Archivio per dicembre, 2012

FINALMENTE IN DIRITTURA D’ARRIVO LA TRASFORMAZIONE DELL’AZIENDA OSPEDALIERA DEL ‘ RUGGI ‘ IN AZIENDA UNIVERSITARIA OSPEDALIERA

20 dicembre 2012

UN ‘GRAZIE’ A PASQUINO, IANNUZZI

E AGLI STUDENTI

Tra le brutte notizie che si leggono sui nostri quotidiani, relativamente ai meccanismi di designazione dei futuri candidati al parlamento, caratterizzati in entrambi gli schieramenti dall’egemonia di De Luca per il partito democratico e di Cirielli per la differenziata aggregazione di centrodestra, se ne rileva una particolarmente positiva per l’intera comunità salernitana e le popolazioni delle aree territoriali contigue alla nostra provincia: l’incontro programmato a Roma, finalizzato alla stesura del protocollo d’intesa funzionale alla stesura e alla sottoscrizione del decreto interministeriale che sancirà il passaggio del ‘Ruggi’ da Azienda ospedaliera ad Azienda ospedaliera universitaria, ha dato risultati di piena, unanime convergenza tra le parti in causa a licenziare il provvedimento governativo entro la prima decade di febbraio.

E’ motivo di orgoglio anche per chi scrive, che in quel fatidico 27 ottobre 2005 ebbe l’onore di accompagnare, nella qualità di assessore municipale pro-tempore all’Università, il sindaco Mario De Biase a sottoscrivere l’impegno di sostegno e di spesa del Comune di Salerno per l’istituzione della Facoltà di Medicina e Chirurgia, salutare l’esito favorevole di una querelle che, tra rigide posizioni strumentali, polemiche improduttive, interessi corporativi e pronunciamenti della giurisdizione amministrativa, stava compromettendo anni di difficile tessitura di un progetto che, richiamando anche in atti pubblici il decreto assunto da Gioacchino Murat in data 19 novembre 1811, nella qualità di re di Napoli, col quale si disponeva la chiusura della Facoltà di Medicina e Chirurgia denominata ‘ Scuola Medica Salernitana ‘, tendeva a ridare al nostro Ateneo quanto sottratto dagli eventi non sempre favorevoli della storia.

Sembra, pertanto, doveroso sottolineare il merito acquisito da alcuni protagonisti della tormentata vicenda politico – amministrativa.

In primo luogo vanno riconosciute al rettore Raimondo Pasquino competenza, determinazione integrata con paziente disponibilità al ripristino  di rapporti interistituzionali per niente facili, straordinaria passione nel tutelare gli interessi dell’ateneo di cui è rappresentante legale.

L’incontro di mercoledì a Roma ha rappresentato anche l’occasione per ricevere, al di là della questione in discussione, l’apprezzamento dei ministri dell’Università Francesco Profumo e del collega della sanità Renato Balduzzi per la gestione virtuosa dell’ateneo salernitano.

Pasquino, calabrese trapiantato a Napoli con precedenti incarichi elettivi in politica, compresa l’attuale presidenza del Consiglio comunale del capoluogo partenopeo, non ha mai indugiato nell’assumere posizioni intransigenti anche nei riguardi di corporazioni scientifiche e politiche ivi operanti. Il nostro Campus universitario, dotato di servizi per gli studenti e per i dipendenti di rilevanza internazionale, deve la sua fioritura anche e, soprattutto, per la  qualità dell’offerta formativa,  a chi  da undici anni ha rappresentato molto degnamente l’istituzione accademica ai vari livelli e con una pluralità di istituzioni locali, nazionali ed internazionali.

Un plauso meritato all’onorevole Iannuzzi che, svolgendo appieno le funzioni che un parlamentare nazionale è tenuto a portare avanti e a sostenere,  ha seguito, fin dalla fase antecedente l’istituzione della Facoltà, le sue vicende grazie ad un lavoro certosino di contatti umani, di decine di interpellanze ed interrogazioni, di diligente superamento dei troppi ostacoli che si sono frapposti lungo l’itinerario propedeutico all’istituzione e durante la successiva, tormentata gestione.

Una nota di doveroso encomio alla componente studentesca direttamente interessata che, percependo con lucida intuizione, la complessità del problema, acuitasi a causa dell’incomunicabilità interistituzionale, ha manifestato la propria protesta sempre con correttezza, evitando i tentativi di strumentalizzazione ed accreditandosi anche presso il tavolo istituzionale quale interlocutore affidabile.

Non va sottaciuta, infine, l’opera delicata e silenziosa, così come è  nello stile consolidato della persona, del presidente dell’Ordine dei Medici di Salerno prof. Bruno Ravera che ha seguito con passione professionale e finezza politica l’intera vicenda.

In conclusione: un punto decisamente a favore della metodologia del confronto e del dialogo quando i diversi interlocutori l’accettano, disponendosi a comprendere e a far proprie  le fondate ragioni degli altri.

NEL CONNECTICUT LA STRAGE DEGLI INNOCENTI CON L’ULTIMO ATTO D’AMORE DELLE LORO MAESTRE

17 dicembre 2012

Salerno, 17 Dicembre 2012

Ambrogio IETTO

Le maestre eroine

Ancora una volta dagli Stati Uniti d’America ci giungono le immagini di bambini dagli occhietti terrorizzati e di adulti piangenti e disperati. L’eccidio consumatosi nella pacifica cittadina del Connecticut ha prodotto solo disperazione e sangue.

Non è la prima volta che si verificano simili  carneficine oltreoceano. Avvenne nelle Columbine, nel 1999, quando due adolescenti ammazzarono 12 loro compagni di classe e un insegnante. Nell’aprile scorso in California un ex studente entrò in un’aula della Oykos University e uccise sei colleghi. In luglio, sempre di quest’anno, un ventiquattrenne, alla prima di un film di Batman, fece fuori in un cinema del Colorado ben dodici persone, ferendone altre cinquanta.

La strage di Oslo in Norvegia non fu da meno qualche anno fa.

Ora, però, nella cittadina di Newtown, si contano dodici bambine e otto maschietti della locale scuola primaria assassinati insieme alla dirigente  del plesso e a due altre maestre.

A Scampia, qualche settimana fa, a morire ammazzato fu soltanto un pesce piccolo della malavita locale ma l’esecuzione si concretizzò nel cortile della scuola dell’infanzia a pochi metri di distanza dall’aula che ospitava un’allegra e fiorente comunità di bambini.

Anche gli episodi della cronaca locale non vanno analizzati con i ‘ se ’ e con i ‘ma’. Resto convinto, però, che quegli stessi killer non avrebbero indugiato a sparare anche nel mucchio dei bambini se il disperato tentativo di fuga della vittima designata avesse avuto come meta da considerare zona franca lo stesso contesto educativo ove i piccoli svolgevano le attività didattiche prenatalizie.

A Napoli la crudeltà spietata di  quanti sono coinvolti in lotte tra famiglie e gruppi rivali. Nel Connecticut ad azionare le armi è stata la follia di un ventiquattrenne che, secondo Vittorino Andreoli esperto del settore e sostenitore della compatibilità della normalità con gli omicidi più efferati, matto proprio non sarebbe stato a conferma dell’assunto che la follia più estrema  partirebbe da una mente normale.

L’evento,purtroppo gravissimo, si è consumato ed ora si è costretti a prenderne atto. L’America ricomincerà a discutere sul problema delle armi che si vendono liberamente nei supermercati mentre i congiunti delle vittime continueranno a piangere i loro cari. Una strage degli innocenti a conferma che anche il matto razionale trova comodo scaricare la sua furia omicida su teneri bambini della scuola elementare  e su tre donne che non hanno indugiato un attimo nell’andargli incontro nel tentativo disperato di fermare la sua violenza omicida.

E’ anche e, soprattutto, a Dawn Lafferty Hochsprung, l’insegnante responsabile della scuola, alla sua giovane collega ventisettenne Vicki Soto, uccisa perché ha fatto da scudo ai suoi scolari, e a Mary Sherlach, la docente psicologa, le tre eroine della tragedia americana, che va il pensiero di quanti, in ogni angolo del pianeta, all’infanzia dedicano la loro vita professionale, continuando ad augurarsi  che, nonostante questa ennesima carneficina di minori, l’umanità tutta continui ad offrire, col sorriso e con l’immancabile tenerezza, a chi si affaccia al mondo  la prospettiva di un’autentica speranza.

E’ POSSIBILE PORRE FINE ALLO SCANDALO DELL’OCCUPAZIONE DEGLI EDIFICI SCOLASTICI

15 dicembre 2012

Salerno, 15 dicembre 2012

Ambrogio IETTO

Basta con l’occupazione delle scuole

Anche nella nostra provincia, come in molte altre realtà territoriali del Paese, si va rinnovando il rito postsessantottesco dei cortei studenteschi e, peggio ancora, dell’occupazione dei locali destinati ad aule scolastiche e a laboratori didattici.

Dirigenti scolastici e autorità di polizia preferiscono lasciar correre probabilmente per non sobillare ulteriormente i burattinai che guidano e condizionano comportamenti  ed azioni delle migliaia di adolescenti e giovani che,  in perfetta buonafede, ritengono di avere mille buone ragioni per ribellarsi allo stato di reale trascuratezza in cui è ridotto il sistema scolastico italiano.

Chi scrive non è a conoscenza di disposizioni emanate congiuntamente dai ministri dell’Interno e dell’Istruzione Pubblica che raccomanderebbero a quanti sono tenuti a far rispettare leggi dello Stato un atteggiamento accomodante o addirittura accondiscendente. La considerazione è necessaria per entrare nel merito di una situazione che, se non viene contenuta entro i netti margini della legalità, potrebbe anche produrre conseguenze gravi.

Ovviamente questo rischio è temporalmente contenuto entro l’antivigilia del Natale. Poi, eventualmente, le proteste riprenderanno il 7 di gennaio dopo i baccanali e le gozzoviglie delle festività riconosciute. La lettura di alcune farneticanti dichiarazioni di leader della protesta fa comprendere che ci si trova dinanzi ad un guazzabuglio di motivi giustificativi della protesta che, per quanto riguarda i tagli operati ai bilanci dell’istruzione e della ricerca,  avrebbe ragione fondata di essere espressa se fosse ancora in  vita il governo Monti che, come si sa, ormai ha una scadenza ben definita e che, comunque, continua ad intimorire i genitori degli alunni, sostenendo l’incerta  copertura finanziaria per pagare in futuro gli stipendi ai pubblici dipendenti e le pensioni a chi ne avrebbe diritto.

Le accuse per i finanziamenti alle scuole paritarie private sono assolutamente infondate. Molti sanno che i costi annuali per lo Stato ammontano, per ogni bambino delle scuole dell’infanzia  statali, a 5.828 euro, per lo scolaro delle primarie a 6.525, 7.232 per ogni allievo della secondaria di primo grado ( ex scuola media ) e 7.147 per lo studente della secondaria di secondo grado ( licei, tecnici e professionali ). I contributi per le scuole paritarie, sempre calcolati pro – capite, ammontano, invece, per ogni allievo che frequenta la scuola paritaria, anziché a quella statale, ad euro 584 per la scuola dell’infanzia , 866 per la  primaria , 106 per l ex scuola media , 51 per il secondo ciclo di istruzione.

Il risparmio che lo Stato realizza per ogni allievo che si iscrive alla scuola paritaria, al posto della scuola statale, pertanto, è rispettivamente di euro 5.244, 5.659, 7.126 e 7.096. Se i 740.635 alunni che frequentano le scuole paritarie dovessero chiedere ed ottenere  il nulla – osta per transitare nelle corrispondenti scuole statali sarebbe necessario reperire 4 miliardi, 651 milioni e 928 euro per far fronte ai nuovi oneri ( n. 740.635 allievi x euro  6.281 costo medio pro – capite ).

Insufficienze e precarietà strutturali degli edifici destinati a scuola vanno denunciate all’ente Provincia, tenendo conto, però, che i dirigenti scolastici sono in possesso di regolari attestati di idoneità al funzionamento delle attività didattiche negli edifici di propria pertinenza. Se le attestazioni non rispondono al vero occorre formalizzare normale denuncia alle autorità preposte.

Ben chiare, invece, sono le illegalità che si compiono attualmente nelle scuole occupate. La prima riguarda l’interruzione di un pubblico servizio: l’art. 340 del codice penale è riferito proprio al reato di interruzione di un ufficio pubblico o di un servizio di pubblica necessità.  Gli occupanti impediscono di fatto ad altri cittadini  di fruire del diritto costituzionale allo studio.

Tutte le manfrine cui si ricorre ( programmi alternativi, iniziative cogestite e corbellerie varie ) sono illegittime e trovano a volte anche la discutibile accondiscendenza da parte di docenti e di dirigenti scolastici: infatti le ‘Indicazioni Nazionali’ per i licei e ‘Le linee Guida’ per gli istituti tecnici e professionali sono contenute in specifici decreti ministeriali che fanno capo agli articoli 8 e 10 del DPR n. 89 del 15 marzo 2010.

Tenuto conto che in alcuni istituti si chiede anche di rivedere i regolamenti interni, avviando addirittura una trattativa per la loro revisione coi dirigenti scolastici, va precisato che le norme d’istituto non possono derogare da quanto previsto dal DPR n. 235 del 21 novembre 2007 promulgato dal presidente della Repubblica Napolitano con le firme del presidente del consiglio pro-tempore Prodi e del ministro dell’istruzione dell’epoca Fioroni. Esso ha per titolo ‘Regolamento recante modifiche ed integrazioni al DPR 24 giugno 1998, n. 249, concernente lo Statuto delle studentesse e degli studenti della scuola secondaria’. Nella ‘premessa’ di quel decreto presidenziale si legge testualmente: ‘ I fatti di cronaca che hanno interessato la scuola, negli ultimi anni, dalla trasgressione delle comuni regole di convivenza sociale agli episodi più gravi di violenza e bullismo hanno determinato l’opportunità di integrare e migliorare lo Statuto delle studentesse e degli studenti, approvato con DPR n. 249/98’.

La situazione odierna non è migliore di quella di cinque anni fa.  Occorre, quindi, che chi è preposto all’ordinaria e regolare vita della comunità ( non sembra inopportuno in proposito un intervento sulla questione da parte dei Prefetti ) compia fino in fondo il suo dovere.

La circolare del Miur n. 20 del 4 marzo 2011, richiamando l’articolo 14, comma 7, del Regolamento di coordinamento delle norme per la valutazione degli alunni, di cui al DPR n. 122 del 22 giugno 2009, precisa testualmente che ‘ ai fini della validità dell’anno scolastico, compreso quello relativo all’ultimo anno di corso, per procedere alla valutazione finale di ciascuno studente, è richiesta la frequenza di almeno tre quarti dell’orario annuale personalizzato’. Il riferimento, quindi, per la determinazione del limite minimo di presenza riguarda il monte ore annuale delle lezioni che consiste nell’orario complessivo di tutte le discipline e non nella quota oraria annuale di ciascuna disciplina.

In conclusione: se lo Stato, nelle sue differenziate articolazioni e competenze, ha voglia di intervenire, attraverso le persone fisiche che lo rappresentano ai vari livelli e nelle differenti responsabilità, può farlo agevolmente senza produrre danni fisici e psicologici alle persone.

Oggi a soffrire, perché privati di un sacrosanto diritto, sono le decine di migliaia di ragazzi responsabili che hanno capito da tempo come, solo acquisendo da una scuola seria e ben fatta le competenze – chiave richieste  dall’Unione Europea e dal mercato planetario, potranno sperare nell’autosufficienza professionale ed economica e, quindi, in una prospettiva meno problematica per il loro futuro.

PUBBLICATE LE ‘INDICAZIONI DIDATTICHE PER L’INSEGNAMENTO DELLA RELIGIONE CATTOLICA NELLE SCUOLE DEL SECONDO CICLO DI ISTRUZIONE’

13 dicembre 2012

Quale docente di religione cattolica ?

Domani venerdì 14 dicembre, presso l’accogliente struttura del seminario ‘ Giovanni Paolo II ‘ di Pontecagnano, l’Arcivescovo primate Mons. Luigi Moretti, confermando una tradizione ormai consolidata,  incontrerà i dirigenti di circa 200 istituzioni scolastiche statali che rientrano nella circoscrizione territoriale dell’arcidiocesi di Salerno, Campagna, Acerno.

L’occasione offrirà di certo l’opportunità per ascoltare dai responsabili delle  scuole statali autonome una puntuale riflessione su particolari bisogni formativi esplosi da una situazione diffusa di vera e propria emergenza educativa che si traduce anche in una ricorrente ed immotivata protesta, orientata di fatto a mettere in discussione il basilare principio del diritto – dovere allo studio, privilegiando chiassosi e strumentali cortei e, in alcuni casi, anche illegittime occupazioni degli stessi edifici scolastici.

Se queste rappresentano manifestazioni organizzate per giustificare l’ultraquarantennale sindrome, originata dalle manifestazioni postsessantottine,  che consente di arrivare alle festività natalizie con l’abusiva assenza di circa la metà delle giornate di lezione previste dal calendario scolastico, ben altre e più serie sono le ragioni che rendono plausibile il concetto di emergenza educativa.

I nostri ragazzi , dai piccoli della scuola primaria agli adolescenti e giovani della secondaria di secondo grado, fatta eccezione per una molto contenuta percentuale, vivono una condizione diffusa di disagio prodotta da dinamiche socioculturali alimentate da logiche consumistico – edonistiche ed egocentriche, dalla mancanza di essenziali richiami valoriali che consentano di dare senso e significato alla personale vicenda esistenziale, da un pauroso processo di frammentazione in atto nella famiglia tradizionale accompagnato da una contestuale  fioritura di differenziate aggregazioni intime legate da un temporaneo sentimento di affetto – amore, da un precario coinvolgimento di corpi sociali intermedi disponibili ad offrire alle giovani generazioni un modello di vita alternativo ed un contemporaneo messaggio di speranza sul futuro.

Se questo è il contesto antropologico in cui si trovano a vivere i nostri giovani e se rispondono al vero le diffuse tentazioni del mondo adulto, a cominciare da quello parentale, a rinunciare di fatto al primario impegno, costituzionalmente definito, dell’educazione dei propri figli, l’istituzione scolastica si trova nella necessità di tentare l’impossibile per fare da diga solida al processo di dissoluzione etico – civile in atto nella società occidentale, Italia compresa.

La Chiesa Cattolica fruisce di un’opportunità straordinaria offerta dall’accordo tra la Santa Sede e la Repubblica Italiana del 18 febbraio 1984 che apporta modifiche al Concordato Lateranense e che continua ad assicurare, nel quadro delle finalità della scuola, l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche non universitarie di ogni ordine e grado.

Lo scorso 16 ottobre  la Gazzetta Ufficiale ha pubblicato il DPR n. 176 del 20 agosto 2012 che dà esecuzione alla pubblicazione delle ‘ Indicazioni didattiche per l’insegnamento della religione cattolica nei licei, negli istituti tecnici e professionali, nei percorsi di istruzione e di formazione professionale’. Dette ‘Indicazioni’ sono state diffuse a tutte le sedi scolastiche dalla competente Direzione generale del Ministero dell’Istruzione per gli ordinamenti scolastici  con nota n. 7029 del 29 ottobre scorso.

Una lettura attenta di questi documenti prescrittivi consente di rilevare un profilo di docente di religione cattolica idoneo a far acquisire allo studente, che ha scelto di avvalersi dell’insegnamento di religione cattolica, ‘ un modo di essere e di agire orientato ai valori coerenti con i principi costituzionali’, una competenza professionale tale ‘ da far acquisire ai singoli allievi la capacità  di utilizzare gli strumenti culturali e metodologici acquisiti per un atteggiamento razionale, critico e responsabile di fronte alla realtà, ai suoi fenomeni e ai suoi problemi’, un professionista  attento alle tematiche di tipo scientifico, tecnologico ed economico, un mediatore culturale disponibile e qualificato in grado di far maturare nell’allievo la necessità ‘ di assumere responsabilità nel rispetto dell’etica e della deontologia professionale’.

L’identikit professionale del docente di religione cattolica si completa con la disponibilità all’ascolto e al dialogo, con l’intuizione e la sensibilità a raccogliere tensioni, contraddizioni, conflittualità proprie dell’adolescente e del giovane e con le indispensabili qualità di natura comunicativa, psicopedagogica  e didattico- metodologica idonee a guadagnarsi la fiducia e la stima da parte di ciascuno dei suoi allievi.

Egli, designato dal proprio ordinario diocesano ed accettato, grazie al rapporto concordatario, dallo Stato è l’unica figura, all’interno del consiglio di classe, favorita più delle altre a guadagnarsi un rapporto fiduciario col singolo allievo, raccogliendone frustrazioni ed aspettative, amarezze e speranze, sconfitte e desideri di rinascita.

La domanda che l’intera comunità scolastica si pone riguarda,  il possesso, da parte del docente di religione cattolica, delle suddette competenze e qualità umane per far fronte alle onerose difficoltà di vissuto proprie del nostro tempo.

Si sa che l’arcivescovo mons. Moretti va designando, per ogni scuola secondaria di secondo grado, sacerdoti che periodicamente si dispongano all’ascolto e all’interlocuzione comunicativa con l’allievo. E’ questa certamente una buona iniziativa che non risponde, però, al reale fabbisogno dello studente che ricercherà il sacerdote soltanto se, alimentato da una fiammella di fede, l’individua come possibile coprotagonista  del suo cambiamento interiore e della relativa conversione.

E’ la figura istituzionale del docente , invece, che, grazie ad un particolare carisma strutturato di autorevolezza culturale e di apertura umanizzante, può renderlo  desideroso di un modello di vita significativo e di un mediatore professionale all’altezza del compito.

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