MODI DI ESSERE E DI COMPORTARSI ASSOLUTAMENTE DIVERSI

 

Salerno, 11 luglio 2014

 

Ambrogio IETTO

De Luca, Villani e la giustizia

 

Le cronache dei quotidiani locali danno  giusto rilievo a due vicende giudiziarie che vedono contestualmente protagonisti il sindaco di Salerno Vincenzo De Luca e l’ex presidente della provincia di Salerno Angelo Villani: per il primo trattasi della richiesta di rinvio a giudizio da parte dei pubblici ministeri Rocco Alfano e Guglielmo Valenti per il Caso Crescent mentre il secondo ha portato  la sua testimonianza sul crac Alvi, di cui è stato amministratore,  ai giudici della seconda sezione penale.

Questa riflessione, ovviamente, non ha la pretesa di entrare nel merito dei fatti contestati. Essa tende esclusivamente a compiere un tentativo di comparazione, se possibile di confronto tra due personaggi conosciuti dalla pubblica opinione per il ruolo istituzionale svolto in passato da Villani e per la ventennale, caparbia, instancabile presenza nell’agone politico – amministrativo della città e del Paese da parte di De Luca.

Alle dichiarazioni partecipate dall’ex presidente dell’amministrazione provinciale al collegio giudicante mi sento particolarmente sensibile. Fondate o meno, più o meno affidabili esse manifestano la prerogativa propria dell’essere umano, il complesso delle dimensioni temperamentali e caratteriali e l’insieme dei fattori esterni e situazionali che hanno inciso significativamente sulle scelte compiute.

La personale propensione verso gli studi medici e, più specificamente, l’attenzione alle patologie dentarie e della bocca e alla loro cura  allontanano Villani soltanto inizialmente dal management, dal complesso delle attività direzionali di gestione e di organizzazione dell’azienda familiare.  Angelo,  infatti, non abbandona, anzi consolida, soprattutto dal punto di vista psicologico, il sogno della grandeur nel comparto della distribuzione organizzata: il tentativo andato a vuoto di rilevare la super valutata Standa, la costituzione di un grande polo italiano della distribuzione, la possibilità di salvare il  made in Italy, rilevando piccoli gruppi, la costituzione di società consortili ciascuna con specifico comparto operativo, la prospettiva di una società nel settore immobiliare, addirittura la quotazione in borsa.

Non contano molto, a mio avviso, le cause da lui menzionate in quanto matrici degli insuccessi: gli istituti di credito, i dipendenti infedeli, la politica. Esse, vere o non vere, servono a rimarginare almeno in parte l’orgoglio ferito del protagonista, l’amarezza per non aver potuto raggiungere almeno uno dei traguardi tracciati.

Ben diverso il modo di reagire del delucapensiero: la constatazione di avere segnato, con la rivoluzione urbanistica disegnata e voluta a Salerno, mezzo millennio di storia, il destino dei mille operai impegnati nel cantiere, l’impegno attuale concentrato sulla valorizzazione turistica del mare, grazie alla felice intesa con l’autority portuale rappresentata  dall’avvocato Annunziata, tenuto conto del successo già ampiamente acquisito dal turismo invernale.

E’ pur vero che si ripropone, anche in questi essenziali richiami, il limite della megalomania comune, tutto sommato, ad entrambi i nostri personaggi: il primo vittima di un’eccessiva considerazione di sé miseramente crollata per dichiarati motivi esterni; il secondo che colloca, con presunzione, arroganza e demagogia, una propria opera in itinere, già sequestrata dall’autorità giudiziaria, tra le espressioni più significative della storia plurimillenaria della città.

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