Archivio per gennaio, 2010

SALERNO 31 GENNAIO

31 gennaio 2010

Ambrogio Ietto

IN RICORDO DI SAN GIOVANNI BOSCO

 

Un ‘ grazie ‘ ai maestri

 

 

Questa mattina, presso il salone della Scuola ‘Vicinanza’, al centro della città capoluogo, si celebra l’annuale ‘ Festa del Maestro ‘ che l’Associazione Italiana Maestri Cattolici della provincia di Salerno organizza da oltre 25 anni al fine primario di richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica e delle istituzioni, comunque coinvolte nel processo formativo della persona, sulle difficoltà particolari cui va incontro, nella società complessa e differenziata del nostro tempo, la delicata funzione dell’insegnante di scuola dell’infanzia e primaria.

Non si discuterà dell’alternativa tra pluralità dei docenti e maestro unico né dei tagli apportati all’organico magistrale. Queste sono questioni che si ripropongono nelle assemblee di categoria o nei tanti convegni e dibattiti dedicati alla scuola e al sistema formativo in generale. Oggi, come ogni 31 di gennaio, giorno in cui la chiesa cattolica dedica a San Giovanni Bosco, fondatore della congregazione maschile di San Francesco di Sales e di quella femminile delle Figlie di Maria SS. Ausiliatrice, entrambe dedicate all’educazione della gioventù, ci si ritrova per salutare con gioia ma anche con commozione un numero consistente di insegnanti e di dirigenti, prevalentemente donne, che all’infanzia e alla fanciullezza hanno dedicato almeno 40 anni di lodevole servizio nelle scuole dello Stato.

Verranno dal profondo Cilento e dal Vallo di Diano per ritrovarsi con colleghi la cui attività didattica ed educativa si è espressa nei popolosi centri urbani del capoluogo, dell’agro sarnese – nocerino o della piana del Sele. A metterli insieme per rivedere mentalmente il film delle loro esperienze di lavoro, i volti sovrapposti e non sempre nitidi dei tanti bambini che hanno costituito la loro immensa comunità educativa e dei molti colleghi di lavoro coi quali si sono condivise le delusioni di un itinerario didattico non ben riuscito o le gioie dell’imprevedibile ripresa di un alunno dato per sconfitto, non sono le pubbliche istituzioni.

E’, invece, un’associazione professionale che, in fedele attuazione del principio di sussidiarietà e di solidarietà magistrale, considera questo momento di incontro e di diffusa, compartecipata commozione l’occasione per rivisitare tutti insieme la complessità della funzione istruttiva ed educativa del nostro tempo.

Alcuni decenni fa svolgere l’attività di maestro significava prendere consapevolezza di essere l’unico veicolo culturale per allievi non condizionati dai mezzi di comunicazione di massa e sostenuti da una famiglia salda, rispettosa del ruolo, impegnata, pur nella fragilità del proprio retroterra culturale, a sostenere la sua opera. Oggi la mediazione culturale va incontro a difficoltà notevoli prodotte da un variegato e numeroso assortimento  di linguaggi provenienti dai canali mediatici e da internet.

La famiglia, dal canto suo, se non frammentata con un’unica figura parentale di riferimento, vive comunque una condizione permanente di crisi che spesso esplode in tensioni, conflittualità, critiche anche severe nei riguardi dell’istituzione scolastica e, quindi, anche del maestro. La realizzazione di un clima positivo in classe e di un ambiente sereno, contraddistinto da operosa attività, da gioiosa conquista del sapere, da  relazioni umane significative, costituisce l’optimum da perseguire. E’ quanto mai significativo che nei giorni scorsi la Fondazione Italiafutura, presieduta da Luca Cordero di Montezemolo, abbia voluto dedicare una delle sue prime uscite ufficiali ai maestri d’Italia con un convegno specifico svoltosi nella vicina Bagnoli.

Un giovane pedagogista partenopeo Adolfo Scotto Di Luzio, autore di un bel libro dal titolo ‘Napoli dei molti tradimenti ‘, ha presentato un interessante rapporto in cui si sostiene come l’indebolimento della prospettiva nazionale unitaria abbia a che fare principalmente con l’attuale perifericità della funzione e del ruolo del maestro.

I maggiori quotidiani nazionali hanno dato particolare rilievo all’avvenimento. Un segno incoraggiante per le giovani generazioni degli insegnanti della scuola di base.

Un motivo in più per rendere orgogliosi i maestri festeggiati oggi per l’opera meritoria svolta a favore dei loro allievi e, soprattutto, della nazione italiana.

 

 

LA SCONCIA, REPELLENTE VICENDA DI CETARA

29 gennaio 2010

 

 

 

 

Ambrogio Ietto

UN FORTE PATTO SOCIALE A TUTELA DEI MINORI

 

 

La tristissima, squallida vicenda di Cetara, sulla quale questo giornale, prima ancora che il  ‘Garante della privacy ‘ riproponesse le norme vigenti in materia, aveva deciso sua sponte di non offrire elementi indirettamente indicativi dell’identità delle persone coinvolte, alimenta qualche considerazione che tende a ricordare  a ciascuno di noi di non rimuovere in tempi piuttosto brevi quanto accaduto e di avviare, al contrario, una severa riflessione in grado non solo di mettere in moto la personale coscienza ma anche di disporci a riflettere sulla consistenza della rete di protezione sociale deputata  a tutelare i minori.

Sotto esame viene a trovarsi, cosi, prima di tutto la famiglia, un’entità sociale che ormai va scomparendo non solo in dimensione quantitativa ma soprattutto come luogo di relazioni umane significative, come ambiente in cui, grazie all’amorevole, rasserenante ed equilibrata protezione dei genitori, risulti agevole per il bambino intraprendere il lungo itinerario formativo che gli consentirà di governare le proprie emozioni, di rafforzare il senso personale di fiducia e di autostima,  di costruire e delineare sempre meglio la propria identità e procedere con sufficiente sicurezza verso  la desiderata autonomia.

Va subito rilevato che è proprio dentro il vissuto familiare intimo e discreto che si consumano, in misura statisticamente ancora prevalente, fattacci come quello di Cetara. E’ oggettivamente acclarato che nei decenni e nei secoli passati vicende simili si riproponevano in  dimensione numerica ancora più sconvolgente: l’autoritarismo dell’uomo di casa, la sudditanza cieca ed acritica della donna, il diffuso analfabetismo strumentale, il livello piuttosto elevato di degrado sociale costituivano fattori incentivanti il generale, rigido clima di omertà. Ancora oggi, come la cronaca ci conferma, episodi simili riaffiorano piuttosto frequentemente  anche a causa dei citati fattori che si intrecciano, però, con ulteriori elementi propri del nostro tempo: il fecondo commercio fiorito intorno al mercato della pedofilia e della perversione sessuale fine a se stessa, il traffico informatico collegato ad immagini di bambini colti in situazioni di nudità o, peggio ancora, coinvolti in vergognose scene animate da adulti, una ricerca irrazionale e perversa del piacere da parte di squallidi soggetti.

Il contesto familiare di Cetara, apparentemente normale, nascondeva, almeno stando a quanto emerso al momento dalle indagini, una situazione inimmaginabile di dissoluzione e di decomposizione etica. Padre, fratello e madre protagonisti e complici di aberranti e perverse operazioni alle quali non indugiava a sentirsi coinvolto, in qualità non di comparsa, l’amico di famiglia.

Fa riflettere non poco l’onesta, sofferta dichiarazione del sindaco della cittadina: ‘ Tuttavia questa storia deve indurre tutti i cittadini cetaresi a fare una seria riflessione sulla condizione di comunità ’. Una comunità di poco più di duemila anime racchiusa in una striscia di collina dove molti sono parenti tra loro e non pochi risultano i matrimoni combinati tra consanguinei.

In un ambiente così compresso, fisicamente contiguo, contraddistinto, inevitabilmente, da una fitta rete di scambi comunicativi sia pure sommessi e laconici, sembra inverosimile che non si percepiscano talune stranezze comportamentali e insolite dinamiche relazionali che vanno avanti da anni.

La sconcia storia di cui  è risultata indifesa vittima la fanciulla è venuta fuori a scuola a seguito di una sua temporanea ed improvvisa perdita dei sensi. L’acume e la sensibilità di due insegnanti e l’immediata  partecipazione  dell’episodio,  apparso subito  atipico  ed  indecifrabile,  alla  dirigente

 

scolastica dell’epoca, consentiranno di avviare un delicato percorso di analisi, di approfondimento, di studio portato avanti con senso di responsabilità dalle diverse istituzioni competenti a gestire il caso.

L’istituzione scolastica, dunque, si ripropone ancora una volta, e più del tempo passato, come sede privilegiata di incontro, di umanizzazione e personalizzazione della relazione educativa tra docente e discente, di osservatorio privilegiato delle dinamiche comportamentali dell’alunno, di interscambio comunicativo spesso contraddistinto dai linguaggi non verbali, dall’umore dei singoli soggetti, dalla loro espressività facciale ed oculare, dalla postura assunta, dalla maggiore o minore aggressività del momento, dall’isolamento pensoso o dalla marcata indisponibilità a comunicare e ad interagire coi compagni di classe  o di gruppo.

Di grande delicatezza, ovviamente, il ruolo dei servizi sociali, del loro livello di professionalità, della ponderata, accorta  disponibilità ad analizzare e a valutare con straordinaria attenzione i singoli casi e i diversi soggetti che vengono coinvolti nelle varie operazioni riguardanti la tutela, prevalentemente di natura psicologica, del minore.

Questa sconcia, amara vicenda ripropone ancora una volta l’esigenza prioritaria di dar vita ad un forte, serio patto sociale a favore dell’indifesa categoria dei minori.

LETTERA APERTA AL MINISTRO DELL’ISTRUZIONE

25 gennaio 2010

IL MATRIMONIO DELL’ONOREVOLE MARIASTELLA GELMINI

 

 

Onorevole ministro,

 

desidero innanzitutto parteciparle gli auguri più vivi per l’avvenuto matrimonio. La stampa nazionale, nel pubblicare la notizia, ha sottolineato il carattere assolutamente privato della cerimonia che si è concretizzata addirittura poco dopo la mezzanotte al fine di evitare il molto probabile assalto dei paparazzi e dei curiosi dimoranti a Sirmione e dintorni.

Peccato che analoga discrezione ella non ha avvertito quando è stata costretta a partecipare ai cronisti e, quindi, all’opinione pubblica, di essere in attesa di un bimbo concepito alcuni mesi prima del programmato evento nuziale. Anzi ha voluto anche dare assicurazioni sui tempi piuttosto brevi che la vedranno lontana dalla Minerva di viale Trastevere. A quanto sembra è intenzione sua, infatti, non rispettare la legge che la obbliga ad astenersi dal lavoro nei due mesi precedenti la data presunta del parto e nei tre mesi successivi.

Evidentemente non considera l’impegno ministeriale un’attività che possa incidere sulla sua serenità di madre che deve assicurare al nascituro le necessarie cure e la desiderata protezione. E’ probabile, infatti, che provvederà a fare allestire in uno degli aridi stanzoni ministeriali una vera e propria nursery dotata di speciali strutture ed animata da capaci puericultrici. La stessa cosa, purtroppo, non possono fare le tante donne impegnate in attività extradomestiche le quali,  il più delle volte, vivono l’ipotesi della maternità con particolare sofferenza non potendo garantire al piccolo sufficienti condizioni di assistenza e di tutela. Senza poi far riferimento alle donne docenti catalogabili tra quelle di ruolo, la cui età media non consente più la procreazione, e le migliaia di precarie prive della stabilità del lavoro e, quindi, impossibilitate a fruire di tutti i benefici che le norme sulla maternità pur prevedono.

Chi le scrive non è preso dal dubbio che ella, in tanto ebbe a fare quella dichiarazione in quanto volesse imitare la sua  collega Rachida Dati, ex ministro della giustizia francese, presentatasi un anno fa al consiglio dei ministri appena dopo cinque giorni dalla nascita della piccola Fatimi – Zhora. La Dati, ora degradata al ruolo di europarlamentare per un probabile, incisivo intervento della signora Carla Bruni sul marito presidente Sarkozi, la fece veramente grossa, non rilevando il nome del partner col quale aveva concepito la piccola.

Lei, invece, non ha avuto difficoltà a dichiarare il suo amore per un rispettabile imprenditore bergamasco già sposato in precedenza e padre amatissimo di una ragazzina dodicenne. Da questo punto di vista è meritevole di pubblica ammirazione, avendo superato più o meno agevolmente le perplessità che il suo dichiarato cattolicesimo e la sua ferma difesa della presenza del crocifisso nelle aule scolastiche avevano generato.

L’esigenza di scriverle, onorevole ministro, scaturisce soltanto e semplicemente dal fatto che ella abbia deciso di coronare il suo sogno d’amore in  avanzato stato di gravidanza senza pensare alla probabile, negativa ricaduta che la sua scelta avrebbe potuto e potrebbe determinare sulle tante preadolescenti ed adolescenti che frequentano le scuole del nostro Paese delle quali lei è l’espressione più alta e, quindi, la referente istituzionale più significativa.

Lei sa molto meglio di me che il Censis ha rilevato recentemente che appena il 9% delle nostre ragazze tredicenni non hanno rapporti completi coi loro giovani partner. L’altro 91%, infatti, non considera l’integrità della vulva un valore da tutelare, correndo rischi frequenti di precoce ed indesiderato concepimento con le comprensibili conseguenze. La scuola anche su questo tema è chiamata in causa e non mancano coloro che l’accusano di essere incapace di dettare nel merito prescrizioni varie ed istruzioni per l’uso.

Ora, per carità, non sarà la sua decisione a far ridimensionare ulteriormente la già ristretta percentuale delle ragazzine indisponibili a praticare sesso completo. Essa, però, consente di rendere ancora più naturale l’eventuale evento della procreazione. E’ fuor di dubbio, infatti, che il riferimento alla giovane donna, prima responsabile del servizio educativo – scolastico del Paese e testimone diretta di un comportamento un tempo discutibile, sarà decisamente spontaneo ed inevitabile.

Risulta, pertanto, piuttosto normale chiederle: ‘ tenuto conto che il suo matrimonio ha avuto carattere molto intimo perché non ha pensato di formalizzarlo e di darne immediata notizia non appena si è resa conto di essere  incinta ? ‘. Lei, invece, ha ritenuto di comportarsi  così come fanno ormai migliaia di donne ed altrettante coppie, dimenticando che ricopre un ruolo istituzionale impegnato in un settore, quello dell’educativo – formativo, già di per sé cosparso da mille contraddizioni e bisognevole ancor di più di modelli significativi.

Forse l’aver bruciato così rapidamente le tappe che l’hanno portata ad occupare un ruolo, che fu di gente come De Sanctis, Gentile, Croce, Bottai e anche dei conterranei Giovanni Cuomo e Salvatore Valitutti, non le ha consentito di recuperare la necessaria ponderazione per assumere decisioni private, ma con inevitabile  ricaduta pubblica, che fossero espressione di un’elementare consapevolezza  pedagogica.

MANOVRE IN ATTO

6 gennaio 2010

 

 

 

Ambrogio Ietto

 

Salerno 6 Gennaio 2010

 

LA DISCESA IN CAMPO DEL SINDACO DE LUCA

 

Le considerazioni espresse, nell’editoriale di ieri, dal direttore de ‘ Il Nuovo Salernitano ‘ Gigi Casciello meritano, a proposito della fine dell’equivoco sull’ipotizzata candidatura del sindaco De Luca a presidente della Giunta regionale della Campania, un ulteriore approfondimento.

Va detto subito che, come spesso capita di verificare, esse vanno nel segno.

L’invito, che sarà ufficializzato nei prossimi giorni al sindaco di Salerno  a partecipare alla sceneggiata delle primarie, è funzionale, comunque, ad un disegno ben congegnato: nel caso egli dia una risposta affermativa sarà di certo battuto dall’orda bassoliniana che ha avuto modo piuttosto recentemente di scendere in campo a sostegno della candidatura al parlamento europeo del suo assessore ed uomo di fiducia Cozzolino. Se il riscontro, come è probabile, dovesse risultare negativo, De Luca di fatto dimostrerebbe ancora una volta di essere fuori dalle regole del partito e, quindi,  la scelta del candidato per l’area PD si orienterebbe verso una persona di esclusiva fiducia di Bassolino.

Questa situazione veniva già ipotizzata qualche mese  fa da non pochi commentatori ogniqualvolta arrivava in Campania e nella stessa Salerno questo o quel personaggio di grido del partito democratico a sostegno di Bersani o di Franceschini.

Si percepiva nettamente che il modello Salerno non potesse essere trasferibile tout court nella disputa elettorale per la regione. Il sindaco ha giocato tutte le carte coi maggiorenti del PD per fruire di una corsia privilegiata al fine di ricevere un’investitura che gli evitasse le forche caudine delle primarie.

Ovviamente l’operazione avrebbe dovuto presupporre la volontà unanime della dirigenza nazionale, un netto pronunciamento da parte della stessa e la conseguente intesa da patteggiare con Bassolino. A dimostrazione della buona volontà di essere pienamente ‘ dentro ‘ il sistema del partito, sul quale non ha mai espresso giudizi benevoli, De Luca non ha indugiato, a suo tempo, nel dare disposizioni ai suoi uomini più fedeli e in vista di impegnarsi in prima persona nella gara finalizzata alla costituzione degli organismi periferici e nazionali del PD.

Una designazione solenne, accompagnata da una certa libertà di manovra nella composizione delle liste, gli avrebbe consentito di ampliare la potenziale area del consenso, superando gli ordinari schematismi di partito. Ma a Bersani e al suo capo D’Alema, che pur avrebbero ricevuto l’assenso di Franceschini, è venuta meno la necessaria determinazione per prendere una simile decisione, vincolati come sono – secondo logiche interne – all’imprimatur dell’ancora potente Bassolino.

Ora, come acutamente osservava Casciello, al sindaco di Salerno resta soltanto da valutare l’ipotesi di una discesa in campo con liste di programma contraddistinte da marcato trasversalismo.

Questa scelta potrebbe rappresentare la vera novità della consultazione che alimenterebbe anche molta curiosità in ambito nazionale per la positiva immagine conquistata da De Luca oltre i confini regionali.

Si tratterebbe, comunque, di una bella provocazione che segnerebbe ancora di più lo stacco tra il carisma per quanto discutibile del personaggio e le figure piuttosto sbiadite dei consiglieri regionali uscenti, pronti oggi a fare la lagna sul continuo, cronico smottamento del territorio della costiera ma da sempre incapaci di fare squadra sulle questioni  riguardanti aspetti determinanti per lo sviluppo e la migliore qualità della vita di Salerno e provincia.

 

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