UNA STUPIDA FORMA DI LAICISMO

STUPIDA FORMA DI LAICISMO

di Ambrogio Ietto

La cronaca di ieri dei quotidiani salernitani ha informato l’opinione pubblica che all’atto dell’omaggio floreale da offrire, secondo consolidata tradizione, all’icona di San Matteo  sovrastante piazza Flavio Gioia, una manifestazione questa di riverenza e di ossequio personalmente espressa dall’arcivescovo primate Monsignor Luigi Moretti, non ha preso parte alcun rappresentante dell’Amministrazione comunale mentre sono stati doverosamente presenti sia il prefetto Salvatore Malfi sia il questore Pasquale Errico. La notizia, in verità, alimenta meraviglia ma non più di tanto in considerazione del fatto che l’attuale sindaco della città Vincenzo Napoli  coglie, con caparbia frequenza, occasioni particolarmente  favorevoli, secondo una sua parziale e discutibile ottica, per socializzare la personale posizione di testimone istituzionale di agnosticismo, cioè di quella corrente di pensiero che sostiene l’opportunità di manifestare indifferenza di fronte ai problemi religiosi e, quindi, alle manifestazioni di culto. Napoli è certo della necessità di escludere le dottrine religiose e le istituzioni che se ne fanno interpreti dal funzionamento della cosa pubblica in ogni sua articolazione. Convinto che la separazione tra la sfera pubblica della politica e la sfera privata della fede religiosa è, quindi, un elemento essenziale del laicismo, il sindaco Napoli riconosce, a modo suo, in questa divisione una condizione necessaria per il benessere dell’uomo, per il rispetto della sua dignità e per il libero e creativo sviluppo delle sue capacità. Si sa, però, che il laicismo è orientamento tendenzialmente individualista e razionalista. L’attuale sindaco, dimenticando di essere il rappresentante di una città abitata prevalentemente da cattolici che, soprattutto, si tramandano di generazione in generazione il culto verso il Santo Evangelista, preferisce eludere il problema deontologico della rappresentatività istituzionale, quindi non prende in considerazione l’eventualità di designare un rappresentante della comunità consiliare, scegliendolo a proprio piacimento tra membri  della sua giunta dichiaratamente credenti  o tra consiglieri di maggioranza o di minoranza che avvertirebbero di certo l’onore e il piacere di rappresentare il consesso comunale. Egli agisce, così, da inabile ducetto di periferia, ritenendo di passare alla storia locale con simili atti pieni di stupida vanagloria.

 

 

I commenti sono chiusi.

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fonire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o clicchi su "Accetta" permetti al loro utilizzo.

Chiudi