Archivio per novembre, 2014

PARTITO DEMOCRATICO E CENTRODESTRA IN CAMPANIA: MATRIMONIO INFECONDO

16 novembre 2014

Salerno, 15 Novembre 2014

Ambrogio IETTO

CAMPANIA INFELIX

Quanta tristezza accompagna la nostra riflessione! Nell’epoca romana, non meno di duemila anni fa, i nostri antenati si trovavano a vivere un’esistenza decisamente migliore. Nascevano e si moltiplicavano in una terra chiamata ‘ felix’, cioè prosperosa, feconda, contraddistinta da un clima mite, sostanzialmente sereno.
Dall’anno 273 prima della venuta di Cristo essi avevano tolto alla confederazione lucana anche Paistom, aggiustandole il nome in Paestum.
Da Capua alla piana del Sele, allora non abbandonata all’incuria, si valorizzava, così, al meglio il terreno mentre lungo la suggestiva e gradevole costa potenti e ricchi erigevano ville sontuose e comode.
Oggi, per un insieme di motivi, la nostra regione può essere denominata ‘ Campania infelix ‘. I latini consideravano il vocabolo ‘ infelix’ un aggettivo di seconda classe che, nella successiva fase della lingua volgare e dei dialetti italici, assunse l’attuale significato di ‘ sfortunata, sventurata, sterile, infruttuosa, improduttiva’.
Perché regione sfortunata e sventurata?
Semplicemente perché nel corso dei secoli è andata incontro ad una classe dirigente incapace di valorizzarne al meglio le straordinarie potenzialità paesaggistiche e climatiche che il dio Creatore aveva voluto assegnarle. Tanto che anche un cataclisma, un grande sconvolgimento naturale, un disastro calamitoso quale l’eruzione del Vesuvio si trasformò in una straordinaria fonte di ricchezza tuttora compromessa dall’egoismo autodistruttivo dei cosiddetti scioperi selvaggi delle maestranze e dall’inettitudine di una mediocre governance.
Lo spietato, patologico, sconcertante attivismo delle aggregazioni camorristiche ha fatto il resto, rendendo infeconde e addirittura micidiali quelle terre, trasformandole in un’incontrollata, pericolosa polveriera pronta a distribuire il seme della morte anche nelle vite dei loro stessi loro congiunti.
A dare il colpo di grazia alla regione Campania ancora una volta è un’incapace, irresponsabile classe politica.
Si legge, infatti, che sia in gestazione un assurdo patto che porterebbe il partito democratico ad affrontare la prossima campagna elettorale per il rinnovo del governo regionale in alleanza programmata col Nuovo Centrodestra.
Si ascoltano, così, le giuste rimostranze di componenti importanti sia dell’aggregazione di Renzi sia del partitino del duo Alfano – Quagliariello. L’operazione tenderebbe, da una parte, ad evitare le primarie, relegando a comparse personaggi del calibro di De Luca e Cozzolino, e, dall’altra, a ridimensionare le possibilità di rielezione dell’attuale presidente Caldoro.
Chi scrive è convinto che questa aggregazione non darebbe il risultato agognato. Ad impedirglielo è, soprattutto, la sicura discesa in campo di De Luca i cui comportamenti futuri risultano ben chiari ad un osservatore neutro: compiere tutti gli sforzi per rispettare una procedura segnata dall’adempimento delle primarie; in caso di designazione dall’alto di un personaggio legittimato da Renzi e, quindi, di un superamento del passaggio preselettivo, il sindaco richiamerebbe a raccolta le forze racimolate all’interno del PD, della destra, del centrodestra, dell’area laica e del … diavolo e scenderebbe egualmente e, comunque, in campo col sogno della vittoria ma anche col sicuro sfizio di dare una lezione a coloro che praticano la cosiddetta politica politichese.
Infantile la posizione di Alfano e compagni. Caldoro, è vero, non ha mostrato carisma nella comunicazione e nel rapporto diretto con le comunità locali ma, da commissario governativo, ha fatto rientrare nei limiti la gestione fallimentare della sanità e, da presidente della giunta regionale, ha elevato di molto la percentuale dei fondi utilizzati ed erogati dall’Europa, sostenendo opere importanti che stanno contribuendo anche a modificare il volto di Salerno.
In questo contesto la Campania di oggi accusa uno dei più alti tassi di disoccupazione giovanile, di improduttività, di corruzione e di criminalità. Non c’è certo da essere soddisfatti.
L’infecondità rende un po’ tutti sterili ed infelici.

LE NOSTRE COMUNITA’ IN PERMANENTE SITUAZIONE RISCHIO

16 novembre 2014

Salerno, 14 Novembre 2014
Ambrogio IETTO
Cultura della prevenzione

E’ da oltre un mese che la penisola italiana è sottoposta a fenomeni climatici piuttosto complessi e non sempre rilevabili in chiave preventiva. Piogge violente, improvvise e marcatamente localizzate, per i danni che provocano, stanno contribuendo a rendere ancora più grave un’economia sofferente e per niente in grado di intraprendere la tanto auspicata fase della ripresa e della crescita.
La posizione geografica e geologica di Salerno città e di molte località delle nostre due costiere, l’amalfitana e la cilentana, presenta molte affinità col paesaggio e col contesto idrogeologico di borghi e centri abitati ove l’abbondanza della pioggia caduta e la presenza di corsi d’acqua anche di modesta entità, oltre a determinare danni gravissimi alle abitazioni e alle cose in esse contenute, hanno mietuto, purtroppo, anche vittime.
Le dichiarazioni raccolte tra la cittadinanza colpita da simili sinistri convergono verso considerazioni piuttosto simili: una carente politica di tutela ambientale, interventi di assestamento territoriale mai compiuti nonostante allarmanti precedenti climatici o effettuati con pressapochismo e superficialità, una tendenza a rilasciare concessioni edilizie in contesti ambientali e paesaggistici scarsamente sostenibili.
Nei giorni passati, in occasione del sessantesimo anniversario della gravissima alluvione che colpì con centinaia di vittime Salerno e diverse località della costiera amalfitana, emittenti televisive e quotidiani offrirono immagini e reportages di quel tragico evento mentre politici e pubblici amministratori confermarono il loro impegno ad adoperarsi al meglio per avviare una campagna mirata ad una prevenzione funzionale soprattutto alla tutela ambientale.
In giro, però, non si vedono maestranze impegnate a liberare le decine di rigagnoli letteralmente ostruiti da cumuli di rifiuti abbandonati da cittadini irresponsabili e da erbe selvatiche cresciute naturalmente e mai tagliate.
La stessa considerazione va espressa per le migliaia di tombini ostruiti da fango nei coperchi di ghisa o di cemento che coprono i sottostanti canaletti di scolo delle acque piovane anch’essi pieni di materiale di risulta. La solerzia e la diligenza dei pubblici amministratori vanno considerate e valutate anche e, soprattutto, in relazione alla loro cultura della prevenzione e del buon senso.

IL BIBLISTA DON GIULIO CIRIGNANO: OCCORRE PREGARE PERCHE’ IN PAPA FRANCESCO NON PREVALGANO MAI TRISTEZZA, INCERTEZZA E PAURA

10 novembre 2014

I RISULTATI DELLA PRIMA FASE DEL SINODO
RIFLESSIONI DEL BIBLISTA DON GIULIO CIRIGNANO

Sono due i risultati più evidenti e preziosi della prima fase del sinodo dei vescovi sulla famiglia. Il primo si riferisce direttamente al Papa: Il Sinodo ha mostrato con sufficiente chiarezza coloro che sono in sintonia con lui e coloro che invece non lo sono.
Il secondo riguarda tutti noi, membra del popolo di Dio. Si è definitivamente tolto il velo, pericolosissimo, su una presunzione di lunga data, quella cioè di quanti ritengono di possedere il pensiero di Dio su alcune delicate questioni, imponendo comportamenti conseguenti.
Ma vediamo con calma i due risultati. Il primo: il Papa conosceva bene la situazione della comunità ecclesiale, in particolare di quella italiana. Il Card. Martini aveva espresso con la consueta chiarezza tale condizione, soprattutto riferendosi ad alcuni settori: una Chiesa indietro di duecento anni. Per questa ragione, le posizioni degli inossidabili conservatori non devono averlo stupito più di tanto. Certamente devono averlo addolorato non poco.
Provo a mettermi nei suoi panni. Dopo aver manifestato le prospettive della cammino della Chiesa per i prossimi anni nella esortazione apostolica “Evangelii gaudium “(n1), dopo aver rimesso al centro della attenzione di tutti l’amore di Dio per il mondo, e con esso il Vangelo della misericordia in concreta sintonia con la condizione dell’uomo di oggi, con le sue povertà, i suoi bisogni di comprensione e pietà, dopo tutto ciò, constatare il permanere della intransigenza dottrinale da parte di alcuni eminenti personaggi deve avergli fatto cadere le braccia e fatto comprendere di quanta pazienza deve armarsi.
In certi ambienti alti, soprattutto della Chiesa italiana, non si è preso atto della grande novità introdotta da Papa Francesco. Probabilmente si è letto l’esortazione”evangelii gaudium” ma senza comprenderne a fondo la portata; si è fatto finta di niente davanti alle numerose affermazioni più coraggiose; si è continuato a pensare come se niente fosse , incuranti della forza dello Spirito e delle sue provocazioni.
Davanti a questa conferma di falsi amici e di pericolosi diffidenti, il Papa cosa potrà fare? Ben poco. Per meglio dire, ben poco di eclatante. Forse,con amore e pazienza, aspetterà chi arranca dietro di lui augurandosi che esca dalla estraneità in cui si è cacciato con ostinazione.
E’ bene precisare che non si tratta solo di divergenza di opinione su qualche punto particolarmente problematico. In questo caso ci troveremmo davanti ad una situazione normale e, tutto sommato, semplice. L’andamento dei lavori ha invece messo in evidenza una profonda diversità nel modo di pensare e vivere la responsabilità pastorale nella Chiesa. Diversità nel pensare e nel parlare. I punti di divergenza sono stati solo la spia di questa profonda diversità. Così profonda da legittimare la speranza di un passo indietro da parte di coloro che si sono scoperti così estranei. Ma questa è solo una pia illusione.
A noi non resta che pregare con grande intensità perché in Papa Francesco non prevalga mai la tristezza, mai l’incertezza, mai la paura. Dobbiamo stringerlo in un ideale, gigantesco abbraccio pieno di gratitudine per gli orizzonti che ha aperto, per le parole antiche della nostra fede che ha rivestito di vita nuova, per la speranza che ha saputo riaccendere. Non sta a noi spiegare il perché di questo fenomeno. Lo faranno in futuro gli storici. A noi è chiesto solo di non sprecare le stagioni di Dio inchiodandole al muro della indifferenza; a noi è chiesto di continuare a stupirci.
Più importante del primo è il secondo guadagno del Sinodo: la caduta del velo sulla presunzione di alcuni di possedere la verità su tutte le questioni, sulla presunzione di possedere la mente di Dio, di poterla tenere imprigionata dentro le proprie modeste convinzioni. Questo fatto è così straordinario da ridare nuova vitalità alla Chiesa, di liberare energie sopite, riaprire la strada allo Spirito che spira dove e come vuole, senza pagare il dazio a chicchessia.
Così straordinario da indurrea pensare che nella esperienza religiosa possa annidarsi una permanente minaccia della libertà da parte di chi si autocomprende come tutore di Dio, come suo apparente difensore ma in realtà come suo padrone. Il fenomeno è antico. Per convincercene basta andare con la mente alla opposizione nei confronti di Gesù da parte dei tutori dell’esperienza religiosa del suo tempo. I Vangeli riportano le diverse controversie del Signore, sul Tempio, sulla osservanza sabato, sulla gerarchia dei comandamenti, sul puro e sull’impuro e così via.
Gli arcigni difensori dei principi, tanto per fare un esempio, non hanno mai pensato che la questione dell’accesso alla eucarestia da parte dei divorziati e risposati è, tutto sommato, una inezia, una piccola questione rispetto alla solenne sacralità del Sabato? Per i dottori della legge e per i farisei quello era il primo ed il massimo dei comandamenti. Gesù l’aveva più volte trasgredito per riportarlo alla sua vera identità di istituzione a servizio dell’uomo, a suo beneficio. “Il sabato è fatto per l’uomo, non l’uomo per il sabato”. Affermazione assolutamente scandalosa che aveva spinto a indagare il pensiero di Gesù sull’argomento così da avere un motivo per poterlo mandare a morte. In quel caso, I dottori della Legge e i farisei avevano “catturato” Dio per metterlo contro l’uomo e la sua salvezza.
Purtroppo, dobbiamo ripeterlo, l’esperienza religiosa si presta a queste involuzioni. Dio è mistero, è silenzio. Pertanto è assai frequente la tentazione di pretendere di parlare a suo nome anche quando non è assolutamente il caso. Le cose che a lui premeva comunicare le ha dette con chiarezza e amore. Su molte altre non si è pronunciato. A nessuno è permesso di farlo a nome suo. Sulle numerose questioni inerenti la difficile esperienza familiare chi siamo noi per giudicare, soprattutto oggi, il tasso di responsabilità delle persone coinvolte? Nel mancato raggiungimento dell’ideale sponsale chi può pretendere di misurare la responsabilità delle persone direttamente coinvolte? Come è pensabile di sostituirsi a Dio, di prendere il suo posto, di considerare decaduto dalla Grazia in maniera irrimediabile chi fallisce l’ideale matrimoniale al punto da escluderlo per sempre dalla eucarestia?
Questo e solo questo era in gioco e non, come è stato affermato da qualcuno, la dottrina sul matrimonio e sulle parole del Signore al riguardo. Parole, peraltro, diversamente interpretate dalla tradizione della Chiesa orientale e dalle Chiese della Riforma. Parole subito soggette ad una eccezione nel vangelo di Matteo e in Paolo (ICor.7).
Speriamo che questo anno che ci separa dalla seconda fase del Sinodo serva per allargare il consenso con il Papa e non per organizzare cordate e trame sotterranee. Occorrerà vigilare ma, soprattutto per quanto attiene a noi, aprire il cuore alla speranza e ad una profonda fiducia nello Spirito.

DE LUCA HA GIA’ PRONTO IL SUO PIANO PER TENTARE DI ARRIVARE ALLA PRESIDENZA DELLA GIUNTA REGIONALE

10 novembre 2014

Salerno, 9 Novembre 2014

Ambrogio IETTO

TRA LUCI ED OMBRE

Il titolo di questo contributo, ovviamente, si riferisce in via prioritaria alle luci d’artista accese venerdì sera dal sindaco De Luca e alle non poche ombre che egli è costretto a rilevare all’orizzonte e che possono identificarsi, fuori dalla metafora, con la ‘vicenda del termovalorizzatore’ e la scure dei tre anni chiesti dal pubblico ministero, col rinvio a giudizio pronunciato dal Gup per la questione Crescent ( prima udienza l’antivigilia di Natale e, sulla groppa, l’accusa di falso, abuso di ufficio e lottizzazione ) e, infine, con la richiesta di decadenza da primo cittadino di Salerno, il cui pronunciamento, da parte del Tribunale civile, è previsto per l’ultima decade di novembre.
In questo ‘ tourbillon de vent’ s’inseriscono le manovre relative alla prossima consultazione elettorale per il consiglio e la giunta regionali. L’espressione dal sindaco utilizzata, sempre nella serata di venerdì all’assise dell’Hotel Mediterranea, è di certo emblematica: “ Vado avanti, nonostante tutto e tutti “.
Il ‘tutto’ è costituito dall’insieme dei fatti e delle contingenze temporali di certo per niente favorevoli a lui mentre il ‘tutti’ include i non pochi suoi compagni del partito democratico che, non solo non gli vogliono bene, ma che stanno adoperandosi al massimo delle loro potenzialità per farlo fuori.
Il primo ostacolo è rappresentato dalle primarie ufficialmente indette per il prossimo 14 dicembre. Le dichiarazioni subdole dell’Assunta Tartaglione, per un verso rassicuranti e per altro equivoche, con un richiamato codice etico ridotto a fisarmonica, strumento musicale costruito a mantice e, quindi, apribile o da chiudere a proprio piacimento, anticipano il senso dei sicuri ostacoli che De Luca incontrerà nella fase di accettazione della sua partecipazione alle primarie.
Allora s’inserisce in un preciso, ben determinato disegno la convention dell’Hotel Mediterranea. L’ipotesi presentata delle tre liste riguarda ufficialmente la sua entrata in campo col simbolo del partito democratico. Ma, nel caso in cui dovesse subentrare il veto di Renzi e compagni, la formula risulterebbe adottata per la soluzione “ faccio da me “.
De Luca a tal fine utilizza qualità temperamental – caratteriali di prim’ordine: caparbietà, pervicacia, ostinatezza, arroganza, determinazione nel perseguire il traguardo di palazzo Santa Lucia a Napoli.
Oggi egli giudica le aggregazioni scontente dell’amministrazione Caldoro terreno fertile su cui lavorare per riuscire nell’impresa. E’ questo l’alibi politico da presentare alla sua famiglia d’origine che non lo ama e che, per certi aspetti, lo considera addirittura un peso non irrilevante da subire sullo stomaco.
A questo riguardo ha o non ha un senso la sceneggiata napoletana presentata venerdì sera con Maurizio Casagrande, Tullio De Piscopo e, ci scusi la diretta interessata, con Antonella Leardi, mamma del compianto Ciro Esposito ?
Ovviamente ognuno è libero di comportarsi come crede e anche di ricordare i propri cari defunti come ritiene. Mentre i due artisti per motivi di cassetta e di pubblicità sono abituati e tenuti ad offrire la propria immagine quando viene richiesta, quale significato possono offrire l’indiscutibile dolore e la contenuta sofferenza dell’amore materno espressi al momento dell’accensione di chilometri di luci propedeutiche all’evento natalizio e, quindi, alla fase dell’anno solare e liturgico in cui la famiglia raccoglie intorno al desco i parenti più cari ?
Non c’è bisogno di interpellare la chiromante per interpretare la presenza dei tre noti ed amati cittadini partenopei come soggetti funzionali alla prossima raccolta di suffragi elettorali da parte dello stregone De Luca nel capoluogo di regione e nei territori contigui.

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