Archivio per giugno, 2012

L’INCHIESTA SUL PASTIFICIO AMATO E IL CROLLO DI UN IMPERO

29 giugno 2012

 

 

Salerno, 29 giugno 2012

Ambrogio IETTO

SOLTANTO TANTA AMAREZZA

 

Ieri 28 giugno, ore 12: come ogni giovedì arrivo all’ultimo minuto presso gli studi di Telecolore ove, da alcuni anni, sono ospite di Peppe Leone che conduce in diretta una trasmissione sui fatti e sugli eventi del giorno sui quali chiede, con garbo ed equilibrio, le personali opinioni all’ospite di turno.

L’apertura del giornalista è ad effetto: legge direttamente alcuni passaggi del comunicato ufficiale distribuito in conferenza stampa dalla Guardia di Finanza alla presenza del procuratore della Repubblica di Salerno Franco Roberti. Completata la lettura dei brani più significativi del testo, contenenti anche i nomi dei destinatari delle cinque ordinanze di custodia cautelare ai domiciliari, Leone si rivolge direttamente a me per le conseguenti, relative considerazioni.

Come i telespettatori in ascolto anch’io apprendevo in diretta, con innegabile turbamento,  fatti di indubbia gravità coinvolgenti anche persone da me conosciute. Il lungo mio riscontro, di certo poco compatibile col mezzo televisivo, nel salvaguardare il principio della innocenza fino alla conclusione dell’iter processuale e del dovuto rispetto che si deve agli indiziati, è stato permeato soprattutto di tanta amarezza.

Innanzitutto per lo storico marchio Amato col quale si sono identificate l’industria pastaia italiana e la stessa città di Salerno. Un lungo cammino, cominciato di fatto nel 1868 dagli imprenditori Rinaldo, rafforzato  nel 1958 con l’ingresso ufficiale della famiglia Amato, continuato con straordinarie  affermazioni  all’estero di un prodotto di primaria qualità, assurto  nel 1999 anche a sponsor ufficiale e a fornitore della nazionale italiana di calcio.

Una condizione avvertita di amarezza per  Giuseppe Amato, cavaliere del lavoro dal 1982, più volte presidente dell’Associazione degli Industriali della provincia di Salerno e della Giunta di Confindustria. In più la triste constatazione della fondatezza di un pensiero ripreso e sostenuto dalle generazioni di un tempo: ‘cento anni di fatiche e di rinunce per realizzare un’opera, pochissimi mesi per portarla alla rovina’.

Uno stato d’animo triste per il redattore di queste note anche per il coinvolgimento di Paolo Del Mese la cui carriera politica ha raggiunto in passato posizioni invidiate da tanti suoi avversari e, soprattutto, da non pochi suoi compagni di cordata incontrati nelle diverse aggregazioni partitiche frequentate.

Quest’ultima brutta vicenda viene ad aggiungersi ad altre da alcuni giorni al centro della cronaca giornalistica: il nuovo scandalo delle imprese concorrenti a 130  appalti assegnati  con sistema eterodiretto  a seguito di condivisa manipolazione presso l’amministrazione provinciale, la sconcertante  vicenda dei 154 avvisi di garanzia ad altrettanti indagati per truffa e falso facenti parte del Bacino Salerno 2 con a capo il consigliere regionale Dario Barbirotti all’epoca dei fatti contestati presidente dell’organismo consortile, infine il discusso tesseramento di ben 25.000 iscritti al PDL nella sola provincia di Salerno.

L’elenco deliberatamente si ferma ai casi menzionati che più emblematicamente evidenziano lo stato gravissimo di crisi che vive anche il nostro territorio in fatto di correlazioni e connessioni molto dubbie tra politica, istituzioni pubbliche, aziende minate dal virus del disfacimento ed affari più o meno sporchi. Queste vicende, nell’acuire ulteriormente il senso di avversità e di repulsione della gente semplice ed onesta nei riguardi di quanti ricoprono responsabilità dirette o indirette in organismi pubblici, rendono ancora più inaccettabili ed insopportabili le privazioni ed i troppi  sacrifici che la generale situazione critica dell’Italia e dell’Europa intera impone nell’attuale delicatissima fase della nostra storia nazionale.

La gioventù, decisamente l’anello più debole della popolazione, chiamata anche in sede di esami ad offrire le sue personali considerazioni in merito alla crisi in corso e al rapporto tra bene personale e bene comune, non può che individuare nel diffuso fenomeno della corruzione e nel dissennato spreco di risorse pubbliche e private la causa principale delle difficoltà in corso.

E dire che le giovani generazioni vengono sollecitate dalle ‘Indicazioni pedagogico – didattiche ‘ emanate dal ministero dell’istruzione a raccogliere e a metabolizzare i valori della legalità e della cittadinanza attiva. Coi tanti cattivi maestri che si vedono in giro è piuttosto difficile raggiungere simili risultati.

A VILLAMMARE, NEL GOLFO DI POLICASTRO, LA SESTA EDIZIONE DEL PREMIO LETTERARIO ” TORRE PETROSA”

26 giugno 2012

 

Salerno, 26 giugno 2012

Ambrogio IETTO

CILENTO E CULTURA

 

 

Per chi ha il privilegio di dare  alla creazione del mondo un’interpretazione condivisa dalla teologia cristiana non è difficile immaginare cosa si sia verificato il secondo  giorno di quella complessa e laboriosa operazione che diede vita al Creato. Secondo il libro della Genesi, il primo della Bibbia, Dio aveva già separato la luce dalle tenebre quando ordinò che vi fosse ‘ un firmamento in mezzo alle acque’ capace di tenere ‘separate le acque dalle acque’. Così ‘ chiamò il firmamento cielo’ e, procedendo, dispose che le acque sotto il cielo si accumulassero in una sola massa asciutta  cui diede il nome di ‘ terra ‘, riservando alla massa delle acque ‘ il nome di mari’.

Prima di esprimere piena soddisfazione all’opera compiuta il Padreterno rivolse un occhio particolare alla massa asciutta che, come uno stivale, sembrava che apparisse appesa ad una massa terrestre tanto più alta e rocciosa. Nell’allungare lo sguardo verso la parte terminale dell’ipotetica, immaginaria calzatura non riuscì a trattenere un’espressione di immediato autocompiacimento: quegli oltre 200 chilometri di declivio a contatto diretto col mare costituivano davvero un’opera d’arte che solo un Dio sarebbe stato in grado di realizzare in un tempo così contenuto.

Le note di dettaglio vennero fuori nei quattro giorni seguenti: alberi e piante, sole e luna, pesci ed uccelli ed uomo ed animali. I discendenti del primo uomo, che si insediarono nel corso dei millenni lungo le località che vanno dall’ odierna Positano all’amena  Sapri, maturarono, in buona parte, piena consapevolezza del grande, speciale dono ricevuto e furono sufficientemente  attenti nel conservarlo nel migliore dei modi possibili tanto è vero che quando, dopo millenni e millenni, i loro successori, complicandosi sempre di più quello che sarebbe stato chiamato l’ecosistema, decisero di valutare, con strumenti sofisticati, la pulizia delle acque, l’assenza di scarichi industriali e fognari nei pressi delle spiagge, la pulizia delle stesse, le iniziative e i servizi dedicati al rispetto dell’ambiente ed altri fattori, stabilirono che ben 10 delle 13 località della Campania degne di ricevere un premio speciale, chiamato Bandiera Blu,  andavano inserite, più o meno, all’interno di quell’angolo di paradiso terrestre che prese il nome di Cilento.

Tutti questi centri marini, come le tante suggestive località dell’entroterra, fino ad arrivare al contiguo Vallo di Diano, fanno del loro meglio per valorizzare i rispettivi territori con molteplici iniziative di dignitoso rilievo culturale favoriti da insediamenti archeologici ed artistici che coprono almeno 2600/2700 anni di storia e di civiltà.

Si muove dall’assunto che la vacanza, vissuta in contesti ambientali salubri, a contatto con una natura davvero ammaliatrice, possa e debba caratterizzarsi anche come straordinaria opportunità per alimentare processi riflessivi funzionali a dare significato alla stessa esistenza.

Essa, infatti, se vissuta soltanto all’insegna del piacere fine a se stesso, può generare anche lassismo, disimpegno della mente, noia.

Massimo Marcheggiani, sindaco di Vibonati da sei anni, coi suoi consiglieri, consapevole di amministrare una comunità insediata nel suggestivo borgo medioevale del capoluogo, che col nome di Bonati fu, fino al 1811, unitamente a Salerno e a Sala Consilina, uno dei tre distretti amministrativi del Principato Citra,  e nell’incantevole borgo marinaro di Villammare, una delle 10 Bandiere Blu del Cilento, ha dato vita al premio letterario ‘ Torre Petrosa’ la cui indovinata formula ha consentito di guadagnare, nel corso delle cinque edizioni svoltesi dal 2007 al 2011, una particolare fama nel comparto specifico della narrativa.

Quale la particolare procedura seguita che consente dalla prossima, sesta edizione del 2012 di avere addirittura un respiro nazionale ? Semplice a descriversi: con regolare bando vengono invitate a partecipare  le case editrici d’Italia che pubblicano testi di narrativa scritti nel corso dell’ultimo anno da autori non accettati dai pochi gruppi egemonici dell’editoria nazionale.

Una commissione tecnica, coordinata dallo scrivente, e composta da Vincenzo Abramo, Antonietta Cantillo, Barbara D’Alto, Lorenzo Latella e Raffaella Luciano, seleziona le tre opere giudicate migliori secondo parametri predefiniti.

Il 3 agosto, in piazza Maria Santissima di Policastro, le stesse vengono distribuite, in 50 esemplari ad altrettanti cittadini, residenti o villeggianti in Villammare e negli altri centri del golfo di Policastro, che si rendono disponibili ad essere componenti della giuria popolare.

Nel corso delle successive due settimane i lettori – giurati leggono i libri selezionati e si confrontano la sera del 18 agosto in un pubblico libroforum con scambio di osservazioni critiche sulla qualità letteraria dei tre lavori. La sera successiva, vale a dire domenica 19 agosto, essi, con voto segreto, esprimono prima di tutto la loro preferenza.

Chiusa l’urna vengono presentati i tre autori selezionati per dar vita ad un interscambio di domande – risposte  animate  da componenti della commissione tecnica e da membri della giuria popolare. Coi ricorrenti intermezzi musicali di un cantautore si arriva alla mezzanotte, quando si provvede allo spoglio delle schede  e alla conseguente proclamazione del vincitore.

La giuria tecnico – scientifica è già al lavoro per la difficile opera di selezione tra i molti libri pervenuti. Due sono i sicuri risultati ottenuti: ben 50 persone di sesso, età e stato sociale  diversi leggono e valutano le tre opere in gara mentre i vacanzieri e i residenti, assistendo da semplici osservatori alla manifestazione, articolata nelle tre richiamate serate, si rendono conto che c’è un modo particolare e semplice per ‘ammazzare il tempo ‘, espressione questa recuperata dal ben noto saggio di Montale.

La lettura, infatti, da sola non basta ma è di certo la via maestra  per essere liberi.

E’ GIUSTO E QUALITATIVAMENTE APPREZZABILE TENERE IN PIEDI L’ATTUALE CARROZZONE DEGLI ESAMI DI MATURITA’ ?

19 giugno 2012

 

Salerno, 19 giugno 2012

Ambrogio IETTO

QUALI ESAMI DI MATURITA’ ?

 

Domattina prendono avvio gli esami di maturità per migliaia di nostri ragazzi. E’ piuttosto naturale che essi vivano una vigilia contraddistinta da forte tensione emotiva e dal contestuale calcolo delle probabilità centrato, in particolare per la prova scritta di italiano, su questo o su quel protagonista della letteratura oppure sul problema di attualità colto nella sua maggiore o minore forza attrattiva e considerato, quindi, di particolare presa sui diciottenni di oggi.

Che i giovani partecipino emotivamente a questa esperienza è un bene. Sia pure solo per questo motivo li fa rassomigliare ai loro genitori e nonni e a quanti hanno dovuto  affrontare in precedenza questo ostacolo. Ovviamente i tempi sono cambiati ed oggi la vigilia delle prove scritte ( tema di italiano e di pedagogia, prova di matematica, versioni di latino, di greco e di lingua straniera ) è trascorsa prevalentemente navigando in internet o chattando lungo la fitta e folta rete di facebook e di twitter alla ricerca di informazioni che anticipino il testo da affrontare e risolvere.

Gli addetti ai lavori, a differenza dei ragazzi e delle loro famiglie direttamente interessate, si interrogano sull’opportunità o meno di tenere ancora in piedi questa giostra che vede migliaia di docenti e di dirigenti scolastici  spostarsi da un capo all’altro del territorio della propria provincia o della regione  a svolgere le funzioni di giudici esterni presso un’altra istituzione scolastica perché, almeno in teoria, garanti del rispetto delle procedure fissate dal legislatore e integrate con le più recenti disposizioni ministeriali.

Alla ricerca di un contatto diretto o indiretto con questo popolo di migranti si pongono altrettanti genitori, parenti ed amici di famiglia degli studenti candidati, interessati a chiedere comprensione, benevolenza e, se possibile, l’auspicato aiutino. Per ogni allievo, da parte dei rispettivi congiunti, vengono trovate le espressioni ritenute più giuste per esprimere una particolare condizione di disagio o di disadattamento vissuta dall’interessato: la frammentazione del proprio nucleo familiare a seguito di separazione o di divorzio dei genitori, il corso di studi frequentato all’insegna del continuo avvicendamento di insegnanti, un clima scolastico complessivamente contraddistinto  da lassismo e dalla scarsa autorevolezza dei suoi operatori, l’ambiente della classe di fatto condizionato da compagni demotivati e prevaricatori, il programma raffazzonato alla meglio dai docenti delle discipline oggetto delle prove d’esame.

E’ piuttosto raro che si evidenzino lo scarso impegno del candidato, la carenza di motivazione allo studio, una sua visione della vita centrata prevalentemente sul consumismo e sull’edonismo imperanti. Da questo possibile intreccio di critiche al sistema scuola e alla  nostra società, definita dagli stessi cointeressati sempre più liquida e priva di richiami valoriali, fioriscono quasi sempre esiti apparentemente incoraggianti con percentuali elevatissime di maturi e con un numero di valutazioni finali, arroccate su punti 100 su 100, che da anni consentono agli studenti meridionali primatisti di battere, in percentuale, gli omologhi colleghi del Nord. 

Poi, però, arrivano i risultati delle prove Invalsi e delle rilevazioni dell’OCSE – PISA che relegano i ragazzi del Mezzogiorno ad una soglia decisamente inferiore alla media nazionale e a quella  internazionale.

Allora viene da chiedersi: quale valore può essere attribuito a questi esami di maturità ? Allo stato attuale essi costituiscono per i maturi degli istituti tecnici e professionali un indicatore potenzialmente importante per l’azienda che ricerca un profilo di professione intermedia orientato verso un indirizzo specialistico di studi  contraddistinto da ben definite competenze. Se il voto conseguito alla maturità è eccellente e risulta acquisito presso un’istituzione scolastica considerata seria e qualificata l’impresa interessata all’assunzione valuterà con particolare attenzione il potenziale cognitivo e creativo  del giovane.

Per i molti che continuano gli studi universitari la valutazione ottenuta agli esami di maturità, invece, non inciderà più di tanto sul percorso formativo successivo. Ritornano, quindi, ad essere determinanti la qualità degli studi compiuti e, soprattutto, il grado di abilità raggiunto nel padroneggiare le competenze proprie dell’indirizzo intrapreso.

L’attuale ministro dell’istruzione Profumo ha avuto la bella idea di lanciare un sondaggio ‘ popolare’ sulla  vexata quaestio del valore legale del titolo di studio. Già il grande Luigi Einaudi ne invocava l’abolizione, posizione condivisa dal nostro Salvatore Valitutti, uno dei suoi più fedeli seguaci.

In sé la proposta presenta una sua fondatezza in quanto consente di accertare  l’effettivo  retroterra culturale e il vero patrimonio di competenze acquisito dal giovane, superando il limite e la discutibilità di una valutazione soggettiva, comunque opinabile.

Rimangono, però, due ostacoli: la libera circolazione del lavoro in ambito europeo che prevede precisi requisiti da documentare con un atto ufficiale che certifichi cosa è in grado di fare l’aspirante all’attività lavorativa e l’articolo 34 della nostra Carta Costituzionale che prescrive ‘ un esame di Stato per l’ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi’.

Questi sono discorsi complessi che ritornato di moda ad ogni scadenza importante del calendario scolastico. Per il momento è giusto augurare ai tanti giovani impegnati da domani nelle impegnative prove d’esame il classico ‘ in bocca al lupo! ‘.

MOTIVI POLITICI E/O PERSONALI CONTRO PASQUINO DA PARTE DI CALDORO ? PERCHE’ GLI ASSESSORI ROMANO, MIRAGLIA E TROMBETTI TACCIONO ?

16 giugno 2012

 

Salerno, 16 giugno 2012

Ambrogio IETTO

LA QUERELLE PASQUINO – CALDORO

 

La stampa, nel salutare la prima storica seduta di laurea dei quindici studenti  dell’Università degli Studi di Salerno che saranno proclamati dottori in Medicina e Chirurgia il prossimo 16 luglio, ha anche pubblicizzato  l’annuncio dato dal rettore Pasquino sui due procedimenti attivati, il primo  sotto forma di diffida contro la regione e il Consiglio dei Ministri, relativamente alla mancata trasformazione dell’Azienda Ospedaliera “San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona “ in “ Azienda Ospedaliera integrata con l’Università San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona “ e come  formale ricorso al Tar, il secondo, contro la nomina del nuovo direttore generale dell’azienda ospedaliera, Elvira Lenzi, considerata illegittima.

L’odierna  riflessione è redatta nel tentativo di offrire ai lettori qualche elemento chiarificatore che faciliti la comprensione di questa querelle tra l’Università degli Studi di Salerno, nella persona del suo rettore Raimondo Pasquino, la regione, rappresentata dal suo presidente di giunta Stefano Caldoro, e il Consiglio dei ministri nella persona del presidente Monti e dei ministri dell’istruzione e dell’Università, della Sanità e degli Affari Regionali.

Come si sa la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Salerno fu istituita con decreto n. 474 del 27 ottobre  2005 del ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Letizia Moratti. Pochi giorni prima, esattamente il 15 ottobre dello stesso anno, la Giunta Regionale della Campania, presieduta all’epoca da Antonio Bassolino, aveva individuato l’Azienda Ospedaliera “ San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona” tra le ‘ strutture territorialmente competenti a mettere a disposizione dell’Università di Salerno i posti letto assegnati con la delibera di giunta n. 3850/2003’.

I suddetti provvedimenti sono fonti essenziali di riferimento per comprendere il rapporto sancito istituzionalmente tra l’Università e l’Azienda Ospedaliera salernitana. In epoca successiva, esattamente il 31 dicembre 2008, la Giunta regionale  deliberò, col provvedimento n.2103, di “ modificare sin da ora la denominazione dell’A.O.R.N. ‘ San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona’ in ‘ Azienda Ospedaliera integrata con l’Università San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona, in ogni caso richiamando la necessità di perfezionare il procedimento di costituzione della nuova azienda ospedaliera integrata con l’università ai sensi del decreto legislativo n. 517 del 21 dicembre 1999 “.

Il primo motivo del contendere, dunque, sembra centrato sulla procedura di perfezionamento, da attivare ai sensi dell’articolo 8 del citato decreto n. 517,  di un atto già deliberato dalla Giunta regionale. Questo itinerario procedurale, da concludersi con un decreto del Consiglio dei ministri,  doveva essere avviato dalla regione dopo l’avvenuta sottoscrizione di uno specifico ‘ protocollo di intesa’ tra l’Azienda Ospedaliera, il Comune e la Provincia di Salerno, la Regione Campania e l’Università degli Studi di Salerno.

La domanda che viene da porsi, ovviamente, riguarda i possibili motivi che sono a fondamento della scelta  della giunta Caldoro di non dare avvio alla procedura di perfezionamento del richiesto, formale decreto. A questo punto si entra nel possibile labirinto di complesse dinamiche che, verosimilmente, fanno intrecciare  ragioni politiche con motivi personali.

Nella giunta Caldoro, che personalmente gestisce anche l’assessorato alla Sanità, sono presenti ben tre docenti universitari: Caterina Miraglia, docente di diritto privato a Salerno, assessore alla pubblica istruzione,  considerata da sempre persona di fiducia del rettore Pasquino, Guido Trombetti, noto matematico, già rettore dell’Università Federico II di Napoli e già presidente del Crui ( Conferenza dei Rettori delle Università Italiane ), oggi assessore regionale all’Università e alla Ricerca Scientifica, almeno formalmente amico ed estimatore del rettore Pasquino, e Sergio Vetrella, assessore ai trasporti, docente di impianti aerospaziali sempre presso la Federico II, non molto tenero, almeno tenendo conto di alcune sue dichiarazioni date alla stampa, nei riguardi dello stesso Pasquino che, va ricordato, è stato uno dei candidati a sindaco di Napoli per conto dell’UDC di Casini e che, al momento, presiede il consiglio comunale del capoluogo di regione con l’assenso determinante del gruppo maggioritario capitanato dal sindaco de Magistris.

Prima domanda: “ Nella posizione rigida assunta da Caldoro, confermata anche dalla recente nomina del nuovo manager del ‘Ruggi D’Aragona’, c’ è un atteggiamento pregiudizialmente negativo nei riguardi del politico Pasquino anche in relazione ad un’ipotetica candidatura dello stesso rettore alle prossime elezioni politiche? “.

Meraviglia che gli assessori Miraglia, Trombetti, il salernitano Giovanni Romano, tra l’altro sindaco di Mercato San Severino, cittadina confinante col Campus universitario di Fisciano e sede di struttura ospedaliera, non riescano ad incidere significativamente sul governatore Caldoro.

Seconda domanda: “C’è qualche altro corvo che opera all’interno dell’organo deliberante a difesa di un’arcaica posizione di antisalernitanità? “.

La seconda questione, oggetto di specifico ricorso al Tar, fa riferimento alla nomina del nuovo direttore generale del ‘ Ruggi D’Aragona ‘ nella persona della signora Elvira Lenzi. Pasquino rivendicherebbe l’illegittimità della nomina.

Credo che il rettore anche in questa vicenda abbia più che fondati  motivi da sostenere a fondamento di questa tesi: l’art. 4 del più volte citato decreto legislativo n. 517/1999 recita testualmente che ‘ il direttore generale è nominato dalla regione, acquisita l’intesa con il rettore dell’università ‘. Da quanto è possibile dedurre Caldoro  ha fatto anche qui di esclusiva testa sua, eludendo un principio che, nella procedura di nomina, coinvolge in modo esplicito il rappresentante istituzionale dell’ateneo.

Il tentativo compiuto di dare un contributo alla chiarificazione di questo assurdo contrasto tra due istituzioni forse risulta utile per comprendere ancora una volta come ragioni piuttosto meschine, legate alla storia degli uomini, finiscano col mortificare l’auspicato bene comune.

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