesagli da De Luca. Avrebbe potuto replicare con argomentazioni fatte della stessa pasta. Il suo carattere flemmatico e riflessivo l’ha aiutato non poco nell’evitare risvolti rissosi ed improduttivi.

I gravissimi problemi della nostra regione impongono ora tra la maggioranza e l’opposizione uscite dalle urne un forte spirito di cooperazione e di avvertita corresponsabilità. E’ questo l’auspicio che viene spontaneo da formulare.

LA CAMPANIA DAVVERO HA BISOGNO DI CAMBIARE DEFINITIVAMENTE PAGINA

27 marzo 2010

 

 

Salerno, 27 Marzo 2010

 

Ambrogio IETTO

VIGILIA ELETTORALE DELUDENTE

 

 

Ancora due giorni e sapremo come è andata a finire la vicenda elettorale in Campania. Non è che non interessi l’esito delle altre dodici regioni ove domani e dopodomani si voterà. Di certo la lettura del dato nazionale consentirà di avere un quadro generale della situazione del Paese, di verificare in quale  misura la crisi economica, la quotidiana fioritura di piccoli e grandi scandali, il linguaggio gridato di leader politici nazionali e locali abbiano influito a far eventualmente crescere  l’indice di astensione dal voto o a dirottare i suffragi, oltre ogni più rosea previsione, da uno schieramento politico all’altro.

L’interesse primario, però, resta orientato verso il governo regionale. La Campania non è solo la regione capofila del Mezzogiorno d’Italia. Essa presenta una situazione complessiva per niente incoraggiante. Quaranta anni di autonomia regionale non sono stati sufficienti per dare al nostro territorio, alla sua economia e alla sua gente una ben distinta identità: la sindrome dell’emergenza ha contraddistinto di continuo le scelte compiute che il più delle volte hanno peccato di una ben mirata progettualità, sono state segnate dal virus della convenienza personale o di gruppo, dal marchio dell’improvvisazione e del malaffare.

Fiumi di risorse finanziarie generosamente dirottati dalle sorgenti padane si sono impantanati dentro le acque stagnanti dell’affarismo di comodo. La malavita organizzata, lucida nella progettazione e nella gestione delle opere di bonifica, è riuscita così a manifestare le proprie straordinarie capacità imprenditoriali. Un territorio benedetto da Dio con squarci di paesaggio mozzafiato, con un patrimonio naturale variegato e ricco di risorse, con un contesto archeologico dimostrativo della presenza di civiltà risalenti ad almeno 2000 anni prima della venuta di Cristo, con un complesso di beni culturali, artistici ed ambientali unici al mondo, con distese pianeggianti e collinari fertili e generose, con 360 chilometri di costa, incuneata entro accoglienti golfi e splendide insenature, è stato notevolmente depotenziato.

Di conseguenza si sono registrati un elevato tasso di disoccupazione di prevalente natura giovanile ed intellettuale, un flusso migratorio per il nord del Paese e verso l’estero delle migliori risorse umane, un sensibile calo della produttività, un contenimento del prodotto interno lordo, un’oggettiva contrazione della popolazione residente, un abbassamento della qualità degli studi registrata dalle rilevazioni dell’Ocse, un’insufficiente e mediocre erogazione dei servizi  alla persona, una sempre più raffinata penetrazione della malavita organizzata nell’economia pubblica e privata.

La campagna elettorale propedeutica alla consultazione di domani e di lunedì si è limitata più o meno ad elencare questi problemi, evitando di affrontarli organicamente nei rispettivi programmi e, quindi, di avanzare ipotetiche soluzioni agli stessi anche, e soprattutto, in previsione della futura emanazione degli atti applicativi del federalismo fiscale.

Una vigilia, dunque, del tutto deludente scossa di tanto in tanto soltanto da gratuiti e volgari apprezzamenti nei confronti delle parti e delle persone avverse. Anche in sede locale ogni personaggio politicamente già affermato si è adoperato per tirare la volata al proprio delfino.

La novità introdotta dallo statuto della Campania sulla doppia preferenza da poter assegnare a due candidati di sesso diverso ha favorito l’entrata in gara di un numero più consistente di donne, dando vita  a non pochi accoppiamenti uomo – donna che nel corso della campagna elettorale si sono trasformati in separazioni non consensuali e, successivamente, in veri e propri divorzi.

Salerno è stata spesso al centro del dibattito grazie alla partecipazione diretta alla competizione per il governatorato del sindaco del capoluogo.

Lunedì notte sapremo chi sarà investito, dalla fiducia dell’elettorato, della responsabilità di cambiare rotta. Il termine più usurato nei pubblici discorsi, sulla stampa e sui manifesti è stato proprio quello della discontinuità. Infatti essuno dei candidati ha voluto rinunciare alla critica di un passato che non fa onore alla nostra rappresentanza politica e tutti hanno inneggiato al cambiamento. Amen.

ELEZIONI REGIONALI IN CAMPANIA. LA FALSA IRONIA DI PIAZZA PLEBISCITO

23 marzo 2010

 

Salerno, 23 Marzo 2010

 

Ambrogio IETTO

 

IL LINGUAGGIO PROPRIO DI DE LUCA

 

Tra sabato sera e domenica sono stato raggiunto da alcune telefonate provenienti da Napoli e dintorni. All’altro capo della cornetta si sono avvicendati altrettanti conoscenti o amici di consolidata tradizione partenopea che, o apparivano divertiti e appagati dal linguaggio utilizzato dal nostro sindaco e candidato a governatore della Campania nel corso del suo comizio tenuto a piazza Plebiscito, oppure esprimevano sorpresa mista a sdegno per la gravità e la discutibilità di alcune espressioni verbali proferite dallo stesso.

Quasi tutti gli interlocutori accompagnavano le loro simpatiche considerazioni con battute di questo tipo: ‘ Caspita, ma è questa la salernitanità ? Se è così siete proprio forti!‘ oppure ‘ Ma è vero che parla sempre in questo modo attraverso un’emittente locale ? E se è così voi tacitamente accettate i suoi discorsi e vi state zitti ? ‘.

Ovviamente ho cercato di reggere in modo divertito alle loro simpatiche provocazioni, rispondendo col garbo dovuto a quanto chiestomi  Nella sostanza  ho cercato di svolgere più o meno sinteticamente questo ragionamento:

a ) la salernitanità, intesa come espressione distintiva dell’identità antropologica degli abitanti la seconda città della Campania, di fatto non esiste nel senso che il continuo processo di immigrazione con porto di approdo Salerno, sviluppatosi in dimensioni consistenti a partire dai primissimi anni cinquanta, ha sostanzialmente attutito la cultura della comunità di origine. Lo dimostra il fatto che anche alcuni  sindaci  significativi, tra i quali Menna, De Luca e De Biase sono nati rispettivamente in terra irpina, lucana e partenopea come pure fuori delle mura della città nacquero uomini politici come Valitutti, Tesauro, Conte, Russo, D’Arezzo, Scarlato, Lettieri, Angrisani, Quaranta, Conte, Valiante Mario, Del Mese e tanti altri. La salernitanità, pertanto, è una categoria mentale strumentalmente inventata da De Luca per criticare Bassolino e il napolicentrismo a lui collegato;

b ) pertanto il tipo di comunicazione verbale scelto da De Luca non appartiene per niente a Salerno né al piccolo e suggestivo comune montano di Ruvo del Monte ove egli ebbe i natali. Né si può pensare che la scelta operata di rendere il suo linguaggio ruvido discenda dalla radice del paese natio;

c) De Luca parla in modo rude, brusco, sbrigativo con ricorrenti manifestazioni di aggressività perché quel modo di partecipare la sua elaborazione cognitiva risponde in parte al proprio patrimonio caratteriale e in parte all’azione pedagogica subita presso le scuole di partito frequentate alle Frattocchie e a via delle Botteghe Oscure. Egli andava formato ad essere capopopolo in grado di arringare le masse per occupare le terre nella Piana del Sele e per far bene  il sindacalista e il tribuno di professione.

Poi ha avuto modo di verificare in itinere che il tono usato, la struttura sintattica preferita, le battute offensive di tanto in tanto espresse gli davano maggiore sicurezza psicologica e producevano effetti positivi su una consistente parte della comunità amministrata, bisognevole di identificarsi con un sindaco determinato, decisionista e, se si vuole, anche sceriffo;

d) la ricaduta sostanzialmente positiva del suo modo di comunicare ha fatto sì che il popolo amministrato si divertisse anche ad essere definito cafone ed incivile sia pure con i comodi distinguo delle eccezioni strumentalmente espresse ;

e ) la scelta compiuta di identificare Caldoro  ‘pastoriello di Capodimonte, anzi no di San Gregorio Armeno ‘ o il presidente della provincia di Napoli Cesaro ‘ Gigino la polpetta ’, privo dei tratti biologici di uomo e ‘sterminatore di congiuntivi ‘ e cosi via è stata deliberatamente voluta anche su probabile suggerimento del suo consigliere esperto di comunicazione.

Infatti De Luca, ritenendo il popolo napoletano avvezzo al linguaggio del vecchio Salone Margherita, del Trianon  o degli occupanti la curva sud del San Paolo, di tanto in tanto ha considerato opportuno interrompere considerazioni di spiccato sapore politico e far distendere la platea di piazza Plebiscito con battute del tipo di quelle menzionate e riportate dagli organi di stampa.

Ha commesso, però, l’errore di definire quel suo linguaggio ironico. Egli, da attento studioso di filosofia, sa che secondo Socrate l’ironia è una forma di distaccato umorismo che non ha nulla a che vedere con l’offesa e che tende alla relativizzazione delle false sicurezze e alla prese di distanza da atteggiamenti intransigenti e dogmatici, mai assunti, in verità, dai personaggi destinatari delle battute.

Per Freud poi ‘ l’essenza dell’ironia consiste nell’affermare il contrario di ciò che intendiamo comunicare all’altro’. Dal senso delle espressioni proferite sembra, invece, che agli altri sia andata l’esatta percezione del pastorello, della polpetta e dell’incapacità del citato Cesaro di utilizzare correttamente il modo congiuntivo.

Eppure il nostro sindaco, che ha nel suo programma elettorale il primario obiettivo di cambiare tutto se va a presiedere la giunta regionale, avrebbe potuto spiegare alla folla accorsa a piazza Plebiscito le ragioni della discontinuità della sua azione amministrativa nei riguardi di quella svolta da Bassolino. Ma la coerenza con lo slogan stampato in centinaia di migliaia di copie lo avrebbe spinto a fare un comizio contro la parte politica di appartenenza.

Così ha preferito fare lo show con infelici battute, imitando in  modo per niente eccellente il personaggio a cui tende ad avvicinarsi, vale a dire il cavaliere Berlusconi, il quale, ad esempio, nel tessere le doti al suo ministro Carfagna, ha voluto sottolineare, facendo divertire il prossimo, che la stessa, oltre ad essere una bella donna, ha anche le palle.

Il che biologicamente non è possibile!

 

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