PARADOSSALMENTE I TIFOSI SONO ANCH’ESSI VITTIME DELL’USO STRUMENTALE CHE NE FANNO LA POLITICA GRETTA E NON POCHE DIRIGENZE SOCIETARIE INTERESSATE PRIMARIAMENTE AL BUSINESS

Salerno, 08 Maggio 2014

 

Ambrogio IETTO

 

Politica, sport, educazione

 

Robert Musil, scrittore austriaco deceduto nel 1942, nel suo lungo ed incompiuto romanzo dal titolo ‘L’uomo senza qualità’, al capitolo 7, così scrive: ‘ Lo sport si potrebbe definire il sedimento di un odio universale finissimamente diffuso, che precipita nelle competizioni sportive’. Che il calcio sia lo sport in cui più vitalmente si depositano dinamiche emotivo – relazionali servili a consolidati sentimenti di avversione e di ripugnanza verso aggregazioni organizzate e gruppi spontanei di sostenitori di altra squadra, è confermata dalla sua storia e dai tanti, troppi episodi di violenza che si verificano ripetutamente sui campi di gioco, dai campionati minori a quelli di respiro nazionale, continentale e mondiale.

Quanto verificatosi sabato scorso allo stadio Olimpico di Roma è ancora al centro del dibattito  della stampa e dei talk-show non solo ad orientamento sportivo. Il confronto tra le diverse componenti, come era da prevedersi, spesso è privo di serenità e corre il rischio di tradursi in una strumentale narrazione di chiaro sapore demagogico.

A parte l’enorme business alimentato da questo gioco in molteplici comparti dell’organizzazione sociale, in questa sede si tende a rilevare  il rapporto speciale che si è venuto sempre più a consolidare tra la politica e il calcio.

Per politica si vuole far riferimento, nel  caso specifico, non solo alla struttura governativa temporaneamente deputata a gestire nel migliore dei modi la vita sociale del Paese ma anche e, in particolare, alle amministrazioni comunali particolarmente  attente al fenomeno calcistico locale.

Per rimanere nel nostro contesto territoriale si ricorda, ad esempio, l’attenzione speciale che il sindaco De Luca manifestò sette/otto anni fa nei riguardi di Roberto Breda, idolo della tifoseria granata già nelle vesti di ottimo atleta, e ‘inventato’ come assessore municipale per poi essere ripreso, unitamente ai suoi colleghi di giunta, anche dalla Corte dei Conti per il recupero dei 15 milioni di salario accessorio concesso a determinati dipendenti comunali. Lo stesso De Luca più di una volta è stato direttamente impegnato nella risoluzione di problemi connessi con la gestione societaria del club granata.

Il suo omologo Mario de Biase nel 2001 considerò accattivante presentare alla tifoseria, presso il Salone dei Marmi al Comune, insieme al presidente dell’epoca Aliberti, l’allenatore ceco Zdenêk Zeman. Si ricorderà che egli fu costretto anche a sfilare lungo via Roma alla testa di un corteo con tanto di fascia granata al collo.

E’ fuor di dubbio che le tifoserie, più folte sono in rapporto all’importanza della città rappresentata e della posizione occupata in classifica dalla squadra, più costituiscono una fonte succulenta del consenso ricercato in occasione di dispute elettorali.

Non c’è centro importante del territorio nostrano che non rilevi la difesa spietata, da parte di sindaci e di amministratori pubblici, dei comportamenti assunti dalla tifoseria locale in caso di incidenti derivanti da incontri di calcio. I cattivi sono sempre i sostenitori dell’altra squadra mentre i propri concittadini sono angeli del paradiso  discesi in terra a testimoniare pace, tolleranza, sentimenti di solidale fraternità. Questa si chiama deprecabile demagogia accompagnata da  gravissime ricadute diseducative.

Anche l’ottimo Piero Fassino, sindaco di Torino, ha pagato il prezzo domenica scorsa per la sua fede juventina in occasione della giornata della memoria granata dedicata all’anniversario della tragedia di Superga. Pur riconoscendo il valore della fede granata e manifestando l’impegno della sua amministrazione per la ricostruzione del vecchio stadio che fu di Bacigalupo, Ballarin, Maroso, Castigliano, Loik, Valentino Mazzola…, è stato insultato molto volgarmente.

Nel riprendere e chiudere la riflessione sullo sconcertante spettacolo di sabato sera sembra opportuno riprendere qualche espressione significativa di due intellettuali napoletani che sono stati  anche impegnati parlamentari di sinistra: Aldo Masullo, filosofo novantenne: “Uno Stato civile e moderno è intollerabile che lasci agire bande di facinorosi”; Fulvio Tessitore, filosofo del diritto, già rettore della Federico II e presidente della Conferenza dei rettori delle università italiane: “ Più ancora sconfitti sono stati una città dolente, abbandonata a se stessa e alla sua componente antropologica più volgare, e lo Stato avvilito , insultato, costretto alla resa” ( editoriale di ieri sul ‘Corriere del Mezzogiorno’ ).

Significativa anche la considerazione dello scrittore Claudio Magris, germanista di fama mondiale, già senatore anch’egli di un’aggregazione politica di sinistra: “ Nella nostra epoca secolarizzata lo stadio sembra aver sostituito la chiesa come luogo in cui si rifugiano i delinquenti per essere intoccabili”.

E l’educazione dov’è, che fine ha fatto ? La famiglia di un tempo, con genitori autorevoli e testimoni  significativi di regole rispettate in primo luogo da loro, è scomparsa quasi del tutto. La scuola, che non è un’isola e che assorbe acriticamente soprattutto quanto di negativo viene propinato dai tanti corpi intermedi e dai social  network, spesso risulta incapace di svolgere un’opera intelligente di mediazione culturale  a causa delle oggettive difficoltà emergenti da scolaresche indisciplinate ed intolleranti.

Non mancano i  tanti pubblici amministratori che, ai vari livelli delle loro responsabilità istituzionali, pontificano ipocritamente sul rispetto della legalità e della cittadinanza attiva. Ad esempio de Magistris, sindaco del capoluogo partenopeo: ‘ Napoli è stata violentata durante il silenzio dei suoi tifosi da cori non positivi per la nostra città’.  

Rimangono i cari bambini delle prime classi della scuola primaria che, strumentalmente condotti per mano dai calciatori, sfilano nelle fasi di avvio delle importanti gare nazionali ed internazionali, ignorando  che il loro pedagogo di turno sarà uno dei tanti Genny ‘a Carogna, abbarbicato su una delle ringhiere degli spalti. 

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