LA SCUOLA HA BISOGNO SOPRATTUTTO DI DIRIGENTI IDONEI E MOTIVATI AD ANIMARE E SOSTENERE UNA MIGLIORE QUALITA’ DELLA DIDATTICA

Ambrogio IETTO
PIU ‘ POTERE AL DIRIGENTE SCOLASTICO ?
Da giorni l’attenzione dei mezzi di comunicazione di massa è rivolta in modo particolare al nostro sistema scolastico. Senza dubbio questo è un bene perché si scrive, si legge e si discute del comparto più essenziale e delicato della vita organizzata di un Paese.
All’attenzione generale, di addetti ai lavori e di orecchianti, c’è la cosiddetta ‘ buona scuola’ di Renzi e della fortunata responsabile del ministero della pubblica istruzione professoressa Giannini che, da ex rettore di un’università storica, qual è quella per gli stranieri di Perugia, e da qualificata ordinaria di glottologia e linguistica avrebbe fatto bene ad interessarsi primariamente delle gravi lacune del sistema universitario italiano collocato nei bassifondi della speciale graduatoria di merito redatta da organismi internazionali specializzati.
Invece ella non ha indugiato un attimo, una volta compiuto il salto acrobatico da ‘Scelta civica’ al partito democratico, nel sostenere le idee non sempre eccellenti generate dai consiglieri e da dirigenti ministeriali cui fa riferimento il presidente del Consiglio.
Al momento non è possibile trovare in rete il testo del disegno di legge varato dal Consiglio dei ministri al fine di esprimere delle ponderate considerazioni.
Una delle proposte enfatizzate dai quotidiani e dalle emittenti nazionali riguarda il consolidamento del cosiddetto potere dei presidi ( ancora non si riesce a socializzare che la qualifica esatta è quella di dirigente scolastico che ha sostituito, da oltre un decennio, quella di preside e, soprattutto, l’altra di direttore didattico, una figura professionale che, dall’unità d’Italia a qualche anno fa, ha contribuito in termini significativi al processo innovativo della scuola dell’infanzia e primaria ).
Dal comunicato – stampa leggibile sul sito del Ministero si prende nota che ‘ i presidi potranno scegliere la loro squadra, individuando i nuovi docenti che ritengono più adatti per realizzare i Piani dell’offerta formativa all’interno di appositi albi territoriali costituiti dagli Uffici Scolastici Regionali. In questi albi confluiranno i docenti assunti nel primo anno attraverso il piano straordinario di assunzione e poi tramite concorsi’.
Non si ha idea da quali referenze i nomi dei neo – assunti docenti saranno accompagnati.
L’augurio è che si annotino gli studi superiori seguiti dal singolo interessato, le competenze possedute, le esperienze innovative compiute in Italia e all’estero. In questo caso i dirigenti potranno chiamare, presso l’istituzione scolastica di cui sono rappresentanti legali, soprattutto se istituti comprensivi o rimanenti direzioni didattiche, i docenti dotati di laurea in lingua inglese, di diploma di conservatorio musicale, di laurea in scienze motorie.
Va ricordato che questi insegnamenti sono da sempre presenti nel curricolo della scuola di base ( anche l’introduzione della lingua inglese risale ormai all’art. 10 della legge n. 148/1990).
Ebbene per 25 anni ci siamo accontentati, pur salvando le inevitabili eccezioni, di docenti formati come mediatori di lingua inglese in non più di 150/200 ore di formazione. Gli stessi corsi di laurea magistrale in scienze della formazione primaria pullulano di tutti i filoni della psicologia e della pedagogia speciale, ma difettano di itinerari formativi seri in educazione motoria e in strumento musicale. Anche l’ esame in lingua inglese si colloca, come programma e come metodologia, al medesimo livello degli altri comuni corsi di laurea.
Quindi i dirigenti scolastici si dovranno accontentare di molto poco dal punto di vista qualitativo, a scapito della cosiddetta buona scuola.
Speciale attenzione meritano le chiamate dirette e personalizzate. Anche nella storia della scuola italiana ci sono precedenti poco incoraggianti al riguardo. E’ sufficiente richiamare la legge sul cosiddetto tempo pieno, la n. 820 del 1971. Questa norma diede ai direttori didattici dell’epoca la facoltà di chiamare ad personam docenti di ruolo che dichiarassero di possedere competenze in linguaggi non curricolari ( musica, danza, ginnastica ritmica, attività plastico – figurative ed espressive ).
La disposizione fu una vera manna caduta dal cielo: migliaia di docenti, relegati nel Cilento, nell’alto Sannio, in Irpinia montana, nelle isole, nelle molte zone impervie della nostra Penisola furono assegnati presso le scuole che avevano attivato il tempo pieno e di lì non si mossero più perché, dopo poco, il generoso legislatore offrì loro la possibilità di rimanere presso la stessa sede occupata in via provvisoria.
I dirigenti scolastici, a seguito dell’autonomia acquisita, sono già in difficoltà per un lungo elenco di adempimenti contabili ed amministrativi loro assegnati dal legislatore e dalla burocrazia di vertice del Miur. Essi sono sotto il fuoco di fila, da un lato, di piccole imprese che concorrono alle varie gare per la fornitura di materiale tecnologico e di consumo indispensabile alle scuole e, dall’altro, di genitori pronti ad attivare contenziosi spesso stupidi per liberarsi da sensi di colpa derivanti dalla personale, inadeguata azione educativa elaborata e portata avanti coi figlioli.
Inevitabilmente molti dei responsabili delle istituzioni scolastiche, assorbiti da adempimenti di questo tipo, sono ormai disancorati dalla didattica e ininfluenti sulle opzioni pedagogico – metodologiche degli insegnanti, non di rado galvanizzati da una malintesa interpretazione del principio costituzionale della libertà didattica.
L’altro giorno su quotidiani locali è apparso un bando di gara, firmato dal dirigente scolastico del Liceo Regina Margherita di Salerno, per un importo di 517.403,21 euro più Iva per l’adeguamento normativo e di efficienza energetica dell’edificio.
Sì, anche questo fanno oggi i dirigenti scolastici, in particolare quelli della Campania, delle Puglie, della Calabria e della Sicilia destinatari di speciali interventi della Commissione Europea che, non avendo fiducia nello Stato centrale italiano, nelle amministrazioni dei Comuni e delle Province, carica la responsabilità sulla correttezza delle procedure e sulla vigilanza delle opere in corso sui capi delle scuole, facendo affidamento sulla deontologia professionale e sull’onestà degli stessi i quali, di conseguenza, sono costretti a trascurare la didattica e, quindi, l’effettiva qualità del servizio erogato.

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