A SALERNO LA QUESTIONE ‘ PROVINCE ‘ SI ACCENTUA PER LA CONSOLIDATA AVVERSITA’ TRA DE LUCA E CIRIELLI

 

Salerno, 2 Febbraio 2012

Ambrogio IETTO

IL DIBATTITO SULL’ABOLIZIONE DELLE PROVINCE

 

Mentre avantieri il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, in visita ufficiale a Bologna, se la prendeva con i ‘ conservatori istituzionali’, richiamando l’eterno tema dell’abolizione delle Province che ‘dopo gli accenni nel primo decreto Monti, è tempo di metterlo a fuoco’, nelle sedi dei 107 capoluoghi di provincia altrettanti consigli provinciali si disponevano a discutere e, nel migliore dei casi, ad approvare il documento – ordine del giorno predisposto dall’Unione Province d’Italia e finalizzato a sollecitare senatori e deputati del territorio a farsi promotori in Parlamento di ‘ iniziative volte a garantire l’esistenza delle Province intese come strumento di partecipazione democratica dei cittadini nel governo del territorio’. L’ordine del giorno, in verità, si rivolge anche a tutti i cittadini e ‘ agli uomini di cultura, alle associazioni e ai gruppi di volontariato di manifestare il loro amore per il territorio ‘.

Ovviamente anche Palazzo Sant’Agostino, ospitando il cosiddetto parlamentino per deliberare sul predetto documento, ha rispettato la corretta forma di protesta suggerita dall’UPI. La cronaca apparsa sui quotidiani di ieri, nel riferire l’andamento della riunione, conclusasi come da previsione con l’approvazione dell’ordine del giorno da parte della maggioranza e la mancata partecipazione al voto della minoranza, registra che la discussione è andata avanti piuttosto stancamente ravvivata di tanto in tanto da ‘ un congiuntivo sbagliato e una vongola lessicale’ ( Corriere del Mezzogiorno, pag. 6 ).

La nostra riflessione non intende entrare nel merito della struttura sintattica né in quella relativa all’uso delle parole e delle locuzioni rilevabili dagli interventi verbali dei componenti del consesso. La nostra città ha consolidati precedenti in materia. Così, nella memoria dei coetanei di chi scrive, si ripropongono le argute battute, proferite dal compianto avvocato Mario Parrilli nel salone dei Marmi di Palazzo di Città nella qualità di consigliere comunale, quando, sorridendo, giocava linguisticamente con  l’onorevole Angrisani a proposito dei bisticci in atto tra congiuntivi e condizionali.

Oggetto di questo intervento  è anche la messa in discussione dell’articolo 23, commi 14-22 della legge di conversione del decreto legge 201/2011, che prefigura il graduale svuotamento dell’istituzione Provincia. Nel merito bene ha fatto il presidente leghista della regione Piemonte Roberto Cota a formalizzare il ricorso alla Consulta, giudicando incostituzionale la legge.

E che ci sia bisogno di una modifica della Carta Costituzionale riescono a comprenderlo anche i fanciulli che frequentano la scuola primaria. E’ sufficiente, infatti, leggere in particolare gli articoli 114,117, 118 e 119, facenti parte del Titolo V, per rendersi conto della necessità di procedere, ai fini dell’abolizione delle Province, con legge di revisione costituzionale.

Il dibattito in corso nel merito di questa questione, a sostegno del mantenimento di un’ autonomia locale intermedia  tra regione e comuni, rileva adesioni significative bipartisan quali quelle di Roberto Formigoni presidente della giunta regionale della Lombardia e di Piero Fassino, attuale sindaco di Torino.

Che sia esplosa negli ultimi due decenni una sorta di sindrome a favore dell’ente provincia lo conferma il dato inequivocabile di essere passati dalle 70 province del 1948 alle attuali 107. Due  salernitani, Franco Brusco e Antonio Oricchio, all’epoca parlamentari della Repubblica, entrarono in competizione, sostenendo il primo l’istituzione di una provincia a sud di Salerno con capoluogo Sala Consilina e il secondo optando per la sua Vallo della Lucania. Risulta accettabile, pertanto, l’auspicio espresso nell’ordine del giorno in ‘un intervento immediato di razionalizzazione delle Province attraverso la riduzione del numero delle amministrazioni’ grazie ad ‘ accorpamenti’ collegati ad una ridefinizione dei compiti delle stesse.

Oggi, invece, particolare avversità al mantenimento delle Province è espressa, anche nel corso delle sue omelie settimanali, dal sindaco di Salerno Vincenzo De Luca che, prima delle elezioni a presidente dell’ente con sede a Palazzo Sant’Agostino di Edmondo Cirielli, non ebbe mai ad esprimersi in tal senso. Anzi si ricorda un suo comizio alla Sala Vittoria in occasione della campagna elettorale per le provinciali in cui, pur proferendo una poco felice battuta nei riguardi del candidato del partito democratico Angelo Villani,  sostenne la necessità, da parte del suo elettorato, di sostenere quella candidatura anche considerando i vantaggi che da quella elezione derivavano per la città di Salerno.

Non per caso De Luca ha schierato in passato, in qualità di candidati nei collegi del capoluogo, suoi uomini di attacco come Guerra, Buonaiuto, Savastano. E che la giunta Villani sia stata generosa nel compensare, con consistenti contributi finanziari, il comune capoluogo per iniziative riguardanti, in particolare, i comparti dello spettacolo e della cultura, è dimostrato dagli atti disponibili negli uffici contabili della provincia e di palazzo di Città.

La posizione assunta dal Partito Democratico anche sulla questione dell’incompatibilità di Cirielli va interpretata, dunque,  come tentativo di ridimensionare una personalità, come quella del parlamentare del PDL, che all’ente provincia ha cercato di dare in ogni modo autorevolezza e ruolo, ridimensionando l’incidenza del partito democratico sul territorio che va da Scafati a Sapri il cui consenso è limitato alla stima personale di cui godono i parlamentari Andria e Iannuzzi e i consiglieri regionali Pica e il duo  Valiante Antonio e Valiante Gianfranco.

Questioni delicate quali quelle dei rifiuti, dell’aeroporto e della metropolitana hanno trovato in Cirielli un competitore duro, determinato, caratterialmente molto simile allo stesso De Luca col vantaggio di essere lui sul territorio il plenipotenziario del presidente della giunta regionale Caldoro.

Dell’opera di Cirielli, invece, non può risultare condivisibile, almeno da parte di chi scrive,  l’avvicendamento continuo tra assessori a Palazzo Sant’Agostino che, accentuando il suo ruolo di presidente egemone e la conseguente, deteriore personalizzazione della politica, non consente ai componenti della giunta di studiare le reali esigenze del territorio e, quindi, di elaborare una coordinata politica di programmazione e di coordinamento che rimane il compito primario  delle province e ne giustifica ancora la  sopravvivenza.

 

 

 

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