L’ AUDITORIUM DI NIEMEYER : UN BENE DA CUSTODIRE E DA VALORIZZARE

 

Salerno, 1 dicembre 2010

Ambrogio IETTO

RAVELLO E LE SUE GIOVANI GENERAZIONI

 

Un molto gradito invito da parte delle amiche Franca Buononato ed Elena Samaritani, avallato dalla cortesia del loro dirigente scolastico Vincenzo D’Onofrio, mi riporta sabato scorso nella cara ed ineguagliabile Ravello  ove circa trentacinque anni fa ebbi modo di offrire per un biennio, a quelle istituzioni educative, il mio contributo professionale.

L’occasione è particolarmente accattivante: si tratta di assistere all’avvio di un interessante progetto pedagogico – didattico centrato su di una rivisitazione critica del fenomeno del brigantaggio nel Mezzogiorno d’Italia che imperversò, in particolare, dal 1861 al 1865 con 388 bande accertate e circa 14.000 ‘ briganti’ eliminati dall’esercito del neocostituito stato unitario.

Ovviamente il progetto, che si svilupperà nel corso dell’intero anno scolastico, si inserisce nel contesto delle iniziative programmate, in occasione dei  150 anni dall’unificazione, dal locale Istituto Comprensivo orientato, nel triennio terminale del primo ciclo, ad indirizzo musicale -strumentale in coerente raccordo con l’identità culturale propria della cittadina della costiera che, oltre per le sue bellezze naturali, ha guadagnato una parte della sua fama in Italia e nel mondo anche grazie ai concerti wagneriani.

L’interesse per la manifestazione, in verità, è ulteriormente alimentato da una esibizione straordinaria di Lina Sastri, impareggiabile artista napoletana coinvolta nel 1999 da Pasquale Squitieri nel film ‘ Li chiamarono…briganti‘  e al particolare, non meno interessante, della messa a disposizione, da parte del dott. Salvatore Grillo, commissario prefettizio, dell’auditorium ideato in assoluta gratuità dal centenario architetto brasiliano Oscar Niemeyer, inaugurato nel gennaio scorso con il gala di danza della Escola do Teatro Bolshoi no Brasil  e successivamente non aperto al pubblico per sopraggiunte difficoltà burocratiche. L’intelligente mediazione didattica offerta da un ingegnere, che ha ricoperto un ruolo primario nella fase delicata dell’implementazione dell’originario progetto dell’architetto sudamericano, ha consentito di farsi un’idea per niente aleatoria di un’opera sottoposta per anni al giudizio critico di componenti della variegata realtà ambientalistica italiana, ai tanti pronunciamenti giurisdizionali espressi a seguito di ben nove ricorsi attivati solo da Italia Nostra, ad un cammino accidentato compiuto dal 2003, epoca in cui viene approvato  il progetto e il relativo impegno di spesa di fondi europei per un totale di 18,5 milioni di euro all’effettiva apertura del cantiere avvenuta soltanto nell’ottobre 2006 da parte di una cooperativa anticamorra di Orta di Atella e, non ultimo elemento frenante, alle faide  di un localismo storicamente consolidato.

L’opera occupa un volume di 22.000 metri cubi ed è suddivisa in tre blocchi:  auditorium vero e proprio, parcheggio per oltre 100 auto, edificio di appoggio. Con un’acustica in sala di alta qualità, garantita da un sistema mobile di pannelli riflettenti e posizionati sulla copertura, una platea formata da dieci gradoni per un totale di 400 posti con poltrone di variegata sfumatura di blu tanto da far percepire un’immaginaria onda del mare e studiate per rendere minima, dal punto di vista di assorbimento delle onde sonore, la differenza tra situazioni di sala piena e di sala vuota, un palcoscenico di 167 metri quadrati concepito in modo da assumere diverse configurazioni altimetriche, una piazza antistante, conformata a terrazza belvedere e pavimentata con pietra di Trani levigata.

Insomma con questi ed altrettanti aspetti distintivi di indubbia valenza artistica e di sofisticata tecnologia l’Auditorium di Ravello costituisce già in sé un richiamo-attrattiva di particolare interesse al di là delle sue straordinarie potenzialità di contenitore delle più diversificate espressioni del linguaggio artistico in uno degli angoli più suggestivi del pianeta sul quale si è soffermata la benevola attenzione del Creatore.

Ebbene questa struttura, desiderata e rifiutata allo stesso tempo, attesa e contestata per anni, ora è lì con tutte le sue preziosità tecniche e con la sua triste inutilizzazione di fatto. Ad occhio nudo si rilevano già infiltrazioni e lacerazioni varie nell’intonaco.

Proprio perché creatura delicata essa ha bisogno di cure amorevoli che, al momento, l’egoismo degli uomini, i contrasti propri di una politica di bassa lega, le strumentali avversità prodotte da una considerazione riduttiva del ruolo delle istituzioni non consentono di assicurare.

E’ ben noto che l’Auditorium, giustamente intitolato al suo progettista Niemeyer, è oggi di proprietà del comune di Ravello che non ha né potrà avere mai i mezzi sufficienti per ‘ mantenere in vita ‘ dignitosamente il complesso edilizio, i suoi sofisticati congegni tecnologici e la diversificata e qualificata offerta culturale che va rapportata all’autorevolezza del luogo che la propone.

La riflessione tocca e, quindi, impegna la specifica Fondazione i cui soci fondatori ora sono rimasti in tre: il Comune, la Provincia e la Regione. Il più importante, quello che ha dato finora il più consistente sostegno finanziario, vale a dire il Monte Paschi di Siena, è andato via.

Pertanto è urgente e necessario individuarne un altro, ovviamente sempre e, comunque, nel comparto degli istituti di  credito, che creda realmente nella validità della scelta e nella positiva immagine recuperabile in futuro da un simile investimento.

L’incoraggiamento e l’ offerta di garanzia ad un’opzione del genere, sicuramente delicata ed impegnativa, vanno dati dai tre soci fondatori rimasti, tutti e tre espressione di enti autarchici purtroppo alimentati, ahimè, più da deteriore logica distruttiva che da consapevole assunzione di responsabilità istituzionale. Allora, al momento, una finestra aperta alla  speranza  può essere aperta soprattutto dalle giovani generazioni di Ravello che, grazie ad itinerari formativi mirati ad una solida presa di coscienza dell’unicità del paesaggio a loro affidato dal Dio Creatore, della sua conciliabilità con le più alte espressioni della creatività umana, del suo essere stato elevato a patrimonio dell’intera umanità, si dispongano al superamento delle avversità ancestrali tuttora percepibili e dell’improduttiva logica dell’egocentrismo al fine di approdare in via definitiva ad una visione universale del bene inestimabile loro affidato e ad una concezione equilibrata ed autenticamente democratica del confronto e della cittadinanza attiva.

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