ALL’ INUTILE RICERCA DEL NATALE DI UN TEMPO

 

Salerno, 28 dicembre 2010

Ambrogio IETTO

VIGILIA DI NATALE A SALERNO

 

 

Venerdì 24 dicembre: dal mattino sto ricevendo telefonate, sms più o meno standardizzati ed essenziali e-mail che mi aiutano ad entrare dentro il clima del Natale 2010. Con innegabile piacere ma anche con partecipazione sofferta ascolto la voce di un compagno di classe di cinquanta anni fa che, con evidente difficoltà nella composizione e nella espressione dei segni vocali, riesce a strutturare alcune frasi benauguranti. Deduco che sarà stato vittima di un episodio celebrale che gli ha compromesso il linguaggio. Riesco, però, ad essere prudente nel non chiedergli notizie riguardanti il suo stato di salute e a dispormi con doverosa calma a seguire la sua faticosa ma emotivamente molto ricca elaborazione comunicativa. Gli manifesto la mia gratitudine per il ricordo e per gli auguri, promettendo di fargli visita in un prossimo futuro presso la sua residenza cilentana.

Sono al mio abituale ‘ posto di comando ‘: a sinistra il computer, di fronte, sulla scrivania, il ricevitore del telefono fisso e, a destra, il cellulare che, con il suo confondibile suono, mi dà l’avviso dell’arrivo dell’ennesimo sms. Lo leggo: “ E’ Natale ogni volta ke sorridi a qualcuno e gli tendi la mano, ogni volta ke resti in silenzio x ascoltare un altro, ogni volta ke speri con ki soffre, ogni volta ke conosci con umiltà i tuoi limiti e la tua debolezza. E’ Natale ogni volta ke xmetti a Dio di amare gli altri attraverso te…”.

Ad inviarmelo, con la consueta cortesia, è Maria, intelligente e fattiva dirigente scolastico, autrice di interessanti pubblicazioni, ma che non rinuncia ad utilizzare, come gli allievi che frequentano la scuola da lei diretta, la ‘k’ del compianto presidente Cossiga al posto del suono ‘ ch’ e il tradizionale segno aritmetico della ‘x’ in luogo della preposizione ‘ per ‘ anche quando si tratta di anteporla alla seconda persona del tempo presente del modo indicativo  del verbo ‘ mettere ‘.

In questo caso si tratta di ricavare dal segno grafico ‘ xmetti’ il suono ‘ permetti’. Il messaggio, però, si chiude con la corretta indicazione della fonte: trattasi, infatti, di un pensiero di Madre Teresa di Calcutta, beatificata da papa Giovanni Paolo II nel 2003.

Stimolato anche dal pensiero della straordinaria, umile suora indiana di origine macedone, premio Nobel 1979 per la pace, decido nel pomeriggio di ‘ fare quattro passi ‘ per il centro della città non solo al fine di ammirare le ‘ luci d’artista ‘ ma anche con l’emergente bisogno di ‘cogliere’ e di ‘ vivere’ il complessivo clima della vigilia di Natale.

Mi rendo subito conto che le cifre riferite dal sindaco De Luca nel corso di una delle sue ultime omelie televisive nella sostanza non si allontanano di molto da quelle ricavabili dall’immediata percezione visiva. Corso Vittorio Emanuele è letteralmente intasato da una moltitudine di giovani fin dallo storico negozio Brancaccio. Poco prima di Benetton si percepiscono suoni frenetici ad altissima estensione. E’ in atto una vera gara, tra un esercizio pubblico di via Torretta ed un concorrente omologo di via Conforti, a chi eleva al più alto volume i rispettivi impianti microfonici.

A causa di un’insistente pioggerellina le rispettive clientele sono costipate sotto gli antistanti gazebo. I ritmi che si susseguono sono più che frenetici. Purtroppo non è possibile ballarli ancheggiando perché si è ammassati come alici di Cetara dentro i tradizionali contenitori di creta di un tempo. Ad ondeggiare sono le sole braccia degli astanti unitamente ad appendici ramificate di stoffa rossa collocate attorno al capo che intendono richiamare i palchi delle renne impropriamente definiti corna.

E’ possibile seguire analoghe esibizioni dinanzi gli altri esercizi pubblici, scendendo da largo Portanova ed inoltrandosi fino alla Rotonda. Qui la follia collettiva supera ogni limite. Cumuli di bottiglie vuote di spumante, di birra e di cognac costringono me e qualche altro vecchio matto come me a fare dribbling. Dinanzi l’ingresso della chiesa di San Pietro in Camerellis, al riparo dalla pioggia, è accampata una barbona che fuma avidamente una cicca mentre due adolescenti, stretti l’uno all’altra ed appoggiati alla porta centrale del luogo sacro, offrono un saggio abbastanza esaustivo delle loro effusioni d’amore.

L’interno della chiesa è illuminato. Riesco, così, attraverso la porta laterale, ad entrarvi. All’altezza dell’altare intravedo le due sagome stilizzate di Maria e di Giuseppe realizzate da qualche bravo parrocchiano su indicazione del parroco monsignor Arcangelo Giglio che, di solito, non ama vistose ostentazioni.

D’altro canto  è proprio il Vangelo secondo Luca che affida all’angelo il compito di tranquillizzare gli spaventati pastori, anticipando loro l’umiltà dell’abitacolo ove è nato il figlio di Dio: “ Non temete, ecco, vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi è nato nella città di Davide un salvatore che è il Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia“.

Per fortuna sono le 17.30 di venerdì 24 dicembre 2010 e Gesù Bambino non è arrivato ancora nella chiesa di San Pietro in Camerellis a Salerno. E’ vero, secondo la tradizione, si riproporrà intorno alle 24 all’esiguo gruppo di fedeli che continuano a credere in Lui. Andrà incontro anche a qualche difficoltà per individuare i luoghi sacri della città ove è atteso dai coraggiosi che hanno sfidato il freddo, evitando i frammenti delle bottiglie prosciugate.

Tra renne e slitte luminose, geroglifici e schemi geometrici illuminati al neon, Egli, proprio il neonato di Betlemme, non si imbatterà in una sola luminaria che possa richiamare la sagoma dell’umile, fragile grotta. Riuscirà, comunque, ad arrivare e, sia pure in lontananza, si sentiranno cantare degli ardimentosi ed utopistici angeli: “ Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama “.

Lo spettacolo cui assisto mi riporta al carnevale di Rio o ai baccanali della mezzanotte del prossimo 31 dicembre.

Piuttosto afflitto riprendo la via di casa. Gli occhi pensosi del titolare del negozio all’angolo mi danno coraggio. Gli allungo la mano, riuscendo a profferire: ‘ Buon Natale, signore, tra poco rinascerà Gesù’.

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