PER NON DIMENTICARE: LO SBARCO DELLE TRUPPE ANGLO – AMERICANE A SALERNO

 

Salerno, 11 Settembre 2012

Ambrogio IETTO

Quel settembre 1943

 

La scuola di un tempo, molto opportunamente, cercava di allenare e di educare la memoria, offrendoci l’opportunità di fermare in mente versi di straordinaria liricità. Così fu esercizio agevole scoprire Gabriele D’Annunzio col suo “ Settembre, andiamo. E’ tempo di migrare. Ora in terra d’Abruzzi i miei pastori lascian gli stazzi e vanno verso il mare “.

Più tardi, nel corso dei primi amori giovanili, ci pensò un bravo cantante nostrano, Peppino Gagliardi, a farci memorizzare “ Settembre poi verrà ma senza sole e forse un altro amore nascerà”.

Settembre di fatto è il mese in cui, dopo il torpore dell’estate, si alimenta nell’animo dei grandi e dei piccoli il desiderio della ripresa, la voglia di ricominciare, la speranza di riprendere il cammino al fine di raggiungere traguardi da tempo agognati ma finora non raggiunti.

Anche i bambini che hanno compiuto i sei anni d’età o li compiranno entro il 30 aprile dell’anno prossimo ormai sanno che settembre è il mese in cui si recheranno, secondo gli adulti, alla vera scuola, quella che insegna a leggere e a scrivere. Un tempo essi venivano chiamati remigini perché davano avvio alla loro esperienza scolastica il primo di ottobre, giorno in cui ricorre la festività di San Remigio.

Da un po’ di anni settembre, oltre a richiamare i tragici eventi del giorno undici col crollo delle torri gemelle a New York, riaccende  la riflessione anche tra noi sullo sbarco di Salerno da parte della quinta armata del generale Mark Clark e sulle possibili iniziative da assumere per dare all’evento, che costò la vita a migliaia di militari anglo – americani e tedeschi e di italiani, in particolare comuni cittadini, una funzione rigeneratrice di amicizia tra i popoli e di pace solidale tra le genti.

A settembre del 2013 si conteranno settanta anni da quelle giornate che furono di lutti e di rovine. E’ auspicabile che le istituzioni territorialmente interessate ( i comuni di Capaccio, Eboli, Battipaglia, Bellizzi, Pontecagnano e Salerno, l’Amministrazione provinciale di Salerno e la regione Campania ) diano vita da subito ad un gruppo di lavoro che coordini le iniziative da attivare e, soprattutto, concentri in un solo sito un museo espositivo permanente di quanto di significativo possa ricordare  quelle tragiche giornate che vanno dall’otto al 20 settembre 1943, giorno in cui, alle nove di sera, radio Londra annunciò: “ la ritirata nemica nella zona di Salerno si sta accelerando. Siamo ora in possesso di tutte le alture sul braccio meridionale della baia di Napoli”.

In verità un luogo della memoria non dovrebbe solo contenere le belle immagini recuperate dal bravo Angelo Pesce in più di un museo inglese e nelle diverse visite di studio e di ricerca da lui compiute negli Stati Uniti ma anche documenti e materiale riguardanti i primissimi mesi successivi al settembre 1943 durante i quali si concretizzarono esperienze di vita e di integrazione tra militari di differenti identità nazionali e le nostre popolazioni.

Chi scrive, che già su un omologo quotidiano  ( la testata era allora denominata  ‘ Cronache del Mezzogiorno’) pubblicò dal 31 agosto al 6 settembre 2003, in occasione del sessantesimo anniversario, una serie di contributi sull’evento, ebbe modo di partecipare percezioni visive, impressioni e condizioni d’animo di un bambino di sette anni e mezzo incamerate nel corso di quei giorni.

La psicologia dell’età evolutiva riconosce a questa fase di crescita, comunemente detta delle operazioni concrete, la stabilizzazione del comportamento emozionale. Persistono di questa età le grandi strutture emozionali:  le paure, le tristezze, le collere, le gioie, i desideri non soddisfatti,  le mancanze gravi, l’oscurità persistente, i bagliori intermittenti, l’ululato delle sirene.

Questi ed altri sono tutti stati emotivi che rimangono costanti anche nell’età adulta.  Così eventi tristemente significativi della guerra e dello sbarco si ripropongono in mente con una nitidezza sconcertante: l’atteso e puntuale arrivo  di “ Ciccillo ‘o ferroviere”, l’aereo britannico impegnato nella ricognizione notturna, il duro bombardamento del 21 giugno a Battipaglia, l’asfalto della nazionale 18 bagnato di sangue per il trasporto delle centinaia di feriti ai ‘ Riuniti ‘ di via Vernieri, la mancanza di papà richiamato al servizio militare, l’allontanamento a carponi con mamma, il compianto fratello e le tre sorelline lungo il campo di grano ancora non mietuto, la prima migrazione a seguito dello sfollamento da Bellizzi sul carretto dell’indimenticato Gennarino Cerra, gli abbracci e gli evviva tra adulti e bambini, in quel di San Martino, all’ascolto della notizia dell’armistizio siglato a Cassibile,  i bombardamenti a tappeto da parte dei tedeschi, la marcia notturna di una famiglia disperata lungo un uliveto verso Occiano di Montecorvino Rovella, il pianto e l’invocazione alla Madonna di una mamma, l’accoglienza fraterna e generosa della famiglia Meloro, i corpi dilaniati di poveri soldati, il lenzuolo donato da Carlo, il prigioniero tedesco, per consentire a chi scrive di potersi accostare alla prima comunione quel 15 agosto del 1944.

Ora, e son passati quasi settant’anni, capita spesso di transitare lungo la nazionale 18 all’altezza del cimitero militare inglese di Bivio Pratole. Come non pensare a quei ragazzi britannici del quinto battaglione ‘ Hampshire ‘, lì seppelliti, che ‘caddero morti e feriti nella stretta strada ‘ coi  ‘ carri nemici che continuavano ad avanzare spietatamente, schiacciando sotto i loro cingoli di acciaio i vivi e i morti ‘ ? ( Hugh Pond, maggiore dell’esercito inglese e giornalista, in “ Salerno! Il giorno più lungo in Italia: operazione Valanga, valanga di errori e di morti”, Longanesi & C, lire 350 ).

 

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