MOTIVI FONDATI PER AVERE ANCHE UN PO’ DI NOSTALGIA PER LA SCUOLA DEL PASSATO

Salerno, 23 ottobre 2013

Ambrogio IETTO

Ancora sulla scuola

Il prof. Bruno Ravera, autorevole presidente dell’Ordine dei medici e lettore assiduo anche del nostro quotidiano, ha avuto la cortesia di farmi tenere in fotocopia il testo di una lettera che un’insegnante di scuola primaria ha scritto al settimanale ‘ Sette’, supplemento del ‘ Corriere della sera’, ed integralmente pubblicata sul penultimo numero del periodico.

Egli, nel considerarmi ancora affetto dal mal di scuola, chiede una mia opinione nel merito. La lunga lettera richiamata può essere così essenzializzata: a ) si rileva anche a livello di scuola elementare, oggi denominata ‘ primaria’, un diffuso calo qualitativo della didattica; b ) tra le cause prevalenti rientrerebbero anche la sostanziale scomparsa della storica figura dell’ispettore scolastico e una poco significativa presenza dei dirigenti scolastici un tempo rappresentati, come scrive la corrispondente, da ‘ direttori didattici vigili e preparati’ i quali ‘ sapevano supplire egregiamente alle visite ispettive’; c ) anche la ‘ folle riforma dei moduli ‘ avrebbe contribuito al reclamato calo della qualità dei risultati; d ) la prevalente tendenza odierna a ‘ gestire i gruppi’ e non a ‘ trasmettere il sapere’; e ) la sostanziale carenza di controlli su ‘ come si fa scuola’ e sul profilo professionale del docente.

Le mie considerazioni, ovviamente, esprimono delle discutibili opinioni sia pure confortate da dati oggettivi. La scuola primaria italiana, anche a seguito delle rilevazioni periodiche condotte dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE ), rappresenta il segmento del nostro sistema scolastico meglio considerato a livello internazionale per i risultati ancora dignitosi che riesce a raggiungere. Trattandosi di scuola di base è giusto adoperarsi affinché ogni allievo raggiunga la competenze previste dalle ‘Indicazioni Nazionali’ che sostituiscono i rigidi programmi di un tempo ma che consentono, soprattutto avvalendosi delle opportunità offerte dall’acquisita autonomia didattica, organizzativa, di ricerca e di sperimentazione, di elaborare un curricolo continuo ed unitario col triennio della scuola secondaria di primo grado ( l’ex scuola media ) che rimane ancora lo stadio più debole del percorso formativo dei nostri ragazzi.

La programmazione curricolare rende possibile l’elaborazione e la gestione di un piano dell’offerta educativa meglio rispondente ai bisogni propri dell’utenza e del contesto socio – culturale di immediato riferimento territoriale.

Alla ‘trasmissione del sapere ‘ di un tempo, funzione primaria di quella scuola, oggi provvedono prevalentemente molteplici canali mediatici con una presenza sempre più invasiva dei linguaggi informatici. Quindi la scuola primaria, in particolare, è chiamata a svolgere una non semplice opera di mediazione , recuperando le sollecitazioni significative provenienti dalle nuove tecnologie ed orientandole al meglio, grazie ad un’intelligente didattica operativo – laboratoriale, verso ben definite e prescritte competenze. Rimane, comunque, il problema nodale del come contemperare il necessario processo di avanzamento dell’allievo verso conoscenze da trasformare, grazie alla personalizzazione del rapporto docente – discente e, quindi, alla valorizzazione delle capacità – abilità di ognuno, in vere e proprie competenze.

Questo risultato va raggiunto dalla generalità degli allievi, trattandosi di scuola dell’obbligo. La severa selezione in atto alcuni decenni fa anche nella scuola primaria non può riproporsi oggi nel momento in cui il progetto complessivo prevede che ciascun alunno raggiunga il suo successo formativo, cioè si realizzi al meglio come persona.

L’esperienza della pluralità dei docenti, oggi piuttosto ridotta per il contenimento delle risorse finanziarie e umane disponibili, avrebbe dovuto dare risultati migliori se si fosse consolidata tra gli operatori la cultura della collegialità, della cooperazione e della corresponsabilità.

Una scuola che persegue la conquista di competenze ben definite deve potersi avvalere di competenze professionali specifiche. La pluralità dei docenti avrebbe dovuto assicurare un raccordo interdisciplinare più omogeneo e condiviso.

Nonostante i docenti di scuola dell’infanzia e di scuola primaria fruiscano oggi di un corso di laurea magistrale quinquennale a numero chiuso non sempre trovano nell’università la sede privilegiata per tradurre in termini didattico – metodologici significativi il curricolo sviluppato in sede teorica.

Restano, purtroppo, due questioni insolute: l’assenza in sede contrattuale dell’obbligo alla formazione servizio e la valutazione del merito degli operatori a cominciare dagli stessi dirigenti scolastici che ormai affrontano meccanismi concorsuali aspecifici nel senso che non c’è più la divisione dei due settori tra scuola del primo ciclo e scuola secondaria di secondo grado. Un ex docente di ingegneria, di agraria o di economia aziendale può dirigere una scuola dell’infanzia e primaria mentre un ex insegnante di scuola elementare, laureato in pedagogia o in psicodidattica, potrà scegliere un istituto tecnico industriale.

E dire che la norma, nell’ambito dell’autonomia che oggi è addirittura principio costituzionale, individua proprio nel dirigente scolastico il protagonista primo dei processi innovativi.

La figura dell’ispettore vuole essere riconsiderata secondo recenti scelte ministeriali. Ma non sarà più quello che potrà verificare la scrittura in corsivo e le lettere da inanellare.

Comunque un grazie al prof. Ravera per l’opportunità offertami di ritornare a scrivere di scuola.

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