L’ANNUNCIO DI PAPA BENEDETTO XVI SULLE SUE DIMISSIONI: UNA DECISIONE MAI ASSUNTA DA UN PONTEFICE NEGLI ULTIMI SETTECENTO ANNI

Salerno, 11 febbraio 2013

Ambrogio IETTO

Un esempio da imitare per quanti amano il potere

Un annuncio davvero shock quello proferito questa mattina da papa Benedetto XVI durante il Concistoro per la canonizzazione dei martiri di Otranto. La storia della Chiesa richiama pochissimi precedenti di pontefici dimissionari. Si ricordano san Ponziano ( 230 – 235 ), Benedetto IX ( 1032-1045 ), Pietro da Morrone (Celestino V – 1294 ) e Gregorio XII ( 1406 – 1415 ). Su Giovanni XVIII ( 1009 ) si esprimono forti dubbi sulle sue dimissioni  anche perché in quell’epoca erano i capi delle fazioni nobiliari di Roma che si arrogavano il diritto di imporre ai romani e al clero il nominativo del papa da eleggersi. Anche su Benedetto IX, figlio di Alberico, capo della fazione dei Tuscolo, diversi storici manifestano molte riserve sulla sua condotta. Egli, infatti, detronizzato e poi reintegrato, avrebbe ceduto la tiara, copricapo papale usato un tempo nelle occasioni ufficiali, per denaro ad un arciprete suo padrino di battesimo.

Di particolare rilievo anche letterario la figura di papa Celestino V dichiarato santo nel 1313 e destinatario di critica severa da parte  di Dante nella terza cantica dell’Inferno: “ Poscia ch’io v’ebbi alcun riconosciuto, vidi e conobbi l’ombra di colui che fece per viltate il gran rifiuto”.

A dargli un segnale di particolare attenzione fu proprio il pontefice dimissionario Ratzinger che, all’indomani del disastroso terremoto de L’Aquila,  si recò il 28 aprile 2009 presso la basilica di Santa Maria di Collemaggio,  ove sono conservate le reliquie di  Celestino V, e pose, sulla teca di cristallo che funge da urna cineraria, il suo pallio, la stola circolare di lana bianca, lunga e stretta, che portava al collo.

La ‘decisione di grande importanza per la vita della Chiesa ‘, puntualmente espressa in latino da Papa Benedetto XVI ( ‘ Conscientia mea iterum atque iterum coram Deo explorata ad cognitionem certa ‘ ), è stata partecipata durante il Concistoro per la canonizzazione dei martiri di Otranto. Personalmente sono convinto che papa Ratzinger, da autorevole teologo qual è, abbia valutato attentamente a chi e quando dovesse essere dato l’annuncio delle sue dimissioni che, senza lanciare ombra di dubbio, sono effettivamente determinate dalla piena consapevolezza di vivere  in un mondo ‘ soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede’ ( ‘ in mundo nostri temporis rapidis mutationibus subiecto et quaestionibus magni ponderis pro vita fidei perturbato’ ) e dalla presa d’atto di non essere più portatore del necessario vigore del corpo  e dell’animo per ‘ governare la barca di san Pietro e annunciare il vangelo’ ( ‘ ad navem Sancti Petri gubernandam et ad annuntiandum Evangelium’).

Destinataria dell’annuncio è stata, infatti,  l’Assemblea dei cardinali prevalentemente costituita dai 117 alti prelati che, non avendo compiuto ancora ottant’anni, entreranno in conclave per eleggere il successore di Benedetto XVI. Ma il Concistoro di oggi aveva all’ordine del giorno la canonizzazione dei martiri di Otranto, una delle attribuzioni specifiche dell’organo collegiale cardinalizio.

Vale la pena, quindi, di ipotizzare che anche l’ufficiale pronunciamento sulla santificazione degli 800 abitanti della cittadina di Otranto, tutti maschi di età superiore ai 15 anni, abbia un suo significato rilevabile dal rapido richiamo di cosa avvenne nel lontano 14 agosto 1480 nella suggestiva cittadina in provincia di Lecce situata, quale comune più ad oriente d’Italia, sulla costa adriatica lungo la penisola salentina.

Qui, alla vigilia di ferragosto dell’anno richiamato, la flotta turca, agli ordini di Gedik Ahmed Pasha, commise l’eccidio di Antonio Primaldo e degli altri compagni martiri per aver rifiutato la conversione all’islam dopo la caduta della loro città.

Mentre gli uomini più grandi d’età furono massacrati le donne e i bambini furono ridotti in schiavitù.

La canonizzazione dei martiri di Otranto avverrà il 12 maggio 2013. Non sembra arbitraria forzatura  ipotizzare che Benedetto XVI abbia voluto simbolicamente far percepire la particolare sua sofferenza nel considerare il processo di islamizzazione in atto anche in Europa come uno dei problemi più delicati e difficili da gestire anche da parte della Chiesa cattolica.

Non è nemmeno da escludere che il suo ritirarsi in meditazione e l’affidamento esplicitamente pronunciato della ‘ Santa Chiesa alla cura del suo Sommo Pastore, Nostro Signore Gesù Cristo’ vogliano costituire una sofferta ma ferma raccomandazione ai cardinali elettori di fruire pienamente dell’assistenza dello Spirito Santo, bandendo logiche di natura geopolitica nella scelta del suo successore e valutando esclusivamente l’autorevolezza spirituale e l’ autentico bene verso la Chiesa del prossimo successore di Pietro.

Due altre considerazioni sulla valenza pedagogica dell’atto compiuto da papa Ratzinger: la presa di coscienza di non possedere più il vigore fisico e spirituale per reggere adeguatamente alle responsabilità proprie richieste ad un pontefice in un tempo in cui una società ‘ liquida ‘ e sempre più priva di richiami valoriali forti impone un approccio da pensiero complesso ai problemi dell’esistenza umana. Trattasi di un monito, anche per quanti come me  che presumono di  poter ancora interpretare, con la giusta ottica, radicali trasformazioni di prevalente taglio antropologico che investono i comportamenti dei singoli e della stessa odierna comunità.

Ed ancora, una severa testimonianza a quanti perseverano nel mantenere e nel ricercare tuttora incarichi di potere presso le istituzioni pubbliche e le mille e più aggregazioni che fanno parte integrante del sottobosco correntizio. Insomma un avvertimento ai tanti che persistono nel cogliere, in questi giorni di vigilia elettorale, la favorevole opportunità per conservare la medaglietta parlamentare o, in prospettiva, un incarico di sottogoverno.

Papa Ratzinger col suo annuncio ha voluto ricordare a tutti che esiste anche l’istituto delle dimissioni. La sua, pertanto, non è una scelta solo di grande valore storico.

E’ anche una delicata rampogna a quanti soffrono da decenni della sindrome della poltrona a tutti i costi.

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