Archivio per aprile, 2012

UN OMAGGIO A GIOVANNI PASCOLI E A TUTTE LE MADRI DEGNE DI QUESTO NOME

15 aprile 2012

 

Salerno, 15 aprile 2012

Ambrogio IETTO

 

LETTERA POSTUMA ALLA MADRE

                  Anniversario

“ Sono più di trent’anni e, di queste ore,

mamma, tu con dolor m’hai partorito;

ed il mio nuovo piccolo vagito

t’addolorava più del tuo dolore.

Poi tra il dolore sempre ed il timore,

o dolce madre, m’hai di te nutrito;

e quando fui del corpo tuo vestito,

quand’ebbi nel mio cuor tutto il tuo cuore,

allor sei morta; e son vent’anni: un giorno!

E già gli occhi materni io penso a vuoto;

e il caro viso già mi si scolora;

mamma, e più non ti so. Ma nel soggiorno

freddo de’ morti, nel tuo sogno immoto,

tu m’accarezzi i riccioli d’allora.

     Giovanni Pascoli          31 di dicembre 1889

 

 

Mamma carissima,

 

oggi, 15 aprile 2012, ricorre il settantaseiesimo anniversario della mia nascita. Il mio pensiero, da quando le luci dell’alba si sono sostituite alle tenebre della notte, è rivolto in modo particolare a Te. E, così, molto indegnamente, ho osato lasciar precedere questa mia lettera postuma, riproducendo il testo della prima delle tre ‘Myricae ‘,  col titolo ‘Anniversario’, che il grande poeta romagnolo, di cui celebriamo in questi giorni il primo centenario della morte, dedicò a sua madre.

Solo la straordinaria sensibilità che alimentava il cuore generoso di Pascoli consentì di collegare le ricorrenze del suo genetliaco all’evento più significativo che segna indelebilmente l’avventura umana di ognuno di noi: l’affacciarsi alla vita, il saluto, espresso col primo vagito, a chi quella vita ci ha donato.

Anche tu, mamma, fosti generosamente prolifica, regalando a sette di noi la luce del giorno che a me consente di segnare la tappa insperata dei 76 anni. Non furono anni semplici, quelli dal 1934 al 1947, nel corso dei quali, di concerto con papà, contribuiste a dare concreta testimonianza del richiamo biblico “ Voi dunque crescete e moltiplicate: spandetevi sulla terra, e moltiplicate in essa “ ( Genesi 9:7-17 ).

L’incertezza del futuro, la lontananza fisica dai tuoi cari, il coinvolgimento diretto nell’attività mercantile programmata con papà, il suo richiamo alle armi, gli atroci bombardamenti del 1943, lo sbarco delle truppe anglo – americane di fronte casa nostra, la peregrinazione lungo le colline e i monti dei PIcentini, l’eruzione del Vesuvio, il dopoguerra con le sue privazioni e le inevitabili, malinconiche tristezze, la difficile e sofferta ripresa, il tutto intervallato da ben sette cicli di doglie affrontati stoicamente nello stesso ambiente domestico, tutti questi eventi, mamma, ti videro protagonista coraggiosa e protettiva verso i tuoi sette cuccioli.

Due volte, ricordo, ti percepii disperata: fu quando, inerpicandoci lungo le alture di Montecorvino per sfuggire ai bombardamenti dei tedeschi, avvilita come eri anche a causa delle gravissime condizioni di salute delle sorelline Anna ed Ida, ti inginocchiasti tra i rovi ed invocasti l’aiuto della Madre Celeste. Dopo pochi metri la comparsa, per noi inaspettata, di un cancello che dispose gli abitanti del sito amico a fraterna accoglienza.

L’altra volta, mamma, il miracolo non si verificò. Corsi da Napoli in ospedale, dove eri stata ricoverata, per una delle tante crisi cui da tempo l’ormai  tuo fragile organismo era sottoposto. Nel vedermi, spalancasti gli occhi e, consapevole della gravità del male che ti stava aggredendo, sottolineasti che in quella situazione non ero nelle condizioni di aiutarti.

Il nostro colloquio, però, continua con una intensità ed una delicatezza non provate da me  in vita. Pertanto il richiamo del tuo dolce volto in questo anniversario  è ancora più vivo. E, come il poeta romagnolo che ricorda la carezza dei suoi riccioli da parte della genitrice, anch’io rammento la tua tenera abitudine  domenicale di passarmi delicatamente la mano sulla mia rada capigliatura già diventata argentea come la tua.

 

 

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12 aprile 2012

 

Salerno, 12 aprile 2012

Ambrogio IETTO

LA BRUTTA FINE DEL SAN MICHELE

 

Era una tiepida giornata del dicembre 2005. Mario De Biase, all’epoca sindaco della città, e lo scrivente, uomo di scuola temporaneamente e straordinariamente prestato alla politica con l’incarico di assessore ai rapporti con l’Università, si illusero di vivere una giornata speciale, preparatoria ad un’intesa organica e salda da siglare col Magnifico Rettore Raimondo Pasquino, essenzialmente finalizzata a rafforzare e a riempire di contenuti l’ideale cordone ombelicale che univa e dovrebbe tuttora unire la città al suo ateneo localizzato presso il Campus, in territorio di Fisciano.

Dopo la felicissima intuizione del concittadino Giovanni Cuomo che, da ministro dell’Educazione Nazionale del governo Badoglio, da ottimo laureato in legge e in lettere personalmente redasse e fece approvare il Regio Decreto n. 149 del 9 marzo 1944 istitutivo dell’Istituto Superiore di Magistero dal quale scaturì la gemmazione dell’odierna università, si convenne, da parte delle autorità accademiche dell’epoca, di recuperare per la coniatura del logo del nascente ateneo l’espressione ‘Hippocratica Civitas ‘ incisa sullo stemma della città e di aggiungere  i lemmi ‘ Studium Salerni’.  Con questa intelligente sintesi si volle legittimare il legame forte intercorrente tra la polis e la propria accademia.

Quella giornata del dicembre 2005 fu dedicata esclusivamente ad apporre il simbolico sigillo tra le due istituzioni. La mattinata fu riservata, con la presenza del Rettore, all’inaugurazione, presso Palazzo Genovesi in piazza Sedile del Campo, della sede operativa di Salerno del CeRICT, Centro di Competenza Regionale su Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione, la cui gestione veniva affidata alla Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali della nostra Università, e del Convento di San Michele in via Bastioni 8, destinato all’accoglienza di docenti e ricercatori stranieri e all’organizzazione di attività didattiche ( master ) e di convegni a carattere internazionale. Le due strutture erano state concesse dal Comune di Salerno all’Università in comodato gratuito.

Nel pomeriggio della stessa giornata, presso la sala del Gonfalone a Palazzo di città, si svolse un seminario di studio sul tema ‘L’Università e il Territorio ‘ con la presenza del Rettore Pasquino, della prof. ssa Mariapaola Fimiani, prorettore, dei nove Presidi di Facoltà e dei direttori di tutti i Dipartimenti del nostro ateneo.

Molto stranamente fu assente ad entrambe le manifestazioni, quella antimeridiana e la pomeridiana, l’onorevole Vincenzo De Luca col quale erano stati preventivamente concordati il calendario della giornata e i temi da sviluppare nel corso dei programmati suoi interventi.

Il richiamo di questi precedenti appare pertinente nel momento in cui si legge la notizia della messa in vendita, unitamente ad altri immobili di prestigio situati nel centro storico della città,  del complesso  di San Michele e Santo Stefano di cui fu badessa Sichelgaita (1036/1090), figlia di Guaimario IV e seconda moglie di Roberto il Guiscardo.

Il Convento, restaurato ed arredato a cura dell’Università con una spesa di alcuni milioni di euro, a seguito di regolare bando reso pubblico il 2 febbraio 2004, fu dato in gestione ad una società di Cava de’ Tirreni che coniò il logo ‘Convento San Michele – Ars Hospitandi’. Se si esclude qualche rara iniziativa collegata all’Università per il resto l’attività è stata quasi esclusivamente rivolta ad ospitalità alberghiera e ad iniziative di degustazione di enogastronomia locale.

Una sola volta, era l’aprile del 2009, la cronaca ha riservato spazio all’ex Convento San Michele in occasione del ricovero urgente, avvenuto  all’ospedale Cotugno di Napoli per sospetta influenza suina, di una docente di antropologia di nazionalità messicana e per il successivo intervento dei Carabinieri del Nas.

Non si conoscono né interessano i motivi della rescissione del contratto tra l’Università e la Società chiamata a gestire la struttura. Ciò che amareggia e fa riflettere è l’annullamento del contratto di comodato gratuito e della contestuale restituzione al Comune di Salerno dell’ex Convento.

Corre voce che i lavori di restauro del Complesso non siano stati realizzati a regola d’arte. Se questa notizia risulta fondata vuol dire che l’Università ha avviato specifico contenzioso con la ditta che ha realizzato il restauro. Ma questo dato non giustifica l’annullamento dell’atto di comodato.

Tra l’altro ancora oggi è possibile leggere sul sito dell’Hotel ex Convento San Michele il commento di un ospite della struttura di accoglienza che appena qualche anno fa così scriveva: ‘ Non mi era capitato di essere ospitato in un luogo con tanta storia e tradizione. Ho soggiornato con la mia compagna in una camera particolare con un originale affresco conservato egregiamente, uno spettacolo di colori ed emozioni ed un terrazzino che affacciava sul centro storico di Salerno ‘. 

Della struttura, che comprende 13 camere contraddistinte da altrettante volte, una sala ristorante, un’aula multimediale, fa parte anche una sala conferenza il cui pavimento in vetrate solide  consente di intravedere ritrovamenti archeologici di un complesso termale risalente al periodo medioevale.

In una città priva di una struttura che faccia riferimento all’università e in un contesto culturale complessivo in cui difettano intese specifiche comune – ateneo, finalizzate ad assicurare, anche all’interno del centro cittadino, lo svolgimento di iniziative di dignitoso respiro scientifico curate dai vari Dipartimenti e dalle diverse Facoltà, è atto di inaudita cecità  politico – amministrativa privarsi di un simile complesso e metterlo in vendita a privati.

Il rapporto Città – Campus non può risolversi nella frequente ed attenta presenza fisica del Rettore Pasquino a manifestazioni pubbliche indette da istituzioni ed organismi associativi.

Né risulta, ad esempio, che rientri nei piani dell’Amministrazione Comunale destinare i vasti ambienti, sovrastanti il Teatro Verdi e ospitanti il Casino Sociale  in grave crisi finanziaria,  a sede di rappresentanza in città del Rettorato.

Le difficoltà che incontrano nella quotidianità le casse comunali non possono giustificare la vendita di una parte della storia della città. Piazza della libertà e reperti storici ed archeologici possono e debbono convivere.

” Signore, dammi luce per vedere questo mondo ch’è così bello, sino alla fine dei miei giorni’

5 aprile 2012

 

Salerno, 5 aprile 2012

LA SERENA SCOMPARSA DI CARMINE MANZI

Ieri si sono svolti nella città di Mercato San Severino, di cui fu anche sindaco negli anni Cinquanta, i solenni funerali dello scrittore  – poeta Carmine Manzi. Il titolare di questo blog fu destinatario di un suo sentimento,  autentico e saldo, di stima e di amicizia consolidato dall’antica,  comune esperienza di maestri di scuola primaria.

Pertanto si preferisce ricordare l’illustre collega estinto, recuperando il testo dell’ultimo contributo sulla sua produzione letteraria, pubblicato sullo stesso sito web il 23 gennaio 2012 in occasione della consegna del ‘Premio alla carriera’ concesso al compianto prof. Manzi dall’Associazione dei Giornalisti Salernitani.

Il ‘ pezzo’ si chiude, richiamando uno dei più teneri ed espressivi versi scritti da Manzi:Signore, dammi luce per vedere questo mondo ch’è così bello, sino alla fine dei miei giorni’.

Sicuramente il Signore, di cui Carmine Manzi fu cantore illuminato, ha esaudito la sua preghiera.

 

Salerno, 23 gennaio 2012

Ambrogio Ietto

 

PREMIO ALLA CARRIERA A CARMINE MANZI

 

Carmine Manzi, questo giovane, creativo nonagenario, continua a stupire i tanti suoi amici ed estimatori disseminati lungo la penisola per la fecondità della sua produzione letteraria che da oltre settant’ anni spazia dalla poesia alla saggistica, dalla prosa alla critica acuta e perspicace.

Recentemente sono venuto in possesso di una delle sue prime pubblicazioni a sfondo biografico riguardante ‘ Il generale Francesco Luigi Pisani’. L’opera avrebbe dovuto vedere la luce nel lontano 1941 con la prefazione del tenente colonnello Mario Avola che del predetto ufficiale fu Aiutante di Campo. Contingenze straordinarie, collegate al conflitto bellico in atto, imposero altre priorità. Carmine Manzi, che dell’amor patrio è stato sempre sensibile cantore, ha pensato bene di offrire, a quanti ancora avvertono l’esigenza profonda di identificarsi con la dimensione unitaria e nazionale dell’Italia, il profilo di un alto esponente della gerarchia militare che egli ebbe l’onore di conoscere e di incontrare quale autorevole e significativo interlocutore quando, giovane militare ventunenne, era impegnato presso il contingente di Palmanova nel Friuli.

C’è da chiedersi perché l’infaticabile animatore culturale, sindaco negli anni cinquanta dell’operoso centro di Mercato San Severino, decide di dare alla luce soltanto nell’ottobre scorso il dattiloscritto riposto ingiallito in uno dei cassetti della sua  laboriosa scrivania ben settant’anni fa. Secondo me perché egli ha ritenuto, a ragione,  che la conclamata celebrazione dei 150 anni dell’unità d’Italia più che concentrarsi sul richiamo retorico di eventi che hanno segnato la stagione preunitaria o sull’analisi critica di centinaia di testi pubblicati nel corso di quest’anno ed orientati prevalentemente ad accentuare la divisione  e non  l’unione tra Nord e Sud del Paese, avrebbe potuto produrre effetti più significativi  nel presentare, in particolare alle giovani generazioni, il profilo di una figura adamantina al totale servizio dell’identità nazionale.

Infatti le pagine che rievocano il percorso compiuto da Francesco Luigi Pisani, nato a  Saluzzo in provincia di Cuneo, allievo della scuola militare di Modena, impegnato da giovane ufficiale nella guerra di Libia del 1911 e, quindi, coinvolto nel corso del primo conflitto mondiale sui fronti del Carso, dell’Isonzo, della Carnia e mortificato a Caporetto e nella lunga prigionia sotto gli austriaci, si leggono con particolare pathos partecipativo.

Il giovanissimo autore, già dotato della sensibilità propria dello scrittore – poeta, riesce a cogliere nella comprensibile autorevolezza del personaggio tratti di straordinaria umanità nei riguardi dei suoi subordinati che non ridimensionano minimamente il rigoroso senso del dovere, la fedeltà assoluta verso la patria, la piena consapevolezza del ruolo che un alto ufficiale è chiamato a compiere in zona di guerra.

Nel giovane scrittore Manzi è possibile già rilevare l’attenzione particolare che il suo animo rivolge al richiamo del luogo natio, al legame naturale che vincola l’essere umano alla propria madre, alle suggestioni del paesaggio, al valore della colleganza e dell’amicizia, alle radici profonde della fraternità universale.

E’ fuor di dubbio che una possibile comparazione tra la prosa ed i sentimenti espressi settant’ anni fa e i contenuti di una delle sue ultime sillogi, quale è la raccolta di poesie ‘ Quella calza così povera’ , evidenzia il fecondo, intenso, straordinario percorso compiuto da Carmine Manzi durante l’intensa e lunga produzione letteraria.

Le tante stagioni vissute osservando  ed introiettando attentamente le molteplici e variegate situazioni, che vedono protagonista e spettatore l’essere umano, hanno contribuito ad affinare profondamente la sensibilità dello scrittore – poeta, lo hanno reso più pienamente partecipe delle sofferenze altrui, lo vedono sempre più portato ad interrogarsi sui grandi temi che segnano l’esistenza umana nel corso del suo faticoso cammino.

Il ricco patrimonio di esperienze vissute e maturate, la lucida e quasi distaccata analisi con la quale vengono descritte, con efficace rapidità,  anche  modifiche radicali che investono l’assetto della società del nostro tempo ( realistico anche se sconvolgente il ritratto della famiglia d’oggi – pag. 65 ), alimentano, di certo, una struggente sofferenza nel poeta che crede nel passato e non accetta il nuovo perché si ritrova pienamente nel vecchio ( pag. 39 ). Per fortuna a suo sollievo intervengono  ricordi e desideri: la calza povera allestita dalla mamma per i due fratellini la notte dell’Epifania, riempita solo di qualche biscotto e poche caramelle,  o la possibilità di rivedere con gli occhi di un bambino i fiocchi bianchi della neve che cade lentamente dal cielo.

L’avanzata maturità solleva ancora una volta lo spirito del poeta tanto da consentirgli di elevare la più alta e suggestiva delle preghiere: ‘ Signore, dammi luce per vedere questo mondo ch’è così bello, sino alla fine dei miei giorni ‘.

LA DOTTORESSA PANTALONE, UNA DONNA EQUILIBRATA ED AUTOREVOLE PER ATTENUARE LA GUERRIGLIA VERBALE TRA CIRIELLI E DE LUCA

3 aprile 2012

 

Salerno, 3 Aprile 2012

Ambrogio IETTO

L’AUGURIO AL NUOVO PREFETTO

 

L’annunciato insediamento ufficiale della dr. ssa Maria Gerarda Pantalone a prefetto della Repubblica di Salerno è confermato dall’avvenuta pubblicazione, sul sito del nostro Ufficio Territoriale del Governo, della sua biografia illuminata da una  delicata ed espressiva sua fotografia.

L’alta funzionaria ( questo termine, da poter rendere al genere femminile, consente di dribblare il lemma ‘prefetto ‘ reso rigidamente maschile da Sabatini – Coletti ), come è noto, è la prima donna che, nel corso dei 150 anni di storia unitaria dello Stato italiano, assume la responsabilità di rappresentante del governo centrale nella nostra provincia.

E’ molto probabile che questo stesso primato sia stato acquisito dalla dr. ssa Pantalone anche a Siena, ove ha svolto la sua funzione per circa due anni e mezzo, e che le spetterà sicuramente pure  nelle successive tappe della sua prestigiosa carriera.

Ella, nella qualità di ottantunesimo prefetto della provincia di Salerno, sostituisce il dr. Ezio Monaco fermatosi tra noi per poco più di settanta giorni e sottoposto, come tutti i suoi omologhi, all’ampia discrezionalità  di cui si avvale ogni governo nel riposizionamento di questi funzionari.

Nel lungo saluto di commiato, rivolto nei giorni scorsi dalla dr. ssa Pantalone ai referenti istituzionali e alle diverse componenti della società civile della provincia senese, più di una volta ha fatto riferimento al ‘contesto completamente diverso e altamente stimolante’ di Salerno e provincia. Di certo la diversità  richiamata non è solo riferita  alla morfologia del territorio e alla sua estensione ( 1100 kmq più vasto ), all’entità della popolazione ( 840.000 abitanti in più ), alla densità della stessa ( 154, 92 abitanti in più per ogni chilometro quadrato ), al numero dei comuni ( 158 in provincia di Salerno, appena 36 in provincia di Siena ), ai tanti centri urbani popolosi.

Né essa può riferirsi esclusivamente all’incomparabile patrimonio artistico di Siena e all’originale struttura urbana dello stesso capoluogo toscano in alternativa al dignitoso centro storico e all’apertura sul Mediterraneo del nostro capoluogo, agli oltre 200 chilometri di spiaggia da Positano a Sapri con le due Costiere, ai siti archeologici di Paestum, Elea – Velia, Buccino, Nuceria Alfaterna, Picentia – Pontecagnano, Fratte,  ai centri medioevali di Teggiano e di Policastro, alla certosa di Padula, alle grotte di Pertosa e di Castelcivita.

Oltre le inevitabili differenze riguardanti la produzione agricola, le attività commerciali e produttive, il turismo,  un’università che col suo prestigioso Campus ‘ fuori le mura ‘, la  varietà e la serietà delle Facoltà, il numero degli studenti non fa proprio brutta figura nei riguardi del referenziato ateneo senese, il prefetto Pantalone in cuor suo avrà pensato di certo alle più complesse problematiche sociali presenti in questa provincia: un numero impressionante di disoccupati con un’elevata aliquota di giovani laureati e diplomati, troppe aziende in agonia, una malavita organizzata che attanaglia la già scarna economia e che, di tanto in tanto, penetra nei punti nevralgici delle pubbliche istituzioni, alcune aree del territorio provinciale frequentemente prese di mira dalla delinquenza comune, marcate contrapposizioni tra le due prevalenti aggregazioni partitiche ( PDL e PD ) su questioni vitali per lo sviluppo futuro del territorio, tra le quali l’aeroporto, il consorzio dei trasporti pubblici, il termovalorizzatore,  la razionalizzazione della rete ospedaliera e del sistema giudiziario.

Un passaggio davvero significativo del messaggio di saluto della dr. ssa Pantalone alla comunità senese va ripreso: riguarda la metafora dell’orchestra che ella ha avuto ‘ l’onore di dirigere’, utilizzata dall’alta funzionaria per sottolineare il complessivo clima di armonia tra i diversi soggetti istituzionali, favorito anche dalla responsabile partecipazione dei  cittadini per il perseguimento del ‘ bene comune e del benessere dei territori ‘ . Ella ha esplicitamente sottolineato di aver ‘ potuto contare sulla sinergia che si è sviluppata con gli amministratori territoriali sempre attenti alle esigenze dei loro cittadini e all’avanguardia delle scelte di politiche sociali di crescita’. Un esplicito riferimento viene espresso alla ‘ straordinaria condivisione di intenti ‘ col presidente della Provincia ‘, coi sindaci e con lo stesso neo- sindaco di Siena.

La situazione del territorio salernitano presenta da questo punto di vista un quadro complessivo ben diverso. L’antropologia della gente salernitana è contraddistinta, nella generalità dei casi, da un buon tasso  di responsabilità, da apprezzabile senso civico, da un sostanziale rispetto verso le pubbliche istituzioni  e da un forte bisogno di presenza dello Stato.

Difetta, purtroppo, la sinergia rilevata a Siena tra gli enti autarchici. I motivi: una non omogenea conduzione politica degli stessi a causa della forte consistenza di entrambe le aggregazioni partitiche citate e la presenza di due autorevoli leadership.

Il sindaco della città capoluogo onorevole De Luca e il presidente della Provincia onorevole Cirielli, al di là dell’appartenenza ai due opposti schieramenti, sono caratterialmente dotati di due forti personalità che preferiscono le non produttive armi della guerriglia verbale al dovere istituzionale di ricercare una possibile sia pure difficile intesa sulle questioni che, nel coinvolgere direttamente la città – capoluogo, incidono comunque sul resto del territorio.

La presenza di un prefetto – donna può risultare davvero preziosa per tentare di dar vita a rapporti interistituzionali finalizzati a costruire e non a compromettere il benessere delle comunità amministrate. La pazienza, la tenacia, la grazia, l’amabilità, un comportamento ispirato al  rispetto e ad alimentare  suggestione sono qualità proprie di una donna saggia, equilibrata, accattivante.

A maggior ragione quando queste doti sono arricchite da un robusto retroterra culturale, da riconosciuta autorevolezza e da dichiarati compiti istituzionali come nel caso di una donna prefetto della Repubblica Italiana qual è la dottoressa Pantalone.

L’augurio che viene da esprimere all’alta funzionaria va prevalentemente in questa direzione.

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