L’ATTENZIONE MANIFESTATA NEI RIGUARDI DEI CONSIGLIERI DI OPPOSIZIONE E’ SEMPRE FINALIZZATA AL CONSEGUIMENTO DI UN FINE

Salerno 19 luglio 2014

Ambrogio IETTO

Lo strano fascino di De Luca

 

Il corsivo breve, ma molto delicato, apparso ieri su ‘ Cronache del Salernitano’ e collocato  in posizione sottostante ad un titolo ad effetto attinente ad un severo rimprovero proferito dal sindaco De Luca ad un consigliere comunale ufficialmente accreditato nell’alveo della minoranza, fa esplicito riferimento all’effettivo stato di sudditanza della cosiddetta opposizione identificata con Forza Italia.

Non addentro ai processi disaggregativi ed aggregativi che si sono attivati nel corso della corrente consiliatura mi chiedo, con atteggiamento di certo non provocatorio, se sia mai esistita un’opposizione all’interno del consiglio comunale di Salerno da quando, dopo l’esperienza di sobillatore sindacale, Vincenzo De Luca prese nel 1993 il timone della conduzione amministrativa della città.

Qualche larvato segnale di dialettica vivace all’interno del Salone dei marmi si percepì soltanto durante la chiamata a sindaco della città di Mario De Biase, costretto, per chiara disposizione del capo, a subire la marcatura stretta di alcuni consiglieri  comunali di ortodossa fede deluchiana e di tre – quattro  funzionari  delegati a concedere o meno l’assenso per questo o quell’intervento da effettuare dopo aver ricevuto la direttiva dal sindaco- ombra migrato, per il momento, a Palazzo Montecitorio a Roma.

La storia recente non ha difficoltà ad annotare l’incapacità – immaturità dell’intera area del centrodestra a tentare di elaborare un’ipotesi di percorso politico – amministrativo alternativo all’egemonia deluchiana. Nel 2011 erano maturate  condizioni  decisamente favorevoli per partecipare alla comunità salernitana un progetto di città, esteso alle entità amministrative autonome contigue ( Pontecagnano, Vietri sul Mare, San Mango Piemonte, Pellezzano, Baronissi ), che favorisse, grazie ad un itinerario preparatorio contraddistinto da incontri e dibattiti aperti a gruppi professionali, alle aggregazioni produttive e mercantili e, soprattutto, ad associazioni culturali, alla componente accademica e alla cosiddetta intellighenzia, la possibile delineazione della vocazione – missione del capoluogo di provincia e del suo hinterland.

Si trattava di dimostrare come una visione autenticamente liberale della democrazia partecipativa risultasse il contraltare di un sistema di potere personalistico – narcisistico  strutturato su base egemonica e clientelare.

Carfagna e Cirielli, personaggi suffragati da incarichi governativi ed amministrativi di rilevante importanza, diedero vita ad un’infantile baruffa che, di fatto, determinò la designazione dell’avvocato Ferrazzano a candidato sindaco della città. Il voltafaccia della stessa, espresso poco dopo l’insuccesso subito a seguito di una campagna elettorale asfittica ed inconcludente, costituì l’emblematica manifestazione dell’inaffidabilità politico – amministrativa della designata e  dell’anonima accolita degli eletti nelle liste non di marca originariamente deluchiana.

Il sindaco, si sa, è portatore di un molto strano fascino: è persona dotata di un dignitoso retroterra culturale e di una lunga navigazione politica effettuata tra le insenature subdole ed ipocrite del vetero – marxismo del tempo che fu.

Egli sa bene che il modo più semplice per catturare consenso è quello di promettere e di  dispensare  incarichi e  riconoscimenti. De Luca non sa sorridere, l’espressione sua facciale quasi sempre è votata all’arrabbiatura, all’arroganza e alla presunzione.

A cominciare dai suoi collaboratori più vicini e dagli stessi assessori egli è temuto come un maestro d’altri tempi che affidava ad una discutibile scala di valutazione il numero di bacchettate da somministrare all’allievo in rapporto alla natura della mancanza commessa.

Nei riguardi dei consiglieri dichiaratisi di opposizione è anche concessivo di una forzosa apertura delle labbra percepita come sorriso o di una leggera e rapida pressione effettuata sulla spalla e se, donna, anche di un complimento stiracchiato pregno di un’ipocrisia spiccatamente maschilista.

Questa la strategia ammiccante che viene percepita come disponibilità a concedere. Una volta accettato l’atto di cortesia si entra nel meccanismo che alcuni volgarmente definiscono ricatto e che in modo più elegante può passare come attesa del riscontro dovuto.

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