LA SCONCIA, REPELLENTE VICENDA DI CETARA

 

 

 

 

Ambrogio Ietto

UN FORTE PATTO SOCIALE A TUTELA DEI MINORI

 

 

La tristissima, squallida vicenda di Cetara, sulla quale questo giornale, prima ancora che il  ‘Garante della privacy ‘ riproponesse le norme vigenti in materia, aveva deciso sua sponte di non offrire elementi indirettamente indicativi dell’identità delle persone coinvolte, alimenta qualche considerazione che tende a ricordare  a ciascuno di noi di non rimuovere in tempi piuttosto brevi quanto accaduto e di avviare, al contrario, una severa riflessione in grado non solo di mettere in moto la personale coscienza ma anche di disporci a riflettere sulla consistenza della rete di protezione sociale deputata  a tutelare i minori.

Sotto esame viene a trovarsi, cosi, prima di tutto la famiglia, un’entità sociale che ormai va scomparendo non solo in dimensione quantitativa ma soprattutto come luogo di relazioni umane significative, come ambiente in cui, grazie all’amorevole, rasserenante ed equilibrata protezione dei genitori, risulti agevole per il bambino intraprendere il lungo itinerario formativo che gli consentirà di governare le proprie emozioni, di rafforzare il senso personale di fiducia e di autostima,  di costruire e delineare sempre meglio la propria identità e procedere con sufficiente sicurezza verso  la desiderata autonomia.

Va subito rilevato che è proprio dentro il vissuto familiare intimo e discreto che si consumano, in misura statisticamente ancora prevalente, fattacci come quello di Cetara. E’ oggettivamente acclarato che nei decenni e nei secoli passati vicende simili si riproponevano in  dimensione numerica ancora più sconvolgente: l’autoritarismo dell’uomo di casa, la sudditanza cieca ed acritica della donna, il diffuso analfabetismo strumentale, il livello piuttosto elevato di degrado sociale costituivano fattori incentivanti il generale, rigido clima di omertà. Ancora oggi, come la cronaca ci conferma, episodi simili riaffiorano piuttosto frequentemente  anche a causa dei citati fattori che si intrecciano, però, con ulteriori elementi propri del nostro tempo: il fecondo commercio fiorito intorno al mercato della pedofilia e della perversione sessuale fine a se stessa, il traffico informatico collegato ad immagini di bambini colti in situazioni di nudità o, peggio ancora, coinvolti in vergognose scene animate da adulti, una ricerca irrazionale e perversa del piacere da parte di squallidi soggetti.

Il contesto familiare di Cetara, apparentemente normale, nascondeva, almeno stando a quanto emerso al momento dalle indagini, una situazione inimmaginabile di dissoluzione e di decomposizione etica. Padre, fratello e madre protagonisti e complici di aberranti e perverse operazioni alle quali non indugiava a sentirsi coinvolto, in qualità non di comparsa, l’amico di famiglia.

Fa riflettere non poco l’onesta, sofferta dichiarazione del sindaco della cittadina: ‘ Tuttavia questa storia deve indurre tutti i cittadini cetaresi a fare una seria riflessione sulla condizione di comunità ’. Una comunità di poco più di duemila anime racchiusa in una striscia di collina dove molti sono parenti tra loro e non pochi risultano i matrimoni combinati tra consanguinei.

In un ambiente così compresso, fisicamente contiguo, contraddistinto, inevitabilmente, da una fitta rete di scambi comunicativi sia pure sommessi e laconici, sembra inverosimile che non si percepiscano talune stranezze comportamentali e insolite dinamiche relazionali che vanno avanti da anni.

La sconcia storia di cui  è risultata indifesa vittima la fanciulla è venuta fuori a scuola a seguito di una sua temporanea ed improvvisa perdita dei sensi. L’acume e la sensibilità di due insegnanti e l’immediata  partecipazione  dell’episodio,  apparso subito  atipico  ed  indecifrabile,  alla  dirigente

 

scolastica dell’epoca, consentiranno di avviare un delicato percorso di analisi, di approfondimento, di studio portato avanti con senso di responsabilità dalle diverse istituzioni competenti a gestire il caso.

L’istituzione scolastica, dunque, si ripropone ancora una volta, e più del tempo passato, come sede privilegiata di incontro, di umanizzazione e personalizzazione della relazione educativa tra docente e discente, di osservatorio privilegiato delle dinamiche comportamentali dell’alunno, di interscambio comunicativo spesso contraddistinto dai linguaggi non verbali, dall’umore dei singoli soggetti, dalla loro espressività facciale ed oculare, dalla postura assunta, dalla maggiore o minore aggressività del momento, dall’isolamento pensoso o dalla marcata indisponibilità a comunicare e ad interagire coi compagni di classe  o di gruppo.

Di grande delicatezza, ovviamente, il ruolo dei servizi sociali, del loro livello di professionalità, della ponderata, accorta  disponibilità ad analizzare e a valutare con straordinaria attenzione i singoli casi e i diversi soggetti che vengono coinvolti nelle varie operazioni riguardanti la tutela, prevalentemente di natura psicologica, del minore.

Questa sconcia, amara vicenda ripropone ancora una volta l’esigenza prioritaria di dar vita ad un forte, serio patto sociale a favore dell’indifesa categoria dei minori.

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